Retinoblastoma

Il retinoblastoma è un tumore dell’occhio che si sviluppa a partire dalle cellule della retina e che colpisce quasi esclusivamente bambini di età inferiore ai 4-5 anni.

Ultimo aggiornamento: 27 settembre 2023

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Cos'è il retinoblastoma

Il retinoblastoma è il più comune tumore oculare che colpisce i bambini e si sviluppa a partire dalle cellule della retina, uno strato di tessuto nervoso all’interno dell’occhio le cui cellule sono specializzate nella percezione degli stimoli luminosi. Durante le prime fasi di sviluppo dell’occhio, i precursori delle cellule della retina, chiamati retinoblasti, cominciano a moltiplicarsi e a generare le cellule che comporranno la retina matura. In questo contesto, anche se molto raramente, può succedere che i retinoblasti continuino a moltiplicarsi fuori controllo e senza maturare, dando origine a un retinoblastoma.

Quanto è diffuso

Il retinoblastoma si presenta quasi esclusivamente nei bambini di età inferiore ai 4-5 anni, quasi sempre nei primi due anni di vita, facendo registrare circa un caso ogni 18.000-20.000 nuovi nati, per un totale di circa 25-30 casi l’anno in Italia. Anche se molto raramente, sono stati comunque descritti casi oltre queste età.

Secondo i dati dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM), il retinoblastoma rappresenta il 3 per cento circa dei casi di tumore registrati in Italia nella fascia di età da 0 a 14 anni. La maggior parte di questi tumori si presenta nel corso dei primi due anni di vita, per calare notevolmente da 1 a 4 anni e praticamente scomparire nell’età pediatrica più avanzata. Non ci sono differenze di incidenza tra maschi e femmine.

Tipologie

All’interno del gruppo generale dei retinoblastomi si distinguono forme ereditarie e sporadiche. In entrambi i casi viene chiamata in causa una mutazione nel gene Rb1 che può essere ereditata dai genitori (forma ereditaria, 15 per cento circa dei casi) ed essere di conseguenza presente in tutte le cellule dell’organismo. Se invece compare nel corso dello sviluppo (forma sporadica, 85 per cento circa dei casi) è rilevabile solo a livello delle cellule della retina.

Si possono identificare tumori monolaterali, che colpiscono un solo occhio, e tumori bilaterali, che interessano entrambi gli occhi. I tumori monolaterali rappresentano circa il 60 per cento dei casi di retinoblastoma e compaiono in età più avanzata, mentre quelli bilaterali costituiscono il restante 40 per cento dei casi e insorgono più precocemente, in genere entro i primi 12 mesi di vita. I tumori bilaterali sono sempre associati a una mutazione costituzionale, presente cioè in tutte le cellule dell’organismo, che può essere stata ereditata dai genitori oppure può essere considerata “de novo”, ovvero insorta spontaneamente nel bambino a livello fetale, nelle fasi estremamente precoci del suo sviluppo. Le mutazioni costituzionali sono presenti anche nel 15 per cento dei pazienti che hanno un retinoblastoma monolaterale.

Chi è a rischio

Il retinoblastoma è spesso un tumore di tipo ereditario, a trasmissione genetica. Per questo il rischio di essere affetti da questa patologia aumenta se in famiglia sono presenti altri casi della stessa malattia. Le tecnologie più recenti, con le quali è possibile un’ampia valutazione del patrimonio cromosomico, hanno permesso di avanzare ipotesi sul coinvolgimento di più geni nello sviluppo del retinoblastoma. Questa ipotesi è avvalorata dall’estrema eterogeneità del tumore, per esempio nella localizzazione, nella vascolarizzazione e nel fatto che la malattia si presenti in uno o in entrambi gli occhi.

A tutti i pazienti affetti da retinoblastoma è consigliato di sottoporsi a un test genetico. Sulla base dei risultati, è possibile invitare anche i genitori ed eventuali altri figli o familiari a fare il medesimo esame. L’informazione può essere molto importante nella scelta di avere altri figli e, in caso di una nuova gravidanza dei genitori o di familiari, per decidere se fare esami di diagnosi prenatale.

Sintomi

Il sintomo principale del retinoblastoma è la leucocoria, ovvero un riflesso bianco nella pupilla, il foro presente al centro dell’occhio. In genere la pupilla del neonato appare rossa quando viene colpita dalla luce: si tratta di un riflesso che è valutato dai neonatologi ed è dovuto alla presenza dei vasi sanguigni. Invece, in caso di retinoblastoma, la retina appare bianca. La localizzazione della malattia, però, può essere causa di falsi negativi: se il tumore è situato nella periferia della retina e non viene colpita dal fascio di luce, il riflesso risulta rosso e dunque apparentemente nella norma. A volte succede che i genitori notino un riflesso bianco nelle foto scattate con il flash, ma bisogna precisare che le moderne fotocamere acquisiscono le foto con tale velocità che possono mostrare un riflesso bianco anche quando non è presente un tumore.

