Ultimo aggiornamento: 26 novembre 2025
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La neoplasia endocrina multipla (MEN - dall'inglese multiple endocrine neoplasia) è una rara sindrome caratterizzata dalla presenza di molteplici tumori sia maligni sia benigni che colpiscono il sistema endocrino, causando in genere uno squilibrio nella produzione degli ormoni. Il sistema endocrino è costituito da tessuti specializzati e ghiandole che producono ormoni rilasciati nell'organismo in collegamento con il sistema nervoso. Tra queste vi sono l'ipofisi (o ghiandola pituitaria) che si trova alla base del cranio, la tiroide e le paratiroidi (accanto alla tiroide) nel collo, le ghiandole surrenali poste nell'addome subito sopra i reni e il pancreas
In base alle specifiche manifestazioni cliniche e alle diverse caratteristiche genetiche, le neoplasie endocrine multiple si distinguono in 2 tipi principali: MEN1 e MEN2. Quest’ultima è a sua volta suddivisa in ulteriori 2 sottotipi, MEN2A, che comprende anche la variante carcinoma midollare familiare della tiroide, e MEN2B. Recentemente è stata individuata una nuova forma di sindrome endocrina multipla, indicata come MEN4, le cui manifestazioni cliniche sono simili a quelle di MEN1.
La neoplasia endocrina multipla di tipo 1, detta anche sindrome di Wermer, è legata a mutazioni che inattivano il gene oncosopressore MEN1 o menina. Le sue manifestazioni principali sono l’iperparatiroidismo primario, i tumori neuroendocrini (NET) duodeno-pancreatici e gli adenomi ipofisari. Possono però comparire anche NET timici o bronchiali, tumori surrenalici e lesioni cutanee come gli angiofibromi, i collagenomi e i lipomi. Sono riportati anche meningiomi, tumori che originano dalle meningi, le membrane che proteggono il sistema nervoso e, con evidenze non ancora conclusive, un possibile aumento del rischio di carcinoma mammario. Anche il melanoma è descritto, anche se non è considerato parte definita della sindrome.
La neoplasia endocrina multipla di tipo 1 ha una prevalenza (numero di casi nella popolazione) di circa un caso ogni 30.000 persone e per questo è considerata una sindrome rara che può colpire uomini e donne di qualunque età e senza alcuna differenza geografica o etnica. Si tratta, in genere, di una malattia ereditaria, la cui componente genetica è presente anche in altri membri della stessa famiglia, che per questo sono detti portatori. Nel 10% circa dei casi, però, si presenta in persone che non hanno nessun parente colpito e si presume dunque che la malattia origini da una mutazione a carico del gene MEN1 che si verifica in utero nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale. Si parla in questi casi di MEN1 sporadica.
Il rischio di manifestare clinicamente la malattia in chi è portatore aumenta progressivamente con l’età: a 20 anni tale rischio è di oltre il 50% superiore a chi non ha invece tali mutazioni, e sale a più del 95% a 40 anni, fino a circa il 100% dopo i 55-60 anni. Vi sono tuttavia rari casi di individui che rimangono asintomatici per tutta la vita e che per questo potrebbero essere portatori di mutazioni cosiddette “a bassa penetranza”.
Trattandosi nella maggior parte dei casi di una sindrome ereditaria, sono a rischio tutti coloro che hanno in famiglia casi di MEN1. I figli di un individuo portatore di una mutazione nel gene MEN1 hanno il 50% di probabilità di ereditare l’allele mutato e quindi di sviluppare la malattia (la trasmissione è di tipo “autosomico dominante”), indipendentemente dal sesso del genitore portatore e dal proprio.
A oggi non sono stati identificati altri fattori di rischio, anche se sono in corso diversi studi genetici e molecolari per comprendere meglio le possibili cause delle mutazioni identificate nel gene MEN1 e responsabili della sindrome.
Molti pazienti con MEN1 sviluppano tumori benigni da un punto di vista biologico e istologico, che possono però causare una produzione anomala di ormoni, diversi a seconda della ghiandola interessata. Tale produzione ormonale alterata può a sua volta provocare le corrispettive sindromi endocrine, che possono quindi avere conseguenze per la salute. In altri casi, invece, i tumori sono di tipo maligno, ovvero caratterizzati da una crescita rapida e dallo sviluppo di metastasi. Nella sindrome MEN1 sono stati descritti, a oggi, oltre 20 tipi di tumori endocrini e non, che si manifestano in diverse combinazioni.
I tumori più frequenti sono a carico dei seguenti tessuti endocrini:
Quando una persona manifesta 2 o più tumori principali (paratiroide, pancreas e ipofisi) si può pensare a una diagnosi di MEN1. Altri tumori frequentemente presenti nei pazienti MEN1 sono quelli delle ghiandole surrenali (in genere benigni) e altre neoplasie non endocrine, come per esempio angiofibromi facciali, collagenomi, meningiomi eccetera. Una più elevata prevalenza di tumore della mammella è stata riscontrata in donne affette da MEN1 rispetto a donne non affette, della stessa fascia d’età.
I sintomi di MEN1 variano a seconda del tipo di tumore che si sviluppa e del tipo di ghiandola interessata. Spesso, infatti, i sintomi si manifestano a causa della produzione eccessiva di ormoni da parte della ghiandola colpita. In caso di tumori non funzionanti i sintomi possono essere invece scarsi o addirittura nulli.
