Dieta vegetariana: pro e contro

Negli ultimi anni la dieta vegetariana si è consolidata tra le abitudini alimentari di una parte della popolazione italiana. Sempre più forte è la consapevolezza che una dieta basata prevalentemente sul consumo di alimenti vegetali possa favorire la riduzione del rischio di sviluppare patologie croniche, tra cui i tumori. Contemporaneamente si è sempre più diffusa anche l’idea che le scelte alimentari possono influenzare la salute del nostro pianeta.

Le motivazioni per cui aderire a questo modello di alimentazione sono quindi numerose, ma ci sono delle attenzioni da prestare quando si sceglie di cambiare le proprie abitudini alimentari.

Ecco dunque una piccola guida per chi ha fatto la scelta vegetariana, affinché sia più consapevole di alcuni possibili rischi che possono presentarsi quando si elimina una categoria di alimenti dalla propria dieta.

I diversi modi di dire vegetariano

Prima di entrare nel merito di quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi di una dieta vegetariana, è importante fare chiarezza sui diversi modelli alimentari che possono rientrare in questa definizione. I possibili problemi e gli adattamenti da fare sono infatti diversi in base ai tipi di alimenti che vengono esclusi.

Il latto-ovo vegetarianesimo (LOV)

Chi adotta una dieta latto-ovo-vegetariana esclude dalla propria alimentazione la carne, i suoi derivati e qualsiasi specie animale commestibile acquatica (quindi pesci, molluschi e crostacei).

In questo modello alimentare sono ammessi il consumo di latte, dei suoi derivati (latticini e formaggi) e di uova, oltre che di tutti gli alimenti di origine vegetale.

Complessivamente si tratta di una dieta equilibrata se ben pianificata, senza esagerare giornalmente con il consumo di uova e formaggi e badando bene a variare gli alimenti fonte di proteine includendo anche quelli di origine vegetale, soprattutto i legumi.

Il latto-vegetarianesimo

La dieta latto-vegetariana prevede invece di evitare il consumo, oltre che di carne, pesce e loro derivati, anche delle uova (considerate alla stregua di animali "in potenza").

I legumi dovrebbero essere ben presenti nei menù settimanali. Escludere le uova vuol dire rinunciare ad alcuni nutrienti fondamentali, come proteine di elevata qualità e la vitamina B12 (un solo uovo copre più della metà del fabbisogno giornaliero di tale vitamina per la popolazione adulta).

Tuttavia può non essere un problema eliminare le uova dalla propria alimentazione se si compensa bene con il consumo di alimenti di origine vegetale fonte di proteine e non col solo formaggio, e se si tiene d'occhio il livello della vitamina B12 eventualmente compensando le carenze con un integratore.

Il veganesimo

Chi adotta una dieta vegana esclude dalla propria alimentazione qualsiasi prodotto di origine animale, compresi uova e latte, consumando invece esclusivamente alimenti vegetali (tra cui le alghe).

Questo tipo di dieta è una versione più restrittiva di quella vegetariana e se non strutturata in modo accurato può comportare la comparsa di carenze nutrizionali. Pertanto è importante fare scelte accorte, da valutare con il proprio medico o un professionista nel campo della nutrizione, per introdurre tutti i nutrienti di cui l’organismo ha bisogno (soprattutto nelle fasi della vita più delicate come infanzia, gravidanza e allattamento, e negli anziani).

In particolare è bene prestare attenzione ai livelli assunti di proteine, vitamina B12, calcio, ferro, acidi grassi omega-3 e zinco. Per alcuni di essi è necessaria l’integrazione, per esempio la vitamina B12, un nutriente presente esclusivamente negli alimenti di origine animale.

La macrobiotica, il crudismo e il fruttismo

Le diete macrobiotica, crudista e fruttariana sono dei modelli alimentari distinte dalle diete vegetariane sopra descritte.

Sono prive di qualsiasi base salutistica e scientifica e il rischio di andare incontro a carenze e squilibri è maggiore rispetto alle diete vegetariane costruite basandosi sul principio di varietà.

La macrobiotica, inventata agli inizi del Novecento dal giapponese George Oshawa sulla base della filosofia zen, divide gli elementi secondo i principi orientali dello yin e dello yang.