Il medico pediatra può individuare la malattia con un semplice esame dell’occhio che deve essere eseguito con mezzi idonei (oftalmoscopio indiretto che emette un fascio di luce polarizzato) e non con illuminazione comune (pilette per l’ispezione della gola, otoscopi, lampade da tavolo eccetera).

Lo strabismo è il sintomo tardivo più frequente della presenza di retinoblastoma. Altri sintomi potenzialmente legati a questo tipo di tumore sono problemi di vista, dolore all’occhio, arrossamento della parte bianca dell’occhio, differenze nelle dimensioni dei due globi oculari o una pupilla che non si rimpicciolisce quando viene esposta alla luce: questi sintomi sono tipici della malattia avanzata. Non dovrebbero essere presenti alle latitudini in cui si trova l’Italia.

Prevenzione

Ogni attività di prevenzione primaria richiede che le cause del tipo di tumore che si desidera prevenire siano note. Tuttavia, è raro che i tumori abbiano una singola causa, e per questo nella stragrande maggioranza dei casi è difficile, se non impossibile, stabilire a posteriori e con criteri scientifici l’origine di un tumore che è insorto in un individuo. È difficilissimo negli adulti, per i quali a volte si può soltanto presumere che l’esposizione a sostanze cancerogene o abitudini e comportamenti non salutari possano avere contribuito alla crescita tumorale. È ancora più difficile nei bambini, data la giovane età.

Le raccomandazioni mediche indicano che, nei casi in cui sia presente una storia familiare di retinoblastoma, il neonato sia visitato il prima possibile e in seguito siano effettuate le valutazioni genetiche.

In generale, gran parte degli oftalmologi che si occupano di pediatria concordano nell’applicare un calendario dei controlli per il retinoblastoma:

  • il primo controllo va eseguito entro i 6 mesi di vita, possibilmente già alla nascita. Con questo esame obiettivo si possono diagnosticare soltanto le malformazioni del globo oculare, dovute a glaucoma congenito, cataratta congenita, malattie infettive o malformazioni della retina e del nervo ottico. È anche possibile scoprire le forme tumorali, senza però poter avere indicazioni sulla capacità visiva, data l’immaturità dell’occhio a quell’età. In molte strutture ospedaliere e cliniche dove è presente un reparto di neonatologia, sia pubbliche sia private, si esegue l’esame del fondo dell’occhio già alla nascita oppure i genitori sono invitati, nella lettera di dimissione, a far fare una visita oculistica al proprio figlio entro i 6 mesi d’età;
  • se il controllo entro i 6 mesi risulta negativo, quello successivo andrà effettuato quando il bambino avrà tra i 2 e i 3 anni di età;
  • se anche il secondo controllo risulta negativo, se ne effettuerà un terzo all’inizio della scuola elementare o poco prima.

Diagnosi

In caso di sospetto di retinoblastoma, il pediatra o l’oculista devono indirizzare immediatamente il paziente e la sua famiglia a un centro di riferimento per questa patologia. Dopo un’accurata visita ambulatoriale, nella quale vengono valutati storia familiare e potenziali segni e sintomi della malattia, lo specialista oftalmologo oncologo pediatra potrà consigliare esami di approfondimento per confermare o escludere la diagnosi. Tra questi vi sono:

  • la valutazione del fondo dell’occhio in narcosi per esaminare bene la periferia retinica utilizzando uno speciale strumento (“fundus camera”), che permette di ottenere immagini ad altissima risoluzione;
  • la risonanza magnetica di encefalo e orbite oculari può essere utile a determinare la presenza di tumore a livello delle orbite, dei nervi ottici o di altre strutture cerebrali (ghiandola pineale);
  • se la malattia è confermata, si esegue un esame citologico del liquido cefalorachidiano nei casi di retinoblastoma monolaterale che coinvolge il nervo ottico e in tutti i casi bilaterali.

Dopo la valutazione in narcosi, l’ecografia oculare, l’RMN e l’esame citologico viene formulata, in collaborazione con gli oncologi pediatri, una stadiazione per l’avvio a un programma di terapia conservativa. In Italia gran parte dei centri di oncoematologia pediatrica aderisce al Protocollo AIEOP (Associazione italiana di ematologia ed oncologia pediatrica).

La diagnosi precoce della malattia, una realtà nella maggior parte dei paesi industrializzati, permette di aumentare notevolmente le possibilità di cura.

