Il consumo di cibo biologico protegge dal cancro?

Il termine biologico evoca un’idea di cibo sano e sicuro e può far pensare che un’alimentazione prevalentemente a base di cibi biologici possa ridurre il rischio di cancro. Ma è davvero così?

Ultimo aggiornamento: 8 maggio 2025

Tempo di lettura: 10 minuti

In sintesi

  • I prodotti biologici contengono meno residui di pesticidi rispetto a quelli convenzionali, ma possono comunque contenere queste sostanze.
  • L’esposizione diretta e cronica ai pesticidi è associata a rischi per la salute, tra cui cancro, malattie neurodegenerative e possibili disturbi dello sviluppo.
  • I risultati di alcuni studi osservazionali hanno mostrato una correlazione tra il consumo di alimenti biologici e una minore incidenza di alcuni tipi di tumore. Tuttavia tali studi non hanno dimostrato un rapporto di causa ed effetto e inoltre hanno diverse limitazioni che hanno reso i risultati non conclusivi.
  • Non ci sono prove cliniche sufficienti che dimostrino che una dieta biologica sia più salutare o riduca direttamente il rischio di cancro.
  • Una dieta varia ed equilibrata, ricca di frutta e verdura, resta la strategia più efficace per la prevenzione oncologica.

Cosa vuol dire biologico?

Secondo il Regolamento europeo, un alimento biologico è ottenuto seguendo pratiche agricole che hanno lo scopo principale di proteggere l’ambiente, preservare il paesaggio e mantenere la fertilità del suolo. Per questo, nell’agricoltura biologica è fortemente limitato l’uso di pesticidi, fertilizzanti o di tutti quei prodotti utilizzati per arricchire le caratteristiche del suolo e favorire la resa agricola. Inoltre le leggi in vigore regolano anche le pratiche di allevamento degli animali e la loro alimentazione, per cui è per esempio vietato l’uso di organismi geneticamente modificati (OGM) che non superino i controlli di sicurezza.

L’idea di agricoltura biologica nasce nella prima metà del Novecento, in risposta a una crescente sensibilità ambientale. Oggi in Europa esiste una definizione legale di ciò che si intende per “biologico”, identificabile dal consumatore attraverso il simbolo della foglia verde sull’etichetta. La presenza di tale simbolo certifica che almeno il 95% degli ingredienti proviene da agricoltura biologica e che per il prodotto è stato seguito un rigoroso iter di controllo.

La regolamentazione europea pone particolare attenzione alle sostanze quali pesticidi ed erbicidi, che, se usati in quantità elevate, possono danneggiare la salute, l’ambiente e contribuire ai cambiamenti climatici, come è stato confermato da diverse evidenze scientifiche. Tuttavia l’impatto delle pratiche per ottenere prodotti biologici sull’ambiente è complesso da quantificare: da un lato, tali pratiche possono favorire la salute del suolo e migliorare la qualità e le funzioni degli ecosistemi; dall’altro lato, il passaggio totale all’agricoltura biologica in alcuni Paesi potrebbe ridurre le rese, rendendo per esempio necessarie maggiori importazioni e potenzialmente aumentando le emissioni complessive di gas serra.

Cosa sono i pesticidi e perché preoccupano

I pesticidi sono sostanze impiegate in agricoltura per proteggere le colture da insetti (insetticidi), erbe infestanti (erbicidi) e funghi (fungicidi). Pur essendo utili ad aumentare la resa agricola, alcune di queste molecole possono essere tossiche per gli esseri umani, gli altri animali e l’ambiente, specialmente se utilizzate in quantità elevate e non rispettando i tempi e le indicazioni di impiego.