Il crudismo e fruttismo rappresentano le forme più estreme di vegetarianesimo. Il crudismo prevede il consumo di soli alimenti vegetali crudi (cereali e legumi germogliati, frutta fresca e secca e semi, ma anche uova e latte), mentre secondo la dieta fruttariana, più restrittiva, bisognerebbe alimentarsi mangiando solo frutta fresca e secca, semi e alcune verdure.

Numerosi studi epidemiologici, che indagano la distribuzione e la frequenza delle malattie o altri eventi in una popolazione, evidenziano come una dieta basata prevalentemente sul consumo di alimenti di origine vegetale sia fondamentale per mantenere lo stato di salute. In generale la dieta di tipo mediterraneo tradizionale a oggi si è dimostrata più efficace nel contributo alla prevenzione dalle patologie croniche più diffuse nel nostro Paese, come tumori, malattie cardiovascolari, diabete e patologie respiratorie.

Tuttavia i ricercatori hanno anche valutato se altri modelli alimentari potessero avere effetti simili. In particolare hanno considerato, tra le diete più seguite nei Paesi occidentali e asiatici, quelle che comunemente rientrano nella definizione di dieta vegetariana: la latto-ovo vegetariana e la vegana.

Quali sono i benefici della dieta vegetariana?

Secondo un Position Paper dell’Academy of Nutrition and Dietetics, le diete vegetariane, se correttamente pianificate, possono favorire lo stato di salute. In particolare chi segue una dieta vegetariana ha un rischio ridotto di ammalarsi di determinate condizioni cliniche, tra cui cardiopatia ischemica, diabete di tipo 2, ipertensione, alcune forme tumorali e obesità.

Un basso apporto di alimenti ricchi di grassi saturi e un elevato consumo di verdura, frutta, cereali integrali, legumi, prodotti a base di soia, frutta secca e semi (alimenti ricchi di fibre e fitocomposti) sono le caratteristiche delle diete vegetariane che favoriscono la riduzione dei livelli ematici di colesterolo totale e a bassa densità (LDL) e un miglior controllo del carico glicemico dopo un pasto.

I benefici sono dovuti anche a un consumo minore di zuccheri e sale.

Inoltre, le persone che abitualmente consumano più alimenti di origine vegetale tendono anche a essere più attente alla salute, seguendo stili di vita più sani (generalmente non sono fumatori, non consumano alcol e sono attivi fisicamente). Tutte queste condizioni contribuiscono alla riduzione della probabilità di sviluppare le malattie croniche sopra elencate.

Le raccomandazioni del Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, stese da un gruppo di esperti della scienza della nutrizione e non solo, invitano a introdurre nella propria dieta alimenti di origine vegetale e a limitare il consumo di carni rosse e conservate e in generale di alimenti lavorati (spesso ricchi in zuccheri, grassi e sale) per la prevenzione delle malattie oncologiche.

Il segreto per un’alimentazione sana ed equilibrata, sta soprattutto nelle quantità: per diminuire il rischio di ammalarsi non è necessario eliminare del tutto i cibi di origine animale (come latte e uova, ma anche carne). È certamente utile, però, limitarne il consumo, e aumentare l'apporto di frutta, verdura e legumi.

Benefici anche per l'ambiente

Le diete basate prevalentemente sul consumo di alimenti di origine vegetale sono studiate per i loro benefici non solo sulla salute ma anche per l'ambiente, ed è evidente come le scelte alimentari di tutti i giorni possono influenzare anche il benessere del pianeta.

In generale gli allevamenti sembrano utilizzare più risorse idriche e di suolo e produrre più gas serra rispetto alle coltivazioni di alimenti vegetali (come legumi e frutta a guscio).

È bene però ricordare che mangiare in modo sostenibile non vuol dire solo prediligere il consumo di alimenti vegetali, ma anche ridurre gli sprechi alimentari.

Che cosa contengono di così prezioso gli alimenti di origine vegetale?

Sebbene nella composizione nutrizionale degli alimenti sono presenti in quantità differente i diversi nutrienti (carboidrati, proteine, grassi, vitamine e minerali), alcuni elementi sono esclusivi del mondo vegetale (cereali, legumi, frutta fresca e a guscio, verdura e semi oleosi).

