Ultimo aggiornamento: 12 marzo 2025
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Cosa abbiamo imparato – e cosa ancora non sappiamo – sulla “scia” che l’infezione con il virus SARS-CoV-2 può lasciare nel corpo di alcune persone colpite
In diverse persone il Covid-19, provocato dall’infezione con il virus SARS-CoV-19, ha lasciato una scia duratura. Fin dai primi mesi dall’identificazione del nuovo agente patogeno e della relativa malattia è emerso che in alcuni pazienti i sintomi tendono a persistere nel tempo, con notevoli ripercussioni sulla vita delle persone. Gli strascichi hanno preso nell’insieme il nome di “long Covid”. Numerosi studi scientifici hanno consentito di trarre qualche conclusione su alcune caratteristiche di questa condizione patologica, la cui gestione è una sfida importante per le persone colpite e per i servizi sanitari delle varie nazioni.
Una revisione della letteratura scientifica pubblicata sulla rivista Nature Reviews Microbiology a gennaio 2023 ha fatto il punto sui dati emersi finora sul long Covid. Cosa è importante sapere, quindi, su questa sindrome?
La sindrome del long Covid presenta un quadro complesso, dato che colpisce diversi organi e apparati ed è caratterizzata da una serie di sintomi disparati, accomunati da effetti profondamente debilitanti nei pazienti colpiti. Adoperando una stima piuttosto prudente, pare che i casi di Long Covid siano stati circa il 10% dei casi di infezione da SARS-CoV-2 censiti. Poiché non tutti i casi di Covid-19 sono stati registrati, è possibile che il long Covid sia in effetti più diffuso.
Le conseguenze del Covid-19 sulla salute di queste persone hanno avuto anche un forte impatto sulle capacità lavorative, creando anche un notevole problema economico a livello globale. Stime aggiornate al 2023 riportano che almeno 65 milioni di persone nel mondo soffrono di long Covid e, di conseguenza, hanno bisogno di una serie di servizi e di assistenza che non tutti i sistemi sanitari sono in grado di offrire, anche per l’incertezza della prognosi e la mancanza di cure specifiche. Ciò costituisce dunque non solo un problema di accesso alle cure, che infrange il diritto alla salute, uno dei diritti fondamentali dell’umanità, sancito dalle Nazioni unite.
Il long Covid è associato a tutti i livelli di gravità della malattia e si può verificare a ogni età, con maggiori probabilità tra i 36 e i 50 anni. Anche i bambini, come mostrano i risultati di diversi studi, possono soffrirne. I sintomi riconducibili al long Covid sono più di 200 e si presentano in modo piuttosto variabile da persona a persona. Sintomi e conseguenze della sindrome di long Covid possono essere avvertiti a carico dell’apparato cardiocircolatorio, dei polmoni, del sistema immunitario, del pancreas, del tratto gastrointestinale, del sistema nervoso, dei reni, della milza, del fegato e del sistema riproduttivo. Diversi segni e sintomi sono comuni ad altre malattie, in particolar modo all’encefalomielite mialgica o sindrome da fatica cronica, complicando sia la diagnosi sia la gestione del problema. In generale, aver contratto il Covid-19 costituisce di per sé un fattore di rischio per lo sviluppo di altre patologie.
Nel tempo sulle cause del long Covid sono state formulate diverse ipotesi, ancora da confermare. Si ipotizza per esempio che sia dovuto alla presenza nei tessuti di serbatoi persistenti del virus Sars-CoV-2 oppure ad alterazioni del sistema immunitario, con o senza la riattivazione di patogeni preesistenti, come gli herpesvirus o il virus di Epstein-Barr.
