Ultimo aggiornamento: 12 febbraio 2024
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L’acrilammide (o propenammide) è una molecola organica formata da atomi di carbonio, ossigeno, idrogeno e azoto. L’acrilammide pura a temperatura ambiente si presenta sotto forma di cristalli bianchi. È prodotta a livello industriale soprattutto come intermedio chimico per la sintesi di poliacrilammide, usata nel trattamento di purificazione delle acque.
L’acrilammide si forma negli alimenti come risultato della reazione tra alcuni zuccheri e l’aminoacido asparagina, in seguito a cotture a temperature molto alte, che in casa si possono raggiungere con la frittura, in forno o con la griglia per periodi prolungati. Risale al 2002 il primo studio che dimostra che la cottura dei cibi è in grado di generare acrilammide e come siano in particolare le alte temperature a causare la sua formazione. Quantità modeste di acrilammide si sviluppano anche nella tostatura di cereali e caffè.
Nel 2016 l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha cercato di stimare a quanta acrilammide alimentare siamo esposti. Sulla tavola degli adulti i principali responsabili dell’assunzione alimentare di acrilammide sono i prodotti fritti a base di patate (fino al 49 per cento dell’assunzione totale), seguiti dal caffè (34 per cento) e dal pane morbido (23 per cento). Per i bambini e gli adolescenti la fonte principale di acrilammide è rappresentata da prodotti a base di patate fritte (fino al 51 per cento), seguiti da dolci e pasticceria (15 per cento), pane morbido, biscotti e cereali da colazione. Negli adolescenti è rilevante il contributo di patatine fritte e merendine (11 per cento), mentre nei più piccoli contano molto gli alimenti trasformati a base di cereali (fino al 14 per cento dell’esposizione).
È importante sottolineare che questa sostanza si trova anche nelle sigarette, tanto che i livelli di acrilammide nel sangue dei fumatori sono da tre a cinque volte più elevati di quelli che si osservano nei non fumatori. È possibile entrare in contatto con l’acrilammide anche per motivi professionali, soprattutto in settori come la lavorazione della carta, l’industria tessile, la fonderia e le costruzioni.
Dai risultati del primo studio, pubblicati nel 2002, numerosi ricercatori in tutto il mondo hanno cercato di comprendere quanto il consumo dell’acrilammide prodotta nella lavorazione e cottura degli alimenti potesse influenzare la salute e il rischio oncologico in particolare.
Le ricerche condotte in animali da laboratorio hanno dimostrato che l’esposizione all’acrilammide aumenta il rischio di tumore. Una volta ingerita, l’acrilammide viene assorbita dall’intestino, distribuita a tutti gli organi e metabolizzata principalmente in glicidammide. Gli animali di laboratorio esposti all’acrilammide per via orale presentano una maggiore probabilità di andare incontro a mutazioni del DNA, che favoriscono la comparsa del cancro, e proprio la glicidammide sembra esserne la causa più probabile. Questi esperimenti sono stati condotti utilizzando dosi molto elevate del composto, fino a 10.000 volte quelle assunte dalle persone con il cibo: anche per questa ragione è difficile estendere i risultati agli esseri umani.
Per quanto riguarda gli studi epidemiologici sugli esseri umani, alla fine del secolo scorso l’acrilammide era stata associata a un aumentato rischio di cancro in lavoratori esposti alla sostanza, ma a dosi molto superiori a quelle alimentari. I dati disponibili non permettono di affermare con certezza che l’esposizione all’acrilammide da alimenti faccia aumentare il rischio di cancro. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’acrilammide come sostanza “probabilmente cancerogena per gli esseri umani” (Gruppo 2A). Alcune ricerche sui disturbi neurologici hanno poi messo in luce che l’acrilammide è una sostanza neurotossica, ma anche in questo caso servono ulteriori prove prima di giungere a conclusioni definitive.
Le quantità di acrilammide alimentare che si dovrebbe consumare perché il rischio diventi preoccupante sono verosimilmente incompatibili con un’alimentazione equilibrata e varia. Il rapporto dell’EFSA, tuttavia, conclude che è consigliabile evitare di esporsi inutilmente all’acrilammide alimentare, dato che non esiste una dose soglia al di sotto della quale si può essere completamente tranquilli. Sulla base di questa raccomandazione, nel 2017 l’Unione europea ha adottato un regolamento che impone alle imprese del settore alimentare di prendere provvedimenti per ridurre i livelli di questa sostanza nei processi produttivi e nei loro prodotti.
Se eliminare del tutto l’acrilammide dalla tavola è praticamente impossibile, è possibile ridurne l’assunzione adottando qualche accorgimento: primo, evitare i cibi bruciati o marroncino intenso, preferendo quelli leggermente dorati; secondo, variare le modalità di cottura, preferendo bollitura, cottura al vapore e temperature più basse; terzo, prediligere alimenti a basso contenuto di amido. Al di là dell’acrilammide che possono contenere, abusare di merendine, dolci e prodotti da forno aumenta il rischio di sovrappeso e obesità, che sono fattori di rischio per diversi tipi di tumori.
Alcuni studi hanno dimostrato che le patate coltivate in terreni con poco zolfo accumulano meno asparagina e di conseguenza formano meno acrilammide con la cottura. Mettere in ammollo le patate prima della cottura può ridurre anche del 40 per cento la formazione di acrilammide, mentre prolungare di soli due minuti la tostatura del pane, per esempio da 3 a 5 minuti, può aumentare il contenuto di acrilammide anche di oltre 3 volte: da 31 microgrammi per chilogrammo fino a 118 microgrammi per chilogrammo (in relazione al tipo di pane e dalla temperatura).
Gli esperti della IARC hanno esaminato oltre 1.000 studi scientifici e hanno concluso che non ci sono prove che il consumo di caffè aumenti il rischio di sviluppare il cancro. L’EFSA ha proposto come valore di riferimento per l’acrilammide una dose giornaliera di 170 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno: superando questa dose l’incidenza di tumori aumenterebbe in misura lieve. Secondo i risultati di una ricerca portoghese, un espresso contiene circa 30 microgrammi di acrilammide. Considerando solo l’acrilammide contenuta nel caffè, per un uomo adulto di corporatura media (70 chilogrammi) il rischio di tumori aumenterebbe se bevesse ben 400 tazzine di espresso al giorno.
L’acrilammide che si forma in seguito alla cottura o alla tostatura di numerosi alimenti, in particolare quelli più ricchi di amido, è stata classificata come probabile cancerogeno per le persone. In attesa di ulteriori studi che possano confermare con certezza il legame tra assunzione di acrilammide e cancro, gli esperti consigliano di limitare l’esposizione a questa sostanza scegliendo con cura gli alimenti e le tecniche di cottura e seguendo un’alimentazione sempre varia ed equilibrata.
Agenzia Zoe