Per quanto riguarda i tumori funzionanti, le neoplasie delle paratiroidi possono provocare alti livelli di calcio nel sangue (ipercalcemia), debolezza muscolare, dolore alle ossa, vomito, perdita di appetito e di peso, stipsi, difficoltà a dormire, confusione, calcoli renali, nervosismo e, in rari casi, noduli o gonfiore a livello del collo. Tra i tumori che colpiscono il pancreas è possibile fare ulteriori suddivisioni dei sintomi a seconda del tipo di ormone che presenta livelli alterati. Il gastrinoma in genere porta alla sindrome di Zollinger-Ellison, con diarrea, formazione di ulcere gastriche e duodenali ricorrenti e/o resistenti al trattamento convenzionale e malattia da reflusso gastro-esofageo. Il vipoma esordisce con diarrea acquosa, carenza di potassio (ipokalemia) e mancanza di acido cloridrico nei succhi gastrici (acloridia) o riduzione dell’acido cloridrico nei succhi gastrici (ipocloridria). Il somatostatinoma si manifesta prevalentemente con dolore addominale, perdita di peso, ittero e diarrea o steatorrea, diabete mellito, colelitiasi e ipocloridria. Il glucagonoma può portare a eritema necrolitico migrante, diabete mellito, anemia, perdita di peso, anomalie della mucosa, tromboembolismo e sintomi gastrointestinali e neuropsichiatrici. Il tumore che colpisce l'ipofisi può dare invece sintomi come cefalea, disturbi visivi, ma anche infertilità, accrescimento eccessivo di diverse parti del corpo dovuto alla presenza di livelli elevati di ormone della crescita (acromegalia) o, nel caso di prolattinoma, a livelli elevati di prolattina.
Non esistono attualmente strategie di prevenzione efficaci e consigliate, dal momento che non sono stati identificati fattori di rischio modificabili sui quali si può intervenire. Un monitoraggio biochimico costante a cadenza annuale e radiologico a cadenza variabile da 1-3 anni rimane, a oggi, il metodo più efficace per diagnosticare precocemente questi tumori. Questo consente di intervenire chirurgicamente e/o di sottoporre in tempi rapidi i pazienti alla terapia farmacologica, che permette di controllare l’anomala produzione ormonale e ridurre il rischio di progressione maligna di certi tumori.
La diagnosi di MEN1 può essere clinica se il paziente presenta almeno 2 condizioni tra iperparatiroidismo primario, presenza di tumori neuroendocrini duodeno-pancreatici e adenomi ipofisari. La diagnosi può anche essere familiare, se un parente di primo grado con MEN1 ha uno di questi tumori, oppure genetica se il paziente è portare di una mutazione germinale del gene MEN1. Nel caso in cui si sospetti la presenza di un tumore endocrino multiplo di tipo 1, le prime valutazioni includono una visita con uno specialista che valuti la storia familiare del paziente e la presenza di eventuali sintomi tipici (angiofibromi, collagenomi e lipomi multipli oppure un iperparatiroidismo o un eccesso di secrezione acida dello stomaco ), esami del sangue per controllare i livelli ematici di determinati ormoni potenzialmente alterati dal tumore e, infine, esami di imaging mirati come la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica, l’ecografia e la scintigrafia. Nei pazienti che non presentano una mutazione nel gene MEN1, ma con un quadro clinico che indirizza verso la diagnosi, si può ricorrere a controlli alternativi (fenocopie) considerando altri geni, come per esempio CDKN1B/MEN4, CDC73, CASR, RET, MAX, AIP.
Molte persone scoprono di essere portatrici di mutazioni nel gene MEN1 in seguito al test genetico eseguito dopo che un altro membro della famiglia ha ricevuto diagnosi di neoplasia endocrina multipla di tipo 1. Il test genetico si effettua mediante un semplice prelievo di sangue venoso che permette di analizzare la sequenza del gene MEN1 per cercare mutazioni che consentono una diagnosi genetica, spesso precoce, di malattia.
Ciascuno dei tumori legati alla neoplasia endocrina multipla di tipo 1 è classificato con il sistema di stadiazione secondo criteri specifici. Ciò serve a determinare quanto il tumore è diffuso nell’organismo e aiuta i medici a scegliere il trattamento più adatto.
La terapia può essere a base di trattamenti mirati. La scelta del trattamento più adatto dipende dal tipo di neoplasia che si è sviluppata nel contesto della sindrome MEN1. È importante rivolgersi a un centro specializzato con esperienza e casistica adeguate, che siano in grado di offrire i trattamenti più avanzati e provati fra le molteplici opzioni.
Spesso per curare questi tipi di tumore si ricorre alla chirurgia, che permette di asportare del tutto o in parte la zona malata. L'intervento, tuttavia, è a volte complesso, poiché non sempre il tumore si presenta come una massa unica operabile. Inoltre, data la natura genetica della malattia, vi è un’elevata possibilità che il tumore si ripresenti dopo l'intervento chirurgico, anche a distanza di anni.
Non esistono, al momento, terapie che possono eliminare la mutazione genetica che causa la malattia, ma in alcuni casi è possibile controllare i sintomi con farmaci appositi come i dopaminoagonisti per i tumori ipofisari prolattino secernenti, oppure gli analoghi della somatostatina per i tumori ipofisari GH secernenti e per i tumori del tratto gastro-entero-pancreatico.
Infine, in alcuni casi si può ricorrere alla “sorveglianza attiva” senza intervenire immediatamente, ma effettuando controlli frequenti per verificare l’eventuale progressione della malattia.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Autore originale: Agenzia Zoe
Revisione di Raffaella Gatta in data 26/11/2025
Agenzia Zoe