Ultimo aggiornamento: 27 maggio 2019
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Un astrocitoma è un tumore del sistema nervoso centrale e fa parte di un gruppo di tumori chiamati gliomi. Il sistema nervoso centrale è composto dai neuroni (le cellule che ricevono, elaborano e trasmettono gli impulsi nervosi) e da cellule di supporto chiamate cellule della glia (o cellule gliali). Esistono quattro tipi di cellule gliali: gli astrociti, gli oligodendrociti, le cellule ependimali e le cellule della microglia. Gli astrociti prendono il nome dalla loro caratteristica forma “a stella” e sono le cellule gliali più abbondanti. Forniscono sostegno e nutrimento ai neuroni e intervengono nella riparazione del tessuto nervoso. Quando una cellula gliale sana si trasforma in una tumorale e inizia a moltiplicarsi in modo incontrollato dà origine a un glioma. Se la cellula in questione è un astrocita il tumore che si forma è detto astrocitoma.
I tumori del sistema nervoso centrale sono il secondo tipo di tumore più frequente nei bambini, dopo leucemie e linfomi. In Italia, in base ai dati AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), sono colpiti dai tumori del sistema nervoso centrale circa 20 bambini su un milione. Il numero di nuove diagnosi di tumori cerebrali in Italia è di 350-400 all’anno e all’incirca un tumore del sistema nervoso centrale su 4 è un astrocitoma. L’incidenza è leggermente più alta tra i maschi che tra le femmine ed è più alta nella fascia di età 1-4 anni.
Sono maggiormente a rischio di sviluppare astrocitomi i bambini affetti da alcune malattie genetiche, come la neurofibromatosi di tipo 1, la sclerosi tuberosa o la sindrome di Li-Fraumeni. I secondi tumori (tumori che insorgono in un paziente che ne ha già avuto uno) possono essere indotti da precedenti trattamenti oncologici, anche per neoplasie che non hanno avuto origine nel sistema nervoso centrale.
In base a come si presentano, i gliomi astrocitari sono classificati in gliomi a basso grado di malignità (grado I e II) e gliomi ad alto grado di malignità (III e IV grado). Se a basso grado di malignità, gli astrocitomi tendono a crescere lentamente e in genere non invadono i tessuti circostanti; al contrario, se ad alto grado di malignità, crescono più velocemente e si infiltrano nei tessuti sani che li circondano. Nei bambini sono più frequenti gli astrocitomi a basso grado di malignità.
Si distinguono principalmente:
- astrocitomi pilocitici (grado I): si sviluppano più frequentemente nel cervelletto, ma possono formarsi anche nell’ipotalamo, nel tronco encefalico, nelle vie ottiche o in altre zone del sistema nervoso centrale e rappresentano circa un quinto dei tumori cerebrali dei bambini;
- astrocitomi subependimali a cellule giganti (grado I): si formano nei ventricoli cerebrali e sono quasi sempre associati a una malattia genetica chiamata sclerosi tuberosa;
- xantoastrocitomi pleomorfi (grado II o III);
- astrocitomi diffusi (grado II): crescono lentamente, ma possono invadere i tessuti circostanti e per questo è difficile rimuoverli chirurgicamente;
- astrocitomi anaplastici (grado III): tendono a crescere velocemente, a invadere i tessuti circostanti e a disseminarsi nel sistema nervoso;
- glioblastomi (grado IV): sono le forme più aggressive di astrocitoma.
La maggior parte dei gliomi delle vie ottiche sono i cosiddetti astrocitomi pilocitici. Crescono lentamente, ma possono portare a gravi deficit visivi ed endocrini. Possono essere sporadici o associati a una malattia genetica chiamata neurofibromatosi di tipo 1.
Sono astrocitomi anche quasi tutti i gliomi del tronco encefalico. Questa struttura collega il cervello al midollo spinale e controlla funzioni vitali come il respiro e il battito cardiaco, perciò è impossibile asportare i tumori localizzati in questa sede. I gliomi che si formano intrinsecamente nel ponte del tronco encefalico (gliomi diffusi intrinseci del ponte) sono tumori particolarmente aggressivi: meno del 10 per cento circa dei bambini è vivo a 2 anni dalla diagnosi.
