“Drug holiday”, in oncologia, indica la possibilità di sospendere le cure oncologiche per alcuni periodi. Le ricerche hanno mostrato che questa pratica avrebbe esiti differenti a seconda del tipo di tumore. Serviranno ulteriori indagini per comprendere se la strategia può inserirsi nell’ambito delle cure oncologiche per ciascun paziente.
Negli ultimi anni, in ambito oncologico, si è parlato di frequente delle cosiddette “drug holiday”, ovvero di pause programmate dai trattamenti di lunga durata. Si tratta di un tema non nuovo in altre branche della medicina. In oncologia se ne discute da un po’, anche alla luce dei miglioramenti dei risultati ottenibili con alcune terapie innovative. La domanda “Posso sospendere la terapia per qualche giorno, magari durante le feste?”, che molti pazienti pongono agli specialisti, nasce da esigenze comprensibili: il peso degli effetti collaterali, il desiderio di vivere un periodo di maggiore serenità con la famiglia, la necessità di recuperare energie dopo mesi o anni di cure continuative. Nel trattamento dei tumori, però, ogni pausa deve essere valutata con estrema attenzione, sulla base dei risultati di studi clinici validati e soppesati dall’oncologo.
Il concetto di sospensione controllata dei farmaci da prendere a vita è noto almeno fin dagli anni Cinquanta, quando in psichiatria si sperimentavano i cosiddetti “giorni liberi da farmaco” per ridurre la tossicità cumulativa, che cioè deriva dall’accumulo di un medicinale nell’organismo. In particolare, gli studi riguardavano la sospensione del litio nei pazienti con disturbo bipolare. Successivamente anche in neurologia sono state adottate strategie simili: nella gestione della malattia di Parkinson prima e di alcune forme di epilessia e del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) poi. A partire dagli anni Novanta la “drug holiday” è stata esplorata anche nella terapia con farmaci biologici di diverse malattie autoimmuni (artrite reumatoide, malattia di Crohn, rettocolite ulcerosa). L’obiettivo era lo stesso: ridurre gli effetti collaterali a lungo termine delle terapie, senza per questo condizionare il controllo delle diverse malattie ottenuto grazie ai trattamenti. In oncologia i farmaci da assumere a lungo, a volte per anni o a vita, sono stati introdotti un poco più tardi. Gli oncologi, sollecitati anche dalle esperienze in altri campi della medicina, hanno cominciato a chiedersi se un approccio simile potesse avere senso anche per i trattamenti antitumorali, soprattutto quando la terapia è prolungata nel tempo e gli effetti collaterali sono persistenti.
I potenziali benefici che possono essere ottenuti con la “drug holiday” sono vari. Da un punto di vista clinico, una sospensione ben pianificata può ridurre la tossicità cumulativa, permettere il recupero di energia e benessere e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Per alcuni farmaci, soprattutto le terapie mirate o immunoterapiche, è stato ipotizzato e in parte osservato che pause ben pianificate possano influire positivamente sullo sviluppo di resistenze al trattamento. A ciò va aggiunto che le pause possono anche alleggerire il carico di lavoro clinico e ridurre i costi sanitari. Purché, naturalmente, i pazienti siano seguiti con un attento follow-up.
In oncologia la valutazione della “drug holiday” è stata considerata per diversi tipi di terapie e l’attenzione è ripresa di recente con il crescente utilizzo dell’immunoterapia. L’avvento degli inibitori dei checkpoint immunitari ha trasformato il panorama terapeutico di diverse neoplasie. Questi farmaci, grazie a un meccanismo d’azione completamente diverso rispetto alla chemioterapia tradizionale e alle altre terapie a bersaglio molecolare, stimolano il sistema immunitario del paziente per riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Tale meccanismo d’azione innovativo permette anche di ipotizzare che l’attivazione del sistema immunitario possa persistere a lungo, anche durante periodi di sospensione dei trattamenti. Una sospensione dei farmaci prevede una pausa nella somministrazione o nell’assunzione per una durata determinata dal medico, che può variare da pochi giorni ad alcune settimane o, in casi selezionati, a qualche mese, sempre sulla base di una valutazione individuale.
Diverse possono essere le ragioni alla base della decisione di sospendere temporaneamente una terapia. Le più comuni includono:
Un’altra considerazione può essere l’ipotesi di una sospensione temporanea del trattamento alla luce di una risposta terapeutica eccellente, per ridurre sia gli effetti collaterali cumulativi sia la necessità di recarsi di frequente in ospedale per effettuare visite, esami e cure.
In tutti questi casi, la scelta di sospendere temporaneamente il trattamento può non essere banale. L’oncologo valuta le caratteristiche della malattia, il tempo intercorso dall’avvio della terapia, le risposte ai trattamenti e gli eventuali effetti collaterali. In base al quadro complessivo, il medico può acconsentire o meno a un periodo di sospensione. In caso di interruzioni più lunghe sono in genere stabiliti criteri rigorosi per monitorare i pazienti durante la pausa: visite, esami e un piano definito per la ripresa della terapia qualora emergano segnali di progressione.
Al momento, non esiste una risposta univoca su come gestire le sospensioni dei farmaci in diversi contesti di malattia. Le maggiori incognite sono il potenziale di progressione o di recidiva al momento della sospensione e l’incertezza sulla nuova risposta della malattia alla ripresa dei trattamenti. Nemmeno l’ultima revisione sul tema, condotta da un gruppo di farmacisti ospedalieri in Italia, ha chiarito in maniera risolutiva i quesiti. Dopo aver passato in rassegna 27 studi, perlopiù retrospettivi, gli autori hanno concluso che lo scenario è ancora piuttosto incerto. L’articolo, pubblicato nel 2025 sul Journal of oncology pharmacy practice, ha evidenziato che a oggi non vi sono dati statisticamente significativi a sostegno della “drug holiday”. Ciò nonostante sono stati osservati alcuni benefici, soprattutto in termini di qualità di vita e riduzione degli effetti collaterali, in alcune forme avanzate di tumore della prostata, carcinoma basocellulare e tumore della tiroide.
Dati rassicuranti, anche se non ottenuti nel contesto di malattie avanzate, vengono dallo studio SOLE. I risultati, pubblicati sul Journal of Clinical Oncology, mostrano che il trattamento intermittente con terapia ormonale contro il tumore al seno non avrebbe un impatto negativo sulla sopravvivenza libera da malattia rispetto al trattamento continuo.
A fronte di tali incertezze, non stupisce che le principali linee guida oncologiche internazionali e i percorsi diagnostico-terapeutico assistenziali (PDTA) nazionali non includano per il momento la “drug holiday” come strategia di routine nella gestione dei trattamenti contro i tumori solidi. Uno dei problemi risiede anche forse nel fatto che gli studi sul tema definiscono la “drug holiday” in modo vario e generico, come un’interruzione del trattamento che dura più di un certo numero di giorni. Inoltre, sono stati valutati periodi di diversa durata, da 7-14 giorni fino a 3 mesi. A ciò si aggiunge che nelle casistiche considerate si annoverano sia i trattamenti intermittenti sia le interruzioni programmate, dovute alla gestione di eventi avversi.
Un ulteriore livello di complessità riguarda la classificazione dei percorsi terapeutici. Secondo diversi ricercatori, l’introduzione di una pausa terapeutica potrebbe creare ambiguità nella definizione della linea di trattamento. La sospensione temporanea deve essere considerata una vera discontinuità o parte integrante della cura? Al momento la risposta non è definita e non è presente in nessun documento ufficiale redatto da società scientifiche.
Per tutte queste ragioni, l’uso di periodi di pausa rimane confinato alla pratica clinica individuale, previo accordo tra medico e paziente, o a protocolli sperimentali. Servono infatti evidenze più solide per consolidare la pratica della “drug holiday”.
Nei casi in cui si proceda a una pausa terapeutica è importante il ruolo dei familiari e dei caregiver: il loro contributo è infatti considerato cruciale per garantire continuità e sicurezza nella gestione quotidiana dei pazienti.
È importante osservare con attenzione eventuali cambiamenti nei sintomi o nel benessere generale, magari annotando ciò che potrebbe essere utile agli oncologi al momento della rivalutazione. La pausa dai trattamenti, inoltre, non fa scomparire tutti i problemi. Alcuni effetti collaterali possono persistere e richiedere supporto medico, così come può emergere la necessità di una rassicurazione emotiva, dato che la sospensione può generare sensazioni contrastanti e anche ansia. È utile mantenere un contatto costante con gli specialisti, riferendo prontamente eventuali variazioni significative e chiarendo eventuali dubbi sugli altri farmaci da continuare a prendere, che non vanno modificati autonomamente. Favorire una routine equilibrata, con riposo adeguato, idratazione e attività leggere, può contribuire al recupero delle energie. Infine, accompagnare i pazienti nella preparazione alla ripresa della terapia, sia sul piano pratico sia su quello psicologico, può aiutare a vivere la “drug holiday” come parte del percorso di cura e non come un’interruzione disorientante.
In oncologia, il termine drug holiday indica la sospensione temporanea delle cure oncologiche per un periodo definito. Si tratta di una pausa programmata nei trattamenti di lunga durata, i cui effetti possono variare in base al tipo di tumore. La possibilità di inserire questa strategia nel percorso di cura dipende da valutazioni individuali e da evidenze scientifiche ancora in fase di consolidamento.
La sicurezza di una sospensione temporanea delle terapie oncologiche non è uguale per tutti. I possibili effetti dipendono dal tipo di tumore, dalla fase della malattia e dalla terapia in corso. Le principali incognite riguardano il rischio di progressione o recidiva durante la pausa e la risposta alla ripresa del trattamento.
La richiesta di una pausa terapeutica può essere legata al peso degli effetti collaterali, al bisogno di recuperare energie dopo lunghi periodi di cura e al desiderio di vivere momenti importanti, come le feste, con maggiore serenità. In alcuni casi incidono anche difficoltà pratiche legate agli accessi frequenti in ospedale.
I medici possono considerare di consigliare una drug holiday in situazioni selezionate, per esempio in presenza di effetti collaterali legati all’accumulo del farmaco, di difficoltà logistiche per le somministrazioni o di risposta terapeutica particolarmente favorevole, con l’obiettivo di ridurre gli effetti collaterali cumulativi e gli accessi frequenti alle strutture sanitarie.
Sì. La sospensione temporanea delle terapie comporta potenziali rischi, tra cui la possibilità di progressione o recidiva della malattia durante la pausa e l’incertezza sulla risposta alla ripresa del trattamento. Le evidenze scientifiche disponibili non sono ancora sufficienti per considerare la drug holiday una pratica standard.
Sentirsi affaticati o provati durante un percorso oncologico è comprensibile. In questi casi è importante parlare delle difficoltà legate alle cure, soprattutto quando gli effetti collaterali diventano pesanti o prolungati. Ogni eventuale pausa terapeutica deve essere attentamente valutata dal medico curante e monitorata laddove prevista.
No. Una drug holiday non equivale ad abbandonare le cure, ma a sospenderle temporaneamente per un periodo definito. Durante la pausa sono previsti controlli, esami e criteri chiari per la ripresa del trattamento qualora emergano segnali di progressione della malattia.
Durante una pausa terapeutica, familiari e caregiver hanno un ruolo fondamentale. È importante osservare eventuali cambiamenti nei sintomi o nel benessere generale, mantenere un contatto costante con gli specialisti e non modificare autonomamente altri farmaci. Alcuni effetti collaterali possono persistere e la sospensione può generare ansia o incertezze; accompagnare il paziente anche sul piano emotivo e nella preparazione alla ripresa delle cure contribuisce alla sicurezza del percorso.
Fabio Di Todaro
Articolo pubblicato il:
22 dicembre 2025