Ultimo aggiornamento: 24 settembre 2018
“Science Translational Medicine” pubblica i risultati di una ricerca IEO-IIT, sostenuta da AIRC, sull’efficacia dell’associazione di due farmaci già in uso in clinica contro il linfoma “double-hit”, una sottoclasse tra le più aggressive di linfoma a cellule B.
Milano, 31 gennaio 2018 - La sinergia fra due farmaci, l’antibiotico Tigecycline e l’inibitore della proteina BCL2, Venetoclax, già in uso in clinica, potrebbe rappresentare la cura tanto attesa per i linfomi a cellule B detti “double-hit”, una delle forme di linfoma più aggressive e potenzialmente letali. Lo dimostra una ricerca congiunta dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Istituto Italiano di Tecnologia, sostenuta dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, i cui risultati sono pubblicati oggi sulla autorevole rivista Science Translational Medicine. I ricercatori guidati da Bruno Amati, Direttore di Divisione al Dipartimento di Oncologia Sperimentale dello IEO, hanno scoperto in un contesto preclinico che l’associazione dei due farmaci Venetoclax e Tigecycline, approvati separatamente per diverse patologie, produce un forte effetto anti-tumorale. In cavie di laboratorio trapiantate con linfomi “double-hit” umani la progressione del tumore si arresta e in alcuni casi si ottiene la piena eliminazione.
«L’idea di associare i due farmaci per trovare una cura per i linfomi double-hit nasce dai nostri studi decennali sulle diverse funzioni del gene MYC, fondamentale nell’origine e lo sviluppo di diversi tipi di tumore - spiega Amati-. Il termine “double-hit” deriva dal fatto che in questa grave forma di linfoma sono attivati ben due oncogeni, MYC e BCL2. In un precedente lavoro abbiamo scoperto che l’attivazione di MYC sensibilizza le cellule tumorali al trattamento con antibiotici, che in queste condizioni favorisce l’apoptosi, cioè il suicidio delle cellule cancerose. Ma se anche BCL2 è attivo, per via della sua capacità di bloccare l’apoptosi, protegge le cellule da questo effetto e quindi frena la morte delle cellule tumorali neutralizzando l’azione dell’antibiotico. Fortunatamente nel 2017 è stato approvato in Europa il primo farmaco inibitore di BCL2, il Venetoclax. Il nostro ragionamento è stato: se si può inibire BCL2 mentre MYC è attivato, l’antibiotico dovrebbe essere in grado di fare la sua parte. Ecco dunque l’idea di combinare l’azione di Tigecycline e Venetoclax, e i risultati che ci hanno dato ragione: l’apoptosi si è riattivata nelle cellule tumorali e il tumore è regredito».
«I risultati del nostro lavoro - continua Micol Ravà, prima autrice dello studio insieme ad Aleco d’Andrea - sono preclinici, cioè ottenuti in cavie di laboratorio nelle quali sono state trapiantate cellule umane tumorali. Ma le conseguenze per i pazienti sembrano evidenti e realizzabili in breve tempo: un esempio di come la ricerca di base e preclinica possa offrire indicazioni traslazionali alla clinica. Nello specifico, i due farmaci che abbiamo studiato sono già in uso per altre patologie e ora, sulla base dei dati pubblicati, possiamo proporre il loro “repurposing”, vale a dire una nuova indicazione per i pazienti con linfoma double–hit».
Con qualche cautela. «Il passaggio alla fase clinica – conclude Amati – è ancora tutto da elaborare, ma lavorare in un IRCCS dove ricerca e cura sono strettamente integrati ci permette di proseguire questo percorso senza interruzione. Stiamo già collaborando con il nostro Programma di Emato-oncologia, un’eccellenza IEO, allo scopo di iniziare entro l’anno una sperimentazione clinica di fase uno in pazienti con linfoma di sottotipo double-hit».
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