Si può curare il cancro con il vischio?

No, non vi sono studi di qualità che consentano di dire che il vischio è efficace come trattamento antitumorale.

Ultimo aggiornamento: 22 marzo 2023

Tempo di lettura: 8 minuti

In sintesi

  • Il vischio (Viscum album) è una pianta semiparassitaria e velenosa, molto comune in Europa, utilizzata in medicina tradizionale fin dai tempi antichi.
  • In alcuni Paesi se ne vendono degli estratti ed è proposto dalla medicina omeopatica e antroposofica come terapia anticancro, da sola o, più spesso, in associazione con chemioterapia e radioterapia.
  • Alcune ricerche di laboratorio hanno mostrato un effetto degli estratti di vischio sul sistema immunitario.
  • Sono state condotte numerose ricerche cliniche, la maggior parte delle quali risulta purtroppo di scarsa qualità metodologica e quindi inutile a fornire risposte sulla reale efficacia della sostanza.
  • Alcuni studi mostrano che i pazienti trattati col vischio, insieme alle cure classiche, hanno una migliore qualità della vita e meno sintomi. Questo può avere però anche altre cause e per esempio essere dovuto a una migliore presa in carico e un miglior ascolto da parte del medico che somministra terapie complementari.
  • L’uso del vischio al di fuori di studi sperimentali ben progettati, e comunque sempre in associazione con le terapie di provata efficacia come chemio e radioterapia, è sconsigliato poiché non vi sono dimostrazioni di un effetto antitumorale della sostanza.

Che cos'è il vischio?

Il vischio è una pianta infestante semiparassitaria utilizzata a fini di salute fin dall’antichità. Il vischio è infatti menzionato nei trattati di medicina dei Druidi come dei Greci. L’uso degli estratti di vischio per curare i tumori è particolarmente frequente nella cosiddetta medicina omeopatica e antroposofica, di origine germanica, tanto che il suo utilizzo è comune soprattutto nei Paesi di lingua tedesca e gli studi sono stati condotti soprattutto in Svizzera e Germania.

Numerosi studi condotti in laboratorio tra gli anni Ottanta e i primi anni Duemila hanno dimostrato un effetto citotossico indiretto degli estratti di vischio: cellule cancerose coltivate in laboratorio morivano grazie al rilascio di sostanze da parte dei linfociti trattati con gli estratti. Negli stessi anni sono stati condotti numerosi studi, sia in cellule in coltura sia in animali di laboratorio, che mostrano come il vischio possa potenziare le difese immunitarie.

Sono due le componenti del vischio ritenute responsabili di questi effetti: le vischiotossine, piccole proteine che stimolano i linfociti a produrre molecole attive chiamate interleuchine, e le lectine, molecole complesse capaci di legarsi alle cellule del sistema immunitario regolandone la funzione. Altri studi hanno dimostrato un effetto antiangiogenetico del vischio: sarebbe in grado di bloccare (sempre in studi preclinici, quindi in laboratorio e con animali) la proliferazione dei vasi sanguigni che portano nutrimento ai tumori.

Sulla base di questi dati sperimentali, il vischio è stato classificato tra le sostanze in grado di modificare le risposte biologiche dell’organismo. Gli studi sulla capacità del vischio di inibire la crescita cellulare negli animali hanno però portato a risultati variabili e poco riproducibili.

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Come si somministra?

Gli estratti di vischio, commercializzati in alcuni Paesi europei sotto vari nomi, sono ottenuti dalla lavorazione del Viscum album (o vischio europeo). Esistono altri tipi di vischio che non sono stati studiati in laboratorio. Questa precisazione è importante perché la concentrazione di sostanze attive può variare non solo in base al tipo di vischio, ma anche della pianta sulla quale il vischio si sviluppa (essendo una pianta parassitaria, si appoggia ad altre piante per crescere), di quando è raccolto e di come viene preparato l’estratto.

Esistono anche preparazioni omeopatiche di vischio in cui però, con gli strumenti della chimica moderna, non è possibile indentificare tracce misurabili di sostanze attive.

Le preparazioni a base di vischio vengono utilizzate principalmente da persone che soffrono di malattie cardiovascolari o che hanno un tumore; sono solitamente somministrate per iniezione sottocutanea, ma talvolta anche per bocca o endovena.

Il rapporto dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) dedicato al vischio riporta che in Italia non è stata autorizzata né registrata alcuna preparazione a base di vischio. La Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatorio statunitense per la registrazione dei farmaci, non ha approvato l’uso del vischio per il trattamento del cancro né di nessun’altra condizione medica.

Come per altri prodotti di origine naturale non va sottovalutato il rischio di interazione con i farmaci. Esiste una banca dati, chiamata Vigibase, che raccoglie le segnalazioni di reazioni avverse ai farmaci che arrivano dagli Stati iscritti al programma di monitoraggio dei farmaci dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Un gruppo di ricercatori dell’Università libera di Bruxelles (ULB) ha analizzato i casi raccolti in VigiBase, focalizzando l’attenzione sulle interazioni tra farmaci antitumorali o antagonisti ormonali e prodotti contenenti dieci erbe molto utilizzate: delle oltre mille segnalazioni analizzate, il 71 per cento coinvolgeva il vischio.

Cosa dicono gli studi clinici negli esseri umani?

Il National Cancer Institute statunitense ha condotto un'ampia revisione della letteratura degli studi clinici, concludendo che “vi sono debolezze importanti in quasi tutte le sperimentazioni, tali da sollevare dubbi sui risultati. Le debolezze comprendono: un numero di pazienti troppo basso; informazioni incomplete sui pazienti, sul dosaggio del vischio e problemi nel progetto della sperimentazione”.

In uno studio retrospettivo condotto in Europa tra il 1993 e il 2000 è stato valutato l’uso dell’estratto di vischio come terapia adiuvante in 800 pazienti trattati con chemioterapia o radioterapia per cancro del colon non metastatico. In base ai risultati dello studio, chi usava il vischio (insieme agli altri trattamenti) aveva minori effetti collaterali, un miglior controllo dei sintomi e una durata della vita libera da malattia più lunga di chi non lo aveva assunto.

Nel 2002 il National Center for Complementary and Integrative Health (NCCIH) statunitense, insieme al National Cancer Institute, ha condotto uno studio di fase 1 con estratti di vischio e gemcitabina (un chemioterapico classico) in tumori solidi in stadio avanzato. Nel complesso non si sono notati miglioramenti in termini di sopravvivenza, ma la combinazione non risultava tossica e non vi erano interazioni negative tra le due sostanze. Il vischio e le sue bacche al naturale sono invece velenosi, per cui è importante valutare una eventuale tossicità degli estratti.

I risultati di uno studio del 2013 sull’uso del vischio nel cancro del pancreas avanzato e metastatico, condotto in 220 pazienti, hanno mostrato un aumento della sopravvivenza e una riduzione dei sintomi come nausea, stanchezza, diarrea per quelli trattati con vischio, sempre in aggiunta agli altri trattamenti, rispetto a quelli non trattati. Lo studio è stato però criticato da molti esperti di metodologia della ricerca e non è stato incluso in successive revisioni. Ciò nonostante, viene spesso citato a sostegno dell'utilizzo del vischio, in particolare per la parte che riguarda la sopravvivenza, poiché gli strumenti statistici utilizzati fanno risultare un effetto particolarmente positivo della cura alternativa.

Data la grande quantità di studi pubblicati, ciascuno con pochi pazienti, sono state condotte revisioni e metanalisi per cercare di tirare le somme. Un’importante revisione pubblicata nel 2013 sulla rivista Lancet Oncology riporta che: “Dato che si tratta di una terapia molto popolare, il vischio è stato più volte studiato in sperimentazioni cliniche per valutarne l’efficacia, anche se in molti casi vi sono chiare mancanze metodologiche [...]. Nel 2008 una revisione Cochrane ha cercato di fare un punto generale della letteratura scientifica. I revisori non hanno trovato prove a sostegno dell’efficacia per nessuno degli obiettivi che riguardavano il cancro”.

In una revisione sistematica ancora più recente, del 2019, in cui sono stati analizzati ben 28 studi clinici randomizzati in cui pazienti affetti da vari tipi di tumori erano stati trattati con estratti di vischio (quasi sempre in combinazione alle terapie convenzionali), gli autori hanno riportato risultati analoghi: “La maggior parte degli studi non mostra alcun effetto del vischio sulla sopravvivenza. Specialmente gli studi di elevata qualità non mostrano nessun beneficio”. Tra le osservazioni presenti nell’articolo, pubblicato sul Journal of Cancer Research and Clinical Oncology, ce ne sono due degne di nota. La prima è che nella maggior parte degli studi i ricercatori avevano un potenziale conflitto di interessi in quanto finanziati da case farmaceutiche o da società dedicate alla medicina antroposofica. La seconda è che un terzo di tutti gli studi era stato realizzato da due soli gruppi di ricerca. Quando gli studi su un trattamento sono indipendenti, cioè condotti da ricercatori diversi in istituti diversi, è maggiormente credibile che un eventuale effetto positivo sia reale e replicabile. Gli autori della revisione concludono: “In merito alla sopravvivenza, una scrupolosa analisi della letteratura non fornisce alcuna indicazione a favore della prescrizione di vischio ai pazienti con tumore”.

Nella seconda parte di questa revisione è stato valutato anche l’effetto del vischio sulla qualità di vita e sulla riduzione degli effetti collaterali della chemioterapia. Nella maggior parte degli studi è stato effettivamente evidenziato un effetto benefico del vischio sulla qualità di vita dei pazienti. Gli autori della revisione sottolineano però che ci sono diversi motivi per cui i dati raccolti non sono sufficienti a confermare che tale trattamento migliori davvero la qualità di vita. Innanzitutto, tale parametro, soggettivo, era stato valutato in modo molto eterogeneo dai diversi gruppi di ricerca. In secondo luogo, non era possibile escludere che i risultati fossero conseguenza dell’effetto placebo, ovvero il miglioramento delle condizioni di un paziente dovuto a un fattore psicologico, nello specifico la consapevolezza di avere ricevuto cure. Dato che di solito l’iniezione dell’estratto di vischio produce una reazione cutanea, è difficile che la sperimentazione possa avvenire “in cieco”, ossia senza che il paziente e il medico sappiano se è stato somministrato il farmaco o la sostanza inerte usata come paragone negli studi randomizzati. In terzo luogo, è anche possibile che il gruppo trattato con il vischio abbia ricevuto maggiori attenzioni e che questo abbia contribuito a migliorare le condizioni di vita dei pazienti. Alcuni studi mostravano una riduzione almeno parziale degli effetti collaterali della chemioterapia nei pazienti che avevano ricevuto gli estratti di vischio: si trattava però di studi eterogenei e di bassa qualità metodologica. La conclusione della revisione, di conseguenza, è: “A oggi, dagli studi clinici randomizzati non si possono ottenere risposte chiare sull’efficacia del trattamento con il vischio. Gli studi condotti con una metodologia più rigorosa mostrano effetti nulli o minimi sulla qualità di vita o sugli effetti collaterali della terapia oncologica”.

In conclusione

Riguardo all’utilizzo del vischio nella cura del cancro, ulteriori studi sono in corso, in Europa e nel resto del mondo, ma, come ben sintetizzato dal National Cancer Institute: “Al momento l’uso del vischio nella cura del cancro non può essere raccomandato se non nel contesto di studi clinici ben progettati. Questi studi saranno molto utili per capire più chiaramente se il vischio può essere efficace nel trattare uno specifico sottogruppo di pazienti”.

  • Agenzia Zoe

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