Citometria a flusso

Ultimo aggiornamento: 19 dicembre 2023

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In sintesi

  • La citometria a flusso è una tecnica che permette di riconoscere, contare ed eventualmente isolare sottogruppi di cellule sulla base di alcune caratteristiche fisiche proprie delle cellule stesse e dei segnali generati da marcatori fluorescenti (in quest’ultimo caso si parla di citofluorimetria).
  • È usata sia nei laboratori di ricerca sia in clinica.
  • Poiché il campione da analizzare deve necessariamente contenere cellule tutte separate fra loro, è particolarmente adatta alla caratterizzazione dei tumori del sangue e del midollo osseo.

In cosa consiste

Come suggerisce l’etimologia del nome (dal greco “kytos”, cellula, e “metria”, misura), la citometria a flusso è una tecnica che serve ad analizzare le cellule. Molto spesso è chiamata citofluorimetria a flusso, perché la versione più diffusa prevede l’utilizzo di molecole fluorescenti. L’analisi viene fatta su un campione di cellule tutte separate tra loro, tipicamente le cellule presenti nel sangue o in altri fluidi biologici. In principio è possibile studiare anche le cellule dei tessuti solidi, ma in tal caso occorre prima sottoporre il frammento di tessuto a un processo di digestione enzimatica che distrugge i legami che tengono unite le cellule. Si ottiene così una sospensione cellulare, ovvero una miscela di singole cellule sospese in un liquido idoneo.

Per l’analisi si utilizza uno strumento chiamato citometro a flusso o citofluorimetro. Lo strumento è costituito da tre parti essenziali: il sistema fluidico, il sistema ottico e il sistema elettronico. Il sistema fluidico è un circuito in cui scorre un liquido in cui sono trasportate le cellule. Il sistema ottico comprende una o più sorgenti laser che emettono fasci di luce di particolari lunghezze d’onda e i rilevatori (fotomoltiplicatori), che convertono i segnali luminosi in segnali elettrici. Il sistema elettronico converte i segnali elettrici in segnali digitali che possono essere registrati e analizzati da un computer.

Il campione viene inserito nel sistema fluidico sotto pressione e le cellule vengono convogliate in un tubicino strettissimo dove, una alla volta, vengono colpite dalla luce emessa dal laser. Ogni cellula colpita dalla luce emette dei segnali generati dai fenomeni fisici di rifrazione, riflessione e diffrazione. Il segnale chiamato forward scatter dipende dalle dimensioni della cellula, mentre il side scatter dipende dalla complessità del contenuto della cellula, per esempio dalla presenza di granuli. Il computer crea un grafico in cui ogni puntino rappresenta i valori di scatter di una singola cellula e ciò permette di distinguere nel campione cellule con caratteristiche fisiche e morfologiche differenti, come i principali tipi di globuli bianchi presenti nel sangue.

L’analisi può diventare estremamente sofisticata grazie all’impiego di marcatori fluorescenti. In genere si utilizzano degli anticorpi che legano in modo specifico molecole presenti sulla superficie delle cellule di interesse. La sospensione cellulare viene miscelata agli anticorpi e poi sottoposta a lavaggi, in modo da eliminare gli anticorpi che non si sono legati alle cellule. Si usano anticorpi coniugati (uniti) a piccole molecole fluorescenti (per esempio la fluoresceina). Quando il raggio laser colpisce una cellula che ha legato uno o più anticorpi fluorescenti, lo strumento rivela dei segnali di ritorno. Oggi sono disponibili decine di molecole fluorescenti e ciò permette analisi molto complesse. Infatti, se si utilizzano più anticorpi, ognuno coniugato a una molecola fluorescente diversa, è possibile individuare e quantificare la presenza di più sottotipi di cellule.

Sono state identificate e classificate almeno 370 molecole di superficie, dette cluster di differenziazione (CD), che contraddistinguono vari sottotipi di cellule umane. Per esempio, la molecola CD3 è caratteristica dei linfociti T e la molecola CD19 dei linfociti B. Questa caratterizzazione delle molecole espresse dalle cellule è detta immunofenotipizzazione.

Le applicazioni

Nei laboratori di ricerca l’uso della citofluorimetria è molto diffuso, specialmente in quelli che si occupano di immunologia. Varianti della tecnica permettono di studiare anche molecole contenute all’interno delle cellule, come particolari proteine prodotte quando le cellule si attivano. Usando reagenti specifici è inoltre possibile misurare quanto le cellule proliferano o quanto muoiono in risposta a determinati stimoli.

Alcuni citofluorimetri particolari, chiamati sorter, permettono di raccogliere in una provetta cellule vive che hanno un preciso immunofenotipo o che sono state modificate geneticamente per produrre proteine fluorescenti. Questo può essere molto utile per studiare cellule rare, poco rappresentate all’interno della popolazione di partenza. La selezione delle cellule (sorting) mediante citofluorimetria a flusso ha anche un’applicazione clinica: per esempio viene utilizzata per selezionare le cellule di interesse nelle fasi preparatorie delle terapie cellulari, come il trapianto di cellule staminali ematopoietiche o la terapia CAR-T.

In campo oncologico, l’immunofenotipizzazione è particolarmente utile nello studio dei tumori del sangue e del midollo. Quando a un paziente viene diagnosticata una leucemia o un linfoma, dallo studio delle molecole espresse dalle cellule maligne è possibile comprendere quale tipo di cellula ha dato origine al tumore. Questo fornisce indicazioni preziose sulla possibile evoluzione della malattia e su come curarla.

  • Agenzia Zoe

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