Evoluzione

Il risultato degli esami assegna uno stadio alla malattia (stadiazione). In base all’International Retinoblastoma Staging System si possono distinguere 5 stadi (da 0 a IV), con i primi 3 che indicano la malattia intraoculare, mentre gli ultimi 2 segnalano che la malattia si è diffusa anche al di fuori dell’occhio. L’International Classification of Retinoblastoma identifica i diversi stadi di malattia utilizzando le lettere dell’alfabeto, dalla A alla E: A indica una malattia poco diffusa, mentre E una molto diffusa.

Come si cura

Il retinoblastoma è un tumore raro, con una marcata eterogeneità nella presentazione. Per questa ragione è molto importante scegliere un centro specializzato nella cura di questo tipo di patologia, che richiede il lavoro di un’équipe medica multidisciplinare con ampia esperienza e una casistica adeguata.

Anche se il retinoblastoma è un tumore oculare, la cura deve essere sempre il risultato di una stretta collaborazione con gli oncologi pediatri: l’oculista come unico specialista non ha infatti tutte le competenze necessarie per curare la malattia.

Nei centri specializzati in Italia si applica un protocollo nazionale molto simile ai protocolli europei. Inoltre, la continua collaborazione tra i centri europei che si occupano di retinoblastoma permette di ottenere anche nel nostro paese la guarigione con conservazione dell’occhio malato in gran parte dei pazienti affetti. In paesi dove i livelli di cura non sono altrettanto avanzati il retinoblastoma può ancora essere una causa di decesso. La scelta delle terapie più idonee dipende da diversi fattori, tra i quali le caratteristiche della malattia. In tutti i casi il primo obiettivo è l’annullamento dell’attività vitale del tumore che non può essere asportato, possibilmente con il mantenimento della capacità visiva.

Fino a qualche decennio fa, la chirurgia era l’unica opzione disponibile per i bimbi colpiti dalla malattia. Comportava la rimozione del bulbo oculare (enucleazione) e di parte del nervo ottico. Con l’introduzione della chemioterapia e di numerose altre tecniche di trattamento locale, la chirurgia demolitiva è diventata meno frequente e in genere oggi si riesce a salvare l’occhio in un’elevata percentuale di casi. La chirurgia rimane comunque un’opzione valida e necessaria per la malattia evoluta o resistente ai trattamenti conservativi.

Tra le moderne opzioni di trattamento, la chemioterapia intrarteriosa ha migliorato la qualità della vita dei pazienti affetti e ha permesso di raggiungere i migliori risultati. Con questa tecnica, eseguita dal radiologo interventista su indicazione dell’oculista e approvazione dell’oncologo, attraverso un catetere di 0,6 mm di diametro si raggiunge l’arteria oftalmica (0,3 mm di diametro) e il farmaco chemioterapico viene iniettato direttamente all’interno del tumore, limitando gli effetti tossici della chemioterapia. In casi particolari, la chemioterapia sistemica continua a essere necessaria.

In alcuni casi il tumore può diffondersi nel vitreo, la sostanza gelatinosa che riempie l’occhio e che non è vascolarizzata, oppure può penetrare nello spazio al di sotto della retina. In entrambi i casi il farmaco chemioterapico può essere iniettato direttamente all’interno dell’occhio (terapia intra-vitreale).

L’azione della chemioterapia intrarteriosa o sistemica viene potenziata dai trattamenti laser e crioterapici eseguiti dall’oculista. Con il trattamento laser si effettua una fotocoagulazione del tumore: un fascio di luce laser elimina i vasi sanguigni tumorali passando attraverso l’occhio. La crioterapia invece provoca un’ischemia ai vasi del tumore, attraverso un congelamento ottenuto grazie a sonde poggiate sull’esterno dell’occhio in corrispondenza della base del tumore. La scelta delle diverse terapie locali dipende sia dall’estensione sia dalla posizione del tumore nel contesto della retina.

La radioterapia dall’esterno è applicata sempre più raramente nei paesi più sviluppati e solo nei casi di localizzazione extraoculare del retinoblastoma. La brachiterapia, invece, risulta molto efficace, anche se il campo di applicazione è ristretto e pochi sono i centri autorizzati all’esecuzione. Consiste nell’applicazione di placche radioemittenti a base di rutenio o iodio alla base del tumore, quando le dimensioni sono inferiori a 10 mm di diametro alla base e di 12 mm all’apice.

L’enucleazione, ovvero l’asportazione dell’intero bulbo oculare, è da considerare nei casi evoluti con coinvolgimento del nervo ottico (valutato con la RMN), se si ha uno stadio E con coinvolgimento della camera anteriore e glaucoma o nei casi di resistenza a tutte le altre terapie disponibili. L’assenza di volume creata dall’enucleazione viene colmata dall’impianto di endoprotesi oculari che non dovranno essere sostituite nell’arco della vita dei pazienti: nella cavità anoftalmica, priva dell’occhio, verrà applicata la protesi esterna.

Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.

  • Agenzia Zoe

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