Fibra alimentare

Le fibre alimentari non sono un nutriente vero e proprio ma un insieme di composti che svolgono numerose azioni positive per la salute, in particolare nell’ultimo tratto dell’apparato digerente (il colon-retto).

Malgrado il nostro organismo non possieda gli enzimi necessari per digerire le fibre, i microrganismi che popolano il tratto intestinale possono utilizzarle come nutrimento, producendo dei metaboliti dagli effetti benefici per la nostra salute. Le fibre favoriscono quindi la proliferazione di microrganismi più utili per noi.

Le azioni positive delle fibre alimentari non finiscono qui. Una volta giunte nell'intestino, facilitano il transito, regolano l'assorbimento di altre sostanze nutritive, favorendo un maggiore senso di sazietà, diminuendo i livelli nel sangue di trigliceridi e colesterolo e riducendo il carico glicemico dei pasti.

I risultati di numerosi studi dimostrano che i soggetti che consumano più frequentemente alimenti ricchi di fibre hanno un rischio più basso di sviluppare malattie croniche (in particolare tumore del colon, eventi cardiovascolari e diabete di tipo 2).

Per preservare lo stato di salute, è consigliato per la popolazione adulta assumere 25-30 grammi di fibra al giorno. Per raggiungere questa quantità, è necessario non solo consumare frutta e verdura almeno 5 volte al giorno, ma includere nella dieta anche cereali e derivati, preferibilmente nella versione integrale, e legumi.

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I fitocomposti

Composti bioattivi che negli ultimi anni hanno destato molto interesse nella ricerca scientifica, i fitocomposti sono caratteristici esclusivamente degli alimenti di origine vegetale.

Le piante producono questi composti sia per difendersi da stress ambientali (luce, predatori, insetti, patogeni) sia per svolgere altre funzioni. Servono per esempio a produrre i pigmenti necessari a richiamare gli insetti responsabili dell’impollinazione, e sono quindi indispensabili alla riproduzione della pianta stessa.

Oltre a favorire la normale fisiologia delle piante, sembrerebbe che i fitocomposti abbiano un ruolo positivo anche per la salute umana, in particolare nella prevenzione di molte malattie croniche.

Non sono nutrienti indispensabili per lo sviluppo, ma studi di laboratorio mostrano come alcuni fitocomposti modulino molte attività biologiche. Sebbene alcune ricerche abbiano fatto registrare promettenti e interessanti risultati su un possibile effetto benefico di queste sostanze, negli esseri umani è necessario approfondire gli studi per confermare tali conclusioni.

Un esempio per tutti: il betacarotene, precursore della vitamina A e contenuto prevalentemente nei vegetali arancioni, sembrerebbe in studi di laboratorio rallentare la proliferazione delle cellule tumorali. In effetti i soggetti che consumano più alimenti che contengono betacarotene hanno un minor rischio di sviluppare una patologia oncologica, in particolare cancro ai polmoni. Sono tuttavia necessari ulteriori studi per verificare se la correlazione è dovuta effettivamente a questo composto.

Si potrebbe ipotizzare che l'assunzione di un integratore di betacarotene o altri fitocomposti possa avere lo stesso effetto protettivo di una dieta ricca di vegetali. In realtà le ricerche hanno dimostrato che così non è. I vegetali sono infatti una miscela non facilmente replicabile di sostanze, ognuna delle quali aiuta l’altra a funzionare meglio.

Grassi

Olio extravergine d’oliva, legumi, semi oleosi e frutta a guscio sono ricchi di grassi insaturi, definiti anche grassi “buoni”. In un’alimentazione salutare andrebbero privilegiati rispetto ai grassi saturi che si trovano in carne e derivati, latte, formaggi e uova, e che dovrebbero consumati in misura minore.

Discorso diverso vale per il pesce, che contiene tipi di grassi particolarmente importanti per la salute.

Le diete vegetariane, quindi, sono caratterizzate dall’introduzione ridotta di grassi saturi. Consumare in eccesso questi grassi può favorire l’aumento di peso corporeo, con conseguente aumento del rischio di sviluppare malattie croniche, tra cui i tumori, e l’incremento dei livelli ematici di colesterolo nel sangue, compromettendo la salute di cuore e arterie.

Viceversa, i grassi “buoni” sono alleati dell’appartato cardiovascolare e aiutano a mantenere il peso nella norma, riducendo il rischio di sovrappeso e obesità.

Studi recenti che hanno confrontato i diversi modelli alimentari mostrano che chi segue una dieta vegetariana ha un indice di massa corporea inferiore rispetto a chi segue una dieta onnivora (l’indice di massa corporea è un parametro utilizzato nella scienza della nutrizione per valutare il peso corporeo di un soggetto).

Gli elementi che non possono mancare in una dieta vegetariana

 

Il gruppo di lavoro della Società italiana di nutrizione umana ha affermato che la dieta vegetariana non comporta rischi per la salute quando è pianificata in modo equilibrato. In questo caso, infatti, la dieta vegetariana può rispondere al fabbisogno energetico della popolazione adulta e può essere seguita nelle diverse condizioni fisiologiche del ciclo della vita. Tuttavia, nell’infanzia e nell’adolescenza, o in periodi di gravidanza e allattamento, può essere utile affidarsi a un medico o un nutrizionista, che saprà consigliare e valutare le scelte più adeguate da fare in base alle esigenze nutrizionali.

Il segreto sta nel consumare una gran varietà di cibi, nella quantità giusta. Vi sono comunque alcuni componenti della dieta ai quali è necessario fare particolare attenzione, vediamo quali sono.

Le proteine

Le proteine costituiscono tutti i tessuti del nostro corpo, in primo luogo i muscoli. Inoltre partecipano alla formazione degli ormoni e degli enzimi e forniscono energia, esattamente come i grassi e gli zuccheri.

In una dieta vegetariana, la maggior parte delle proteine dovrebbe provenire dai legumi (ceci, lenticchie, fagioli, piselli, soia, ecc.) e da cereali e derivati (pane, pasta, riso, farro, orzo, avena, grano saraceno ecc.).

Eppure in tanti credono che chi segue le diete vegetariane, in particolare quella vegana, sia a rischio di carenza proteica. Questo non è sempre vero, purché la dieta preveda varietà nel consumo di alimenti, in particolare la combinazione nell’arco della giornata di legumi e cereali.

I primi contengono molte proteine, anche se di qualità inferiore a quelle della carne, uova e latticini. Nei legumi non si trovano infatti tutti gli aminoacidi essenziali, cioè i mattoncini costitutivi delle proteine che il nostro organismo non è capace di sintetizzare da zero.

I cereali, invece, contengono buone quantità di quegli aminoacidi che sono scarsi nei legumi, e per questo l'associazione tra i due tipi di alimenti (come nella pasta e fagioli, nella pasta e lenticchie e nelle insalate di farro e legumi) è una valida alternativa alla fettina di carne.

Non è indispensabile comunque consumare cereali e legumi nello stesso pasto, gli alimenti vegetali fonte di proteine possono essere distribuiti nei vari momenti della giornata per ottenere lo stesso obiettivo.

Dati scientifici alla mano, le proteine di origine vegetale sono però meno digeribili rispetto a quelle di origine animale, contenute in carne, latte e uova.

Per questo, potrebbe essere opportuno per i vegetariani consumare una quantità di proteine leggermente superiore rispetto a quanto suggerito per la popolazione generale. Anche se, come ribadito dalla Società italiana di nutrizione umana, le evidenze scientifiche mostrano che generalmente nelle diete vegetariane l’apporto proteico è adeguato.

Per le persone in condizioni di elevato fabbisogno (come donne in gravidanza e allattamento, bambini in crescita e anziani) si può raggiungere facilmente questo incremento variando giornalmente tutte le fonti vegetali.

La vitamina B12

La vitamina B12 è essenziale per il funzionamento dell'organismo, in particolare del sistema nervoso e del fegato. Si trova principalmente in alimenti di origine animale. Per questo la sua possibile carenza è una delle principali criticità da affrontare quando si segue una dieta strettamente vegetariana.

Tra gli alimenti vegetali, le alghe possono presentare quantità molto variabili di vitamina B12 e per questo non rappresentano una garanzia di un’adeguata assunzione. Inoltre alcune specie di alghe contengono molecole simili alla vitamina B12 che però sono biologicamente inattive e che possono addirittura ridurre la biodisponibilità delle forme attive.

Il cosiddetto tempeh, un alimento fermentato ricavato dai semi di soia gialla, è spesso considerato da molti vegetariani come una buona fonte di vitamina B12, anche se le evidenze scientifiche a oggi non lo dimostrano.

Per questi motivi, si consiglia a tutti coloro che seguono una dieta vegetariana di confrontarsi con uno specialista della scienza della nutrizione (nutrizionista o dietista) o con il medico curante per integrare la propria alimentazione con fonti affidabili di vitamina B12 (alimenti fortificati o integratori).

Il ferro

Il ferro è un micronutriente fondamentale per il trasporto dell'ossigeno ai tessuti: è contenuto nell'emoglobina, il pigmento dei globuli rossi. Una sua carenza determina sintomi quali stanchezza, pallore e fragilità dei tessuti a rapido ricambio come sangue, capelli e unghie.

Oltre che nella carne, il ferro è presente in molti alimenti di origine vegetale, come legumi, cereali e addirittura alcuni tipi di verdure (principalmente a foglia verde, come la rucola e il radicchio) e frutta a guscio (per esempio pistacchi, mandorle e arachidi).

L’assorbimento del ferro in una dieta vegetariana si aggira intorno al 5-12 per cento, mentre in quella onnivora al 14-18 per cento. Per questo a chi segue una dieta latto-ovo-vegetariana o vegana si raccomanda di assumere l’80 per cento di ferro in più rispetto agli onnivori.

Se da un lato è vero che il ferro presente nei vegetali si trova nella forma meno facile da assorbire, il cosiddetto ferro non-eme, dall’altro lato si può favorire il suo assorbimento trasformando la forma chimica in quella maggiormente assimilabile (forma eme) attraverso piccoli accorgimenti in cucina.

  • L’abbinamento con alimenti che contengono acido ascorbico, o vitamina C, favorisce l’assorbimento di ferro. Cosa fare? Si può utilizzare del succo o della scorza di limone per condire un secondo piatto di legumi; accompagnare il piatto con un contorno di peperoni o pomodori crudi; oppure concludere il pasto con fragole, kiwi e arance. Questo suggerimento è da tenere a mente anche per gli alimenti di origine animale fonte di ferro, che presentano una buona percentuale di ferro non-eme.
  • Alcune modalità di preparazione degli alimenti (macinazione, ammollo e germinazione di cereali e legumi, lievitazione acida del pane) permettono una rottura parziale dei composti con capacità legante del ferro (fitati e tannini). Questi composti sono generalmente presenti negli alimenti ricchi di fibra, in particolare nei legumi.

Quindi le diete vegetariane sono in grado di fornire quantità adeguate di questo minerale variando l’alimentazione e adattando alcune strategie. L’integrazione di ferro è necessaria solamente in specifiche situazioni che dovranno essere definite da proprio medico, dopo una valutazione clinica dello stato del ferro.

Il calcio

Il calcio è un elemento fondamentale per il funzionamento delle cellule, per il consolidamento delle ossa e dei denti.

Le fonti vegetali di calcio sono principalmente i legumi e i prodotti derivati dalla soia (tofu, bevanda vegetale a base di soia), alcuni vegetali a foglia verde (cime di rapa, verze scure, biete), frutta secca e alcuni semi oleosi. Tuttavia, la biodisponibilità di questo minerale negli alimenti vegetali è minore rispetto alle più conosciute fonti di calcio (latte e i suoi derivati, yogurt e formaggi) perché al loro interno sono spesso presenti dei composti, prevalentemente ossalati e fitati, che possono formare dei complessi insolubili con il calcio, responsabili del ridotto assorbimento.

I soggetti più a rischio di carenza sono quelli che seguono una dieta vegetariana più restrittiva, con l’esclusione anche di latte e derivati.

I vegani, quindi, dovrebbero prestare attenzione nella composizione dei loro pasti, in particolare aumentando il consumo di alimenