Ultimo aggiornamento: 1 febbraio 2025
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La colangio-pancreatografia endoscopica retrograda (ECRP) è una procedura invasiva che consente di stabilire cosa impedisca il deflusso della bile e dei succhi pancreatici nell'intestino e di intervenire direttamente per risolvere il problema. Si basa sulla combinazione di endoscopia e radiologia per studiare i dotti che portano all'intestino i succhi prodotti dal pancreas e la bile prodotta dal fegato e immagazzinata nella cistifellea. L'ERCP si utilizza, per esempio, qualora sia necessario rimuovere calcoli e in presenza di tumori delle vie biliari, pancreatiche e della papilla di Vater (una sorta di valvola situata nel duodeno in cui sboccano i dotti biliari e pancreatici).
L’uso della ERCP a scopo esclusivamente diagnostico è stato soppiantato da metodi non invasivi quali la risonanza magnetica (colangio RM) e l’ecoendoscopia (EUS).
Il paziente viene fatto sdraiare su un lettino e gli vengono somministrati dei farmaci sedativi per via endovenosa. La procedura prevede l’utilizzo di un endoscopio, un sottile tubo contenente fibre ottiche per illuminare e una lente per ingrandire le immagini dei tessuti. Questo viene introdotto attraverso la bocca, lungo l’esofago e lo stomaco, fino ad arrivare al duodeno. A questo punto si inserisce nell’endoscopio una cannula ancora più sottile per raggiungere l’orifizio della papilla di Vater, allo scopo di iniettare un mezzo di contrasto: in questo modo l’apparecchio radiografico sotto il quale il paziente è sdraiato permette di visualizzare eventuali calcoli, neoplasie o restringimenti nei dotti biliari o pancreatici.
Una volta individuata la causa di ostruzione dei dotti, il medico può intervenire introducendo, sempre attraverso l’endoscopio, gli strumenti necessari a risolvere il problema, siano calcoli delle vie biliari o tumori, mentre in caso di restringimento dei dotti (stenosi) può posizionare delle protesi per ripristinare il passaggio dei succhi nel duodeno. Durante l’ERCP è possibile anche effettuare prelievi di cellule (tramite “brushing”) o di piccoli frammenti di tessuto (biopsie) a scopo diagnostico.
Generalmente tutti, ma è sconsigliato alle donne in gravidanza poiché l’indagine usa raggi X che possono nuocere al feto.
L’esame dura da 30 a 60 minuti circa, a seconda della complessità della procedura e di eventuali trattamenti che il medico può decidere di effettuare.
Occorre essere a digiuno da almeno 8 ore e sospendere l’eventuale assunzione di farmaci antiaggreganti e anticoagulanti seguendo le indicazioni del proprio medico. È necessario astenersi dal fumo almeno dal giorno prima.
No, si effettua in sedazione e al paziente vengono somministrati farmaci allo scopo di rendere la procedura indolore.
La procedura viene effettuata sotto sedazione e in regime di ricovero ospedaliero. Il giorno successivo all’esame, se non sono insorte complicazioni, il paziente può essere dimesso e tornare a casa, anche da solo.
La procedura è ben tollerata e sicura. Esiste tuttavia la possibilità di complicanze (fino al 10% dei casi, con complicanze severe registrate in circa l’1% dei pazienti). La più frequente è una pancreatite acuta, una reazione infiammatoria del pancreas che si manifesta con un dolore addominale persistente e forte, ma che generalmente si presenta in forma lieve e risolvibile con una terapia medica in pochi giorni. Complicanze ancora più rare sono le infiammazioni delle vie biliari, le emorragie e le perforazioni del duodeno.
L’esecuzione dell’esame non comporta rischi a lungo termine.
Dopo l’ERCP il paziente deve stare a riposo ed essere sottoposto a esami del sangue di controllo. È previsto un ricovero ospedaliero con un periodo di osservazione di 24 ore. In assenza di complicanze si può tornare a casa il giorno seguente.
In casi selezionati è possibile effettuare la procedura anche in regime di day hospital, ovvero con ricovero diurno: dopo alcune ore di osservazione il paziente può essere dimesso, ma è necessario che non torni a casa da solo.
Al termine dell’esame bisogna stare a riposo e a digiuno. Nell’arco delle 24 ore successive, se non si manifestano complicanze, si deve seguire una dieta semiliquida, continuando a evitare sforzi. Dal giorno successivo alla dimissione si potranno riprendere alimentazione e attività normali.
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Autore originale: Michela Vuga
Revisione di Sofia Corradin in data 31/01/2025
Michela Vuga