Diagnosi del tumore alla prostata: ancora più informazioni dalla biopsia?

Ultimo aggiornamento: 5 novembre 2025

Diagnosi del tumore alla prostata: ancora più informazioni dalla biopsia?

Titolo originale dell'articolo: Chromatin remodeling restrains oncogenic functions in prostate cancer

Titolo della rivista: Nature Communications

Data di pubblicazione originale: 16 ottobre 2025

Grazie alla stretta collaborazione tra medici e ricercatori, è stato realizzato un nuovo sistema diagnostico che, se ulteriormente validato in gruppi ampi di pazienti, potrebbe aiutare a individuare le persone più idonee alla rimozione della prostata al momento della diagnosi.

È stato sviluppato un nuovo sistema diagnostico per prevedere la progressione del tumore alla prostata e individuare i pazienti che potrebbero trarre maggiore beneficio dalla prostatectomia, la rimozione dell’organo colpito dal tumore. L’approccio è basato su una “firma” molecolare individuata da un gruppo multidisciplinare di ricercatori che lavorano al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), all’istituto di oncologia molecolare di AIRC (IFOM) e all’IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. I risultati della ricerca, svolta anche grazie al supporto di AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

Il tumore alla prostata è il tipo di neoplasia più frequente tra gli uomini, ma la sua diagnosi continua a essere problematica per diversi motivi. Lo è nella prima fase di sviluppo del tumore, a causa dei limiti del test del PSA, un antigene i cui valori possono essere alterati sia in presenza della malattia sia per molti altri motivi. Poi, dopo aver accertato la presenza della malattia, “è molto difficile prevedere la progressione del tumore alla prostata, perché non cresce come un’unica massa, ma in modo disseminato” commenta Chiara Lanzuolo, del CNR, che ha coordinato il gruppo di ricerca. Di solito, dopo la diagnosi, i medici valutano parametri legati all’età o alle caratteristiche della neoplasia, fanno ulteriori esami, come la risonanza magnetica multiparametrica e la biopsia prostatica, e spesso decidono di ricorrere all’intervento di prostatectomia. Tuttavia, rimuovere la prostata sarebbe necessario soltanto in una minoranza di pazienti nei quali la malattia è particolarmente aggressiva. Infatti, nella maggior parte dei casi, definiti indolenti, il tumore non progredisce e l’operazione spesso provoca più effetti collaterali che benefici.

I sistemi di diagnosi di oggi, però, non sempre permettono di distinguere i tumori alla prostata indolenti da quelli aggressivi, e quindi individuare i pazienti più indicati per la prostatectomia al momento della diagnosi. L’idea dello studio è partita proprio da questa esigenza. La stretta collaborazione con gli urologi Giancarlo Albo ed Emanuele Montanari, del Policlinico di Milano, ha aiutato il gruppo di ricerca a sviluppare un progetto che rispondesse il più possibile ai problemi dei pazienti. Lo strumento di diagnosi è stato così pensato per ottenere maggiori informazioni dalla biopsia, un esame svolto di routine in ospedale per valutare l’effettiva presenza del tumore alla prostata nelle persone in cui c’è il sospetto di malattia, dopo un esame di PSA positivo. Dal punto di vista molecolare il nuovo approccio è basato su modificazioni epigenetiche, ossia differenze in fattori regolatori della cromatina del DNA che potrebbero permettere di cogliere differenze tra pazienti. Più in generale l’epigenetica è un’area della biologia dedicata alla comprensione degli elementi che si attaccano al DNA senza modificarne la sequenza, ma influenzandone sia la struttura, più o meno compatta, sia l’accessibilità alle informazioni contenute.

Nello studio, i ricercatori hanno analizzato il profilo epigenetico di 25 pazienti, un piccolo gruppo rispetto ai grandi numeri di pazienti che ricevono ogni anno la diagnosi. “All’inizio volevamo descrivere le differenze tra i tessuti tumorali e sani di controllo, ma con il passare del tempo ci siamo accorti che esistono due gruppi di pazienti all’interno della stessa neoplasia” spiega Lanzuolo. Grazie al lavoro in laboratorio di Valentina Rosti del CNR e il contributo bioinformatico del gruppo di Francesco Ferrari di IFOM, i due gruppi di ricerca hanno individuato una firma molecolare di 18 geni, che distingue due tipi di cancro alla prostata caratterizzati da una diversa prognosi. Si tratta dei gruppi ad alto e basso rimodellamento della cromatina, in gergo chiamati ad alto e basso livello di compartimentalizzazione. Secondo i risultati dello studio, le neoplasie con un minor rimodellamento della cromatina presentano modifiche nella regolazione del DNA in punti chiave che promuovono la formazione di metastasi. Invece, quando il rimodellamento è maggiore si riducono le capacità del tumore di migrare e di conseguenza migliora la prognosi.

Dopo aver individuato la firma molecolare in laboratorio, il gruppo di ricerca ha svolto numerosi esperimenti con i dati internazionali relativi a oltre 900 pazienti per validarne la capacità di prevedere la prognosi dei pazienti. Infine, l’ha brevettata. “Vorremmo ora riuscire a testare questo strumento, insieme agli attuali esami di diagnosi per qualche anno, per vedere se è possibile introdurlo in clinica” spiega la ricercatrice. Per la validazione occorreranno studi clinici in gruppi ampi di pazienti in diversi centri. Si tratta di un percorso lungo, ma potrebbe essere facilitato dalla realtà in cui è nato lo studio. “Lavoriamo in un ambiente dove lo scambio di idee e informazioni tra medici e ricercatori è continuo” conclude Lanzuolo. “Può sembrare banale, ma non è scontato. Credo che sia un grande vantaggio per migliorare la ricerca e adattarla alle esigenze cliniche dei pazienti.”

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/