I tumori del cervello possono manifestarsi in modo progressivo o improvviso. I possibili sintomi sono mal di testa, nausea, vomito, visione offuscata, problemi di equilibrio, disturbi del comportamento, crisi epilettiche, sonnolenza, e dipendono in gran parte dall’aumento della pressione all’interno del cranio (pressione endocranica).
Nei bambini piccoli possono verificarsi anche irritabilità, perdita di appetito, ritardi nello sviluppo, perdita improvvisa di alcune abilità motorie o intellettuali, aumento nella dimensione della testa. Nei bambini in età scolastica si possono osservare un calo nel rendimento scolastico e affaticamento.
La precisa localizzazione del tumore può determinare la comparsa di sintomi specifici. Per esempio, se il tumore sta crescendo nell’area del cervello che controlla il linguaggio, il bambino può avere difficoltà a parlare o a capire le parole. Un tumore che cresce nel midollo spinale può causare dolore alla schiena, debolezza, mancanza di coordinazione nelle gambe e/o nelle braccia e problemi nella funzione della vescica e dell’intestino.
Molti sintomi sono comuni ad altre malattie meno gravi. Se non passano o peggiorano, è importante informare il medico curante, in modo da identificarne tempestivamente e accuratamente la causa.
Ogni attività di prevenzione primaria richiede che le cause del tipo di tumore che si desidera prevenire siano note, a livello di popolazione, almeno con i dati statistici delle osservazioni epidemiologiche, e possibilmente anche con i possibili meccanismi biologici messi in luce tramite esperimenti di laboratorio. Tuttavia è raro che i tumori abbiano una singola causa, e per questo nella stragrande maggioranza dei casi è difficile se non impossibile stabilire a posteriori, con criteri scientifici, l’origine di un tumore che è insorto in un individuo. È difficilissimo negli adulti, per i quali a volte si può soltanto presumere che l’esposizione a sostanze cancerogene o abitudini e comportamenti non salutari possano avere contribuito alla crescita tumorale. È ancora più difficile nei bambini, data la giovane età. Per gli astrocitomi non è al momento possibile definire strategie efficaci per la prevenzione, dal momento che l’epidemiologia non ha a oggi identificato fattori di rischio modificabili. Per questo è importante sottolineare che, qualora un astrocitoma insorga in un bambino, non c’è nulla che i genitori si debbano rimproverare per la malattia del proprio figlio.
Se un bambino mostra sintomi come quelli sopra elencati, il pediatra indaga su quando e come si sono presentati, raccogliendo informazioni sulla storia del paziente, e lo visita per valutare la funzionalità del cervello e del midollo spinale (esame neurologico). Vengono valutati i riflessi, la coordinazione, l’equilibrio, la sensibilità, la forza muscolare e altro ancora.
Se dall’esame risultano delle anomalie, interviene un neuropsichiatra infantile o un neurologo che effettua un esame più approfondito e richiede alcuni esami strumentali. Gli esami più comuni sono la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata.
La risonanza magnetica (RM) permette di visualizzare le parti interne, tra cui i tumori, usando campi magnetici. Dalla RM si ottengono immagini molto precise e non c’è esposizione a radiazioni ionizzanti. L’esame richiede però un tempo piuttosto lungo in cui il paziente deve stare fermo, per questo si possono somministrare dei sedativi per fare dormire i bambini durante l’esame.
La tomografia computerizzata (TC) utilizza i raggi X per ottenere delle immagini dei tessuti interni. La TC è più rapida, ma meno sensibile rispetto alla RM ed espone i pazienti a radiazioni ionizzanti.