Si è anche preso in considerazione il cosiddetto “mimetismo molecolare”, ovvero una reazione eccessiva e persistente del sistema immunitario simile a ciò che accade nelle malattie autoimmuni. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che il virus assomigli, in alcune sue parti, a componenti proprie dell’organismo. Così il sistema immunitario, dopo avere attaccato il virus, continuerebbe a colpire anche quelle molecole o tessuti propri che hanno caratteristiche simili. Tale meccanismo potrebbe spiegare anche la maggiore documentazione di danni da long Covid nel genere femminile, dove la risposta immunitaria è più forte e le malattie autoimmuni più frequenti.
Molte delle conseguenze del long Covid sui diversi tessuti e organi sono state attribuite, più che alla diretta infezione delle cellule da parte del virus, alla persistente risposta infiammatoria del sistema immunitario, inizialmente stimolato dall’infezione. Per quel che riguarda il sistema circolatorio, è stato evidenziato un aumento del rischio di trombosi e un’alterazione delle cellule del sangue, che può ridurre il trasporto di ossigeno. È anche stata segnalata una riduzione a lungo termine della densità dei capillari. Inoltre i risultati di diversi studi hanno messo in evidenza danni a più organi quale conseguenza del Covid-19, come pure un aumento dell’incidenza di varie malattie.
Tra i sintomi più frequenti del long Covid ci sono quelli neurologici e cognitivi, come la perdita di memoria, l’annebbiamento mentale, un generale deterioramento delle facoltà cognitive, vertigini, disturbi sensomotori e parestesia. Questo genere di sintomi ha un forte impatto sulla qualità della vita e può compromettere la salute mentale. Molto debilitante può essere anche l’alterazione dell’olfatto e del gusto protratta nel tempo e una stanchezza cronica. In molti casi è stata documentata una notevole somiglianza tra i sintomi del long Covid e quelli della cosiddetta sindrome da fatica cronica, facendo ritenere che quest’ultima possa essere, in alcuni casi, scatenata dall’infezione con questo o altri virus, dando un quadro clinico almeno in parte sovrapponibile.
Conseguenze a lungo termine del Covid-19 possono essere anche a carico del sistema riproduttivo. Per esempio, sono state registrate alterazioni del ciclo mestruale e della fertilità, oltre a casi di disfunzione erettile, di riduzione del numero e della motilità degli spermatozoi nel liquido seminale, con modificazioni della loro morfologia.
I problemi respiratori e il danneggiamento dei tessuti polmonari sono tra i disturbi più spesso lasciati in eredità dal Covid, ma sono frequenti anche quelli gastrointestinali, possibilmente associati alle alterazioni del microbiota in seguito all’infezione. La comparsa e la persistenza dei diversi sintomi è estremamente variabile da paziente a paziente, e anche per questo la prognosi, oltre alla diagnosi, è parecchio incerta. Pur nei limiti di quanto è noto finora, sembra che poche persone con long Covid arrivino a un recupero completo.
Le attuali opzioni terapeutiche sono ancora insufficienti, soprattutto perché nella maggior parte dei casi sono basate su studi ancora preliminari. L’ostacolo maggiore sembra essere la notevole variabilità della sindrome e dei suoi segni e sintomi, che crea un ostacolo importante a progettare studi clinici i cui risultati possano essere correttamente interpretati. Per ora si ritiene che alcuni protocolli terapeutici in uso per altre patologie potrebbero essere efficaci anche nella cura di alcuni sintomi del long Covid. Tuttavia occorreranno ulteriori ampi studi clinici per sperimentare i trattamenti più promettenti. Per farlo sarà, peraltro, considerare alcuni problemi che si presentano in generale nelle sperimentazione con i pazienti, tra cui l’inclusione di rappresentanti di tutte le popolazioni che possono essere colpite, senza discriminazioni. Inoltre, una volta che la sindrome sarà meglio compresa e caratterizzata, potranno migliorare anche gli strumenti diagnostici, insieme alla formazione del personale medico e sanitario, affinché possa fornire la migliore assistenza possibile ai pazienti, senza errori o sottovalutazioni.
Autore originale: Anna Rita Longo
Revisione di Denise Cerrone in data 12/03/2025
Anna Rita Longo