È importante non confondere i pesticidi con i fertilizzanti: sono entrambi utilizzati nelle coltivazioni ed entrambi possono essere di sintesi, ma hanno funzioni diverse. I fertilizzanti servono ad arricchire il suolo con nutrienti utili per la crescita delle piante; i pesticidi, invece, hanno lo scopo di eliminare organismi che possono attaccare o addirittura distruggere le colture. Alcune delle sostanze utilizzate possono, per esempio, interferire con il sistema nervoso degli insetti. A seconda dei composti e delle dosi, possono comportare un rischio per la salute umana. Proprio per questo le leggi limitano i livelli di sicurezza di tali sostanze che possono essere presenti negli alimenti e inoltre riducono l’esposizione diretta per gli addetti ai lavori. Dove tali limitazioni sono rispettate, l’esposizione ai pesticidi non dovrebbe costituire un problema di salute pubblica.

Esiste un’attenta regolamentazione

Ogni prodotto usato come pesticida prima di essere immesso sul mercato è sottoposto alla revisione dell’organo di controllo dei pesticidi all’interno dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), l’autorità europea che ha tra i propri compiti la definizione dei limiti di sicurezza sulla concentrazione dei residui presenti negli alimenti. L’EFSA ha inoltre il ruolo di verificare l’eventuale tossicità dei composti per l’ambiente e gli esseri viventi e per la qualità e la sicurezza per la salute e l’ambiente delle acque. Prima di commercializzare un nuovo prodotto, ogni azienda deve seguire un iter molto dettagliato in cui sono valutati i rischi ambientali e di salute per attestarne la sicurezza. Tali rischi sono studiati sui singoli componenti e non sulle possibili miscele. L’Unione europea ha creato un database accessibile da cui ottenere informazioni su quali composti fitosanitari sono ammessi e considerati sicuri, entro limiti stabiliti, per la salute e l’ambiente.

Oltre a un monitoraggio sulla tossicità e la pericolosità di ciascun componente, viene monitorata la concentrazione ingerita attraverso l’alimentazione, in modo che quest’ultima resti al di sotto delle soglie considerate sicure per preservare la salute umana e animale. L’Unione europea ha definito un limite di legge, chiamato limite massimo residuo (LMR) di 0,01 mg/kg, che corrisponde alla quantità massima, in milligrammi per kilogrammo, di residuo di pesticida legalmente consentito all’interno o sulla superficie di un alimento. Il valore limite è definito statisticamente in base al consumo medio e secondo gli studi di tossicità e di rischi cronici e acuti per la salute del consumatore di ciascun composto. Tali limiti sono applicati sia per i prodotti definiti di agricoltura biologica sia per quelli convenzionali.

L’IFOAM Organics Europe è un’organizzazione europea nata a supporto dell’agricoltura biologica e degli agricoltori del settore per costruire filiere e agire come facilitatori per le piccole imprese agricole. Tale ente ha proposto standard per ottenere la certificazione di prodotto biologico: occorre non superare un valore che risulta in accordo con i LMR imposti  e che non vi siano più di due pesticidi rilevati all’interno dello stesso prodotto agricolo.

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Nell’ultimo rapporto pubblicato dall’EFSA nel 2022, sono stati analizzati più di 110.800 campioni di prodotti agricoli, quali frutta, verdura e cereali, provenienti principalmente da Germania, Italia e Romania. Inoltre è stata monitorata la presenza di 190 diversi pesticidi registrati. Da tali analisi è emerso che il 59% circa di tali campioni mostrava residui non quantificabili, nel 37,7% erano presenti residui quantificabili ma al di sotto dei limiti di legge e solo il 3,7% li superava. In conclusione, quasi il 96% dei prodotti rientrava nei limiti consentiti. L’EFSA utilizza peraltro un programma di monitoraggio pluriennale per alcuni tipi di prodotti: su circa 11.000 di tali prodotti (tra cui fragole, spinaci, alcuni cereali e pomodori) la metà rientrava nei limiti di legge e il tasso di superamento dei limiti per alcuni prodotti è diminuito di circa il 2% dal 2019 al 2022.
La presenza di glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo, è stata segnalata in 258 campioni (1,7%) di prodotti alimentari e in mangimi animali provenienti da 25 Paesi. Solo in 42 campioni (0,3%) sono stati superati i limiti massimi di residuo (LMR) su un totale di 15.000 prodotti.

È importante sottolineare che anche nei prodotti biologici possono essere rilevati residui di pesticidi, soprattutto per contaminazioni ambientali o incrociate, anche se in quantità generalmente inferiori rispetto a quelli ottenuti con l’agricoltura convenzionale. In ogni caso, dal rapporto emerge che i residui negli alimenti biologici erano inferiori rispetto a quelli convenzionali e che circa il 79% dei campioni biologici testati non conteneva affatto residui quantificabili, mentre il 18% conteneva residui quantificabili e il 2,4% superava i LMR.

Per trasparenza, su questa pagina web l’EFSA ha reso disponibile un database utile per i consumatori e per i produttori, gratuito e accessibile a chiunque, per controllare i limiti massimi residui di ogni pesticida nei prodotti agricoli europei.

Il caso del glifosato

Il glifosato è il pesticida di sintesi più utilizzato al mondo e ha suscitato molta preoccupazione. Nel 2015, a seguito di alcuni studi, è stato inserito dalla Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel gruppo 2A, quello dei “probabili cancerogeni”. La ragione di tale inserimento è che ci sono prove che sia associato a un rischio aumentato di linfoma non-Hodgkin e di leucemia infantile nei figli di agricoltori.
Il composto è in grado di debellare ed eliminare piante infestanti in modo molto efficace e selettivo. La molecola viene assorbita tramite le foglie e agisce devitalizzando la pianta, in quanto blocca un meccanismo alla base della sintesi delle proteine, portando rapidamente alla morte.

Diversi studi hanno evidenziato la sua tossicità sul sistema nervoso centrale e la possibile correlazione con infiammazioni cerebrali e disturbi dello sviluppo nei bambini esposti in fase prenatale. Una revisione sistematica recente in cui sono analizzati dieci anni di pubblicazioni scientifiche a riguardo, ha riportato effetti tossici a dosi molte elevate nei topi (fino a 800 milligrammi per chilogrammo al giorno). Si tratta però di dosi ben al di sopra dei livelli con cui i consumatori possono entrare in contatto, dell’ordine dei microgrammi, ovvero quasi sei volte inferiori. Tuttavia, in ambienti agricoli e in contesti residenziali limitrofi ai campi di coltura i livelli di esposizione aumentano e possono per questo rappresentare un rischio per gli esseri umani. Per la potenziale pericolosità il glifosato rimane dunque un osservato speciale per le autorità di controllo, per quanto riguarda sia l’immissione di nuovi prodotti contenenti glifosato, sia la sua presenza negli alimenti già commercializzati in Europa.

Perché i pesticidi fanno paura?

L’avversione crescente verso i pesticidi è alimentata da immagini forti e simboliche, come quelle degli operatori agricoli completamente protetti da tute mentre irrorano campi che produrranno la verdura e la frutta che troviamo sulle nostre tavole. A questa percezione si aggiunge la cosiddetta chemofobia, ovvero una diffusa paura verso tutto ciò che è “chimico”, nel senso di sintetizzato in laboratorio o in un’industria, spesso indipendentemente dal reale rischio.

Le preoccupazioni legate ai pesticidi si concentrano soprattutto sulla loro persistenza nell’ambiente e sulla possibilità di una esposizione cronica, sia per via alimentare sia per contatto diretto. Molte di queste sostanze hanno un tasso di degradazione variabile: alcune si accumulano nel suolo e possono dunque percolare nelle acque. Altre restano invece sulla superficie degli alimenti oppure penetrano nei tessuti vegetali.

Nel suolo, alte concentrazioni di pesticidi possono alterarne l’equilibrio chimico-fisico, influenzando la fertilità e la biodiversità microbica. Per quanto riguarda la salute umana, è importante distinguere due principali vie di esposizione: alimentare, attraverso l’ingestione di residui presenti nei cibi (in particolare in frutta e verdura non lavate correttamente) o tramite inalazione o contatto cutaneo, soprattutto per agricoltori, giardinieri e chi usa pesticidi a livello domestico senza seguire le istruzioni d’uso.

Diversi studi collegano l’esposizione prolungata ai pesticidi con un aumento dell’incidenza di diverse patologie umane, tra cui il cancro, alcune malattie neurodegenerative (Alzheimer e Parkinson), asma, bronchiti, difetti congeniti, infertilità, diabete, obesità e disturbi dello sviluppo come autismo e ADHD.

Per questo la IARC, agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha inserito diverse sostanze che compongono i più usati pesticidi, il malathion e il diazinon, nella categoria dei possibili cancerogeni (gruppo 2B), e il tetraclorvinfos e il parathion in quella dei probabili cancerogeni (gruppo 2A).

È opportuno ricordare che questi prodotti nel suolo sono sottoposti a deterioramento, con tempi differenti, e spesso le concentrazioni negli alimenti si riducono anche durante il trasporto e la lavorazione prima della messa in vendita. Per ridurre ulteriormente l’esposizione è consigliato lavare abbondantemente con acqua qualsiasi prodotto prima di consumarlo fresco.

Consumare prodotti biologici: esiste un beneficio misurabile per la salute umana?

In agricoltura biologica, ai pesticidi di sintesi si preferiscono estratti di essenze vegetali e questo porta all’idea diffusa che siano più salutari. Tuttavia è importante ricordare che in alcuni casi anche le sostanze usate in agricoltura biologica possono avere effetti avversi sulla salute umana, come per esempio il rotenone (un composto presente in alcuni semi di piante), e che l’eventuale effetto positivo sulla salute di queste sostanze a oggi non è ancora chiaro.
Nella revisione sistematica intitolata “Organic Food in the Diet: Exposure and Health Implications”, gli studi più completi confermano che l’esposizione ai pesticidi può avere effetti negativi sulla salute, ma ciò soltanto in caso di contatto diretto con tali sostanze. Resta invece più in dubbio se l’esposizione a bassi livelli di residui assunti tramite l’alimentazione possa avere effetti a lungo termine sulla salute umana. Tuttavia, dimostrare un nesso diretto tra consumo di cibi convenzionali e insorgenza di malattie causate dai pesticidi, o tra alimentazione biologica e miglioramento della salute, è molto complesso.

Gli studi sulla composizione chimica degli alimenti biologici mostrano livelli inferiori di residui di pesticidi e metalli pesanti. Si ridurrebbe così l’esposizione, per esempio, a sostanze tossiche e a batteri resistenti agli antibiotici. Tuttavia, non è possibile stabilire l’impatto di queste differenze sulla salute. Uno dei problemi principali è il ridotto numero di ricerche e il fatto che la maggior parte degli studi clinici disponibili ha una durata troppo breve per misurare impatti a lungo termine. Sono poi necessarie più indagini che comprendano anche analisi dei biomarcatori (analisi di sangue o urine, utilizzati per valutazioni sulla salute) per osservare differenze tra le due diete. Inoltre, gli studi osservazionali presi in esame non riportano dati sufficienti a definire effetti benefici di questo tipo di dieta su fattori di rischio per malattie cardiovascolari, anomalie riproduttive nei ragazzi o alcune infiammazioni della pelle come l’eczema.

Spesso si tende a pensare all’alimentazione biologica come a cibo sano o di maggior qualità nutrizionale. Tuttavia, spesso questa è solo una percezione. È ormai chiaro che è l’alimentazione nel suo complesso a influenzare significativamente la salute. Negli ultimi decenni, diverse revisioni, metanalisi e rapporti scientifici hanno valutato l’importanza clinica di eventuali differenze. Gli alimenti biologici non sono più nutrienti, e quindi preferirli non porta ad avere un’alimentazione più sana. Analizzando prodotti biologici come frutta e verdura a confronto con cibi di agricoltura convenzionale non si evidenzia, infatti, una variazione significativa in termini di macronutrienti (proteine, grassi, carboidrati). Gli alimenti dell’agricoltura biologica possono in alcuni casi contenere livelli leggermente superiori di acidi grassi, vitamine e antiossidanti. Tuttavia, tali differenze sono minime, rispetto ai prodotti convenzionali, ed è improbabile che influenzino in modo significativo la salute, soprattutto nei Paesi in cui la diponibilità di nutrienti è già elevata.

Anche se rimangono aperte molte questioni sulla sicurezza a lungo termine dei pesticidi nella dieta convenzionale, con preoccupazioni crescenti per effetti neurotossici e interferenze sul sistema endocrino, a oggi non ci sono prove cliniche sufficienti che dimostrino che una dieta biologica porterebbe a benefici per la salute rispetto a una dieta convenzionale equilibrata.

La dieta biologica protegge dal cancro?

L’alimentazione ha un ruolo importante nella prevenzione oncologica. Ciò ha suscitato un crescente interesse verso i prodotti biologici, percepiti come una possibile strategia efficace di prevenzione contro il cancro. Ma è davvero così?

Erroneamente si tende a pensare che il consumo di alimenti biologici, che a livello assoluto ha una concentrazione minore di sostanze come i pesticidi, possa influenzare il rischio oncologico. In altre parole, si è portati a credere che la riduzione dell’esposizione ai pesticidi grazie al consumo di cibo biologico possa ridurre il rischio di cancro.

Sebbene alcuni studi osservazionali abbiano rilevato correlazioni tra consumo di cibi biologici e ridotto rischio oncologico, queste associazioni non sono sufficienti a dimostrare un nesso diretto di causa ed effetto.

Ad esempio, i risultati del “Million Women Study”, uno studio epidemiologico inglese, e del “Nutri-Net Santé”, uno studio sostenuto dal governo francese, hanno trovato associazioni tra consumo di cibo biologico e riduzione del rischio di linfoma non-Hodgkin e cancro al seno dopo la menopausa.

Nell’ambito di quest’ultimo studio, in particolare, i ricercatori hanno messo a punto, nel 2009, un’analisi prospettica su un particolare gruppo di popolazione, per analizzare la relazione tra nutrizione e salute in 70.000 adulti francesi volontari con un’età media di 44 anni. Le persone coinvolte sono state sottoposte a questionari online in cui venivano poste domande su abitudini sulla dieta. In particolare, è stato attribuito un punteggio sul consumo di 16 specifici prodotti biologici nella misura di” mai consumato, occasionalmente o più volte”, sull’attività fisica, il consumo di sigarette. Inoltre una volta all’anno le persone ricevevano anche domande specifiche sullo stato di salute clinica. Dopo 7 anni, in circa mille donne è stato diagnosticato un caso di cancro (prevalentemente al seno) e, in misura minore, sono emersi casi di cancro alla prostata negli uomini, con meno di un centinaio di casi di linfoma non-Hodgkin.

Studi come questi possono indicare una correlazione, ma non dimostrano che il consumo di biologico sia la causa diretta della riduzione del rischio di cancro. Questo perché altri fattori legati alla dieta o alle abitudini e ai comportamenti a lungo termine potrebbero influire significativamente. È stato peraltro riscontrato che generalmente chi consuma cibi biologici è più attento alla salute: segue un’alimentazione più sana, ricca di fibre e a basso contenuto di grassi saturi, limita il consumo di carni rosse, alcool e fumo e in generale ha minori probabilità di essere obeso o in sovrappeso. In altre parole, riduce alcuni importanti fattori di rischio per il cancro.

La ricerca ha permesso di individuare alcune sostanze da eliminare o limitare fortemente. Per esempio, molti pesticidi usati negli anni Settanta e Ottanta oggi sono vietati, e la lista continua ad aggiornarsi con l’evolversi delle conoscenze scientifiche.
I risultati delle ricerche scientifiche permettono di riconoscere il valore dell’agricoltura biologica per la sostenibilità ambientale. Non consentono tuttavia finora di affermare che i prodotti biologici siano direttamente e di per sé più salutari per i consumatori rispetto a quelli convenzionali.

Gli studi osservazionali, come riportato dalla comunità scientifica, vanno presi con cautela. Seppure utili per individuare tendenze, non permettono tuttavia di stabilire nessi di causa ed effetto tra le sostanze studiate e gli eventuali problemi rilevati.
Ciò che si cerca di comprendere è se il fatto di consumare cibo biologico, e quindi avere una minor esposizione ai pesticidi (con caratteristiche potenzialmente cancerogene) influenzi il rischio di sviluppare un cancro.
A oggi è difficile separare tutti i fattori che vengono coinvolti quando si parla di alimentazione e quindi è difficile rilevare la causalità diretta. Per stabilire un legame causale tra dieta biologica e riduzione del rischio di cancro, sarebbero necessari studi randomizzati controllati di lunghissimo termine, che al momento mancano.

Un lavoro di revisione delle attuali conoscenze scientifiche, sugli effetti del consumo di prodotti biologici e sulla possibile riduzione del rischio dei più diffusi tipi di cancro, è stato pubblicato nel 2025. I risultati di tale metanalisi indicano che il rischio complessivo di sviluppo di cancro al cancro al seno, del colon-retto o del linfoma non-Hodgkin non è influenzato dalla frequenza del consumo di cibo biologico. Gli autori sottolineano però la limitatezza delle conclusioni; non c’è infatti omogeneità nelle metodologie seguite dagli studi analizzati. Inoltre vi possono essere discrepanze nei dati forniti dai partecipanti agli studi e difficoltà nel quantificare con precisione l’assunzione di alimenti biologici, anche per alcune incongruenze sulle definizioni di “biologico”.

A livello complessivo è emerso che è più probabile che fattori come il mantenimento di un peso salutare, un’attività fisica quotidiana e una dieta varia ed equilibrata incidano maggiormente sul rischio di cancro. Come ha riportato l’American Cancer Society, consumare frutta e verdura nelle quantità consigliate, anche da agricoltura convenzionale, supera i potenziali rischi derivanti dall’esposizione ai pesticidi. Questo è particolarmente vero nei contesti, come l’Unione europea, dove le norme sui limiti di residui sono rigorose. Il consiglio è quindi di consumare più frutta e verdura, anche da coltivazioni convenzionali, e di non farsi sopraffare dalle preoccupazioni, anche perché spesso l’opzione biologica è più costosa e meno accessibile a tutte le fasce della popolazione.

In conclusione

A oggi non ci sono evidenze solide per affermare che consumare cibi da agricoltura convenzionale sia pericoloso o più rischioso che assumere quelli da agricoltura biologica. Stabilire una correlazione tra consumo di alimenti biologici e minor rischio di cancro è un compito complesso, a causa di numerose limitazioni e fattori confondenti. Tali fattori peraltro interferiscono spesso anche negli studi osservazionali sulle possibili associazioni. Il consumo di frutta e verdura, indipendentemente dai metodi agricoli di produzione, rimane una delle strategie più efficaci per la prevenzione oncologica. Il biologico può essere una scelta consapevole per rispettare maggiormente l’ambiente, ma non è una condizione necessaria per mangiare più sano e prevenire il rischio di sviluppare un cancro.

  • Denise Cerrone

    Laureata magistrale in Scienza dei materiali presso l’Università di Milano-Bicocca, appassionata di piante e acquerelli e divoratrice di saggi scientifici. Scrive di scienza dal 2021 per una rivista online Mountain Genius parlando di natura e ambiente. Ha approfondito lo studio delle tecniche di comunicazione e giornalismo scientifico grazie ai corsi de Il Post e Feltrinelli. Collabora con AIRC per la produzione e revisione di materiale divulgativo sui temi della prevenzione oncologica.