Per stabilire il tipo di tumore, se la localizzazione lo rende possibile, bisogna ottenere del materiale neoplastico da analizzare dal punto di vista morfologico e biomolecolare, in modo da facilitare la scelta del trattamento. Se il neurochirurgo valuta che il tumore possa essere rimosso del tutto o in larga parte, procede all’asportazione dopo aver discusso con gli altri specialisti che hanno in carico il paziente, in primo luogo l’oncologo pediatra, che dovrà occuparsi del trattamento adiuvante (radioterapia e/o chemioterapia) e dei controlli successivi.
Le cellule tumorali possono raggiungere il liquido cefalorachidiano (o liquor, il liquido che riempie gli spazi attorno al cervello e al midollo spinale), perciò la stadiazione del tumore può essere completata con una puntura lombare (rachicentesi). Dopo sedazione, si inserisce un ago lungo e sottile tra due vertebre e si raccoglie una piccolissima quantità di liquido da analizzare.
In alcuni casi le cellule dell’astrocitoma possono infiltrarsi nel tessuto cerebrale sano, rendendo difficile l’asportazione chirurgica del tumore. In qualche occasione il tumore può diffondersi anche nelle cavità in cui scorre il liquido cefalorachidiano, ma è estremamente raro invece che l’astrocitoma dia metastasi al di fuori del cervello o del midollo spinale.
La probabile evoluzione della malattia (prognosi) e la risposta alle terapie sono legate soprattutto al grado del tumore, alla sua localizzazione, alla sua diffusione e a particolari alterazioni del DNA nelle cellule tumorali.
Se il tumore è maligno, è possibile che il paziente risponda alle terapie, ma il tumore si ripresenti a distanza di tempo (recidiva). In tal caso, le cure sono scarsamente efficaci.
La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi varia molto a seconda del grado dell’astrocitoma: si va dal 95 per cento circa per l’astrocitoma pilocitico fino a meno del 20 per cento per il glioblastoma.
Quando è possibile praticarla, la terapia d’elezione è l’asportazione chirurgica. Idealmente l’intervento dovrebbe rimuovere completamente tutte le cellule tumorali, ma questo è possibile solo se sono cresciute come una massa distinta, dai margini netti. Nel caso degli astrocitomi ad alto grado di malignità la chirurgia non è in genere risolutiva, ma è comunque un passo terapeutico indispensabile che deve essere seguito da radioterapia e chemioterapia. L’intervento chirurgico non è un’opzione praticabile se il tumore è in una zona inaccessibile o se si rischia di danneggiare un’area di importanza vitale o di compromettere le funzioni fisiche e cognitive del paziente.
La radioterapia può essere praticata sia assieme alla chirurgia sia da sola, nel caso in cui l’intervento chirurgico si riveli non risolutivo o impossibile da praticare. La dose di radiazioni necessaria a distruggere il tumore viene somministrata in più giorni. Quando il tumore è diffuso, è necessario l’irraggiamento di tutta l’area interessata, cervello e/o midollo spinale.
L’utilizzo della chemioterapia nella cura dei tumori del sistema nervoso centrale è ostacolato dalla presenza di una membrana che, selezionando le sostanze che possono raggiungere il cervello e il midollo spinale (barriera-ematoencefalica), impedisce il passaggio di alcuni farmaci chemioterapici. La chemioterapia è usata soprattutto per i tumori maligni, ma anche, in alcune condizioni, per i gliomi a basso grado di malignità. Si utilizzano uno o più farmaci e il trattamento viene effettuato a cicli: la somministrazione dei farmaci viene interrotta per poi essere ripresa a distanza di qualche tempo. I farmaci vengono somministrati per bocca, per via endovenosa o anche direttamente nel liquido cefalorachidiano (chemioterapia intratecale).
In casi specifici si può ricorrere anche a terapie a bersaglio molecolare, ossia farmaci mirati a specifiche molecole.
È importante che il piano terapeutico includa anche un percorso di riabilitazione, che migliori sia la risposta alle cure sia la qualità della vita del piccolo paziente.
Infine, è indispensabile, come in tutte le malattie pediatriche, un adeguato e prolungato follow-up in modo da poter offrire la migliore qualità di vita possibile al paziente curato dal tumore.
Le informazioni presenti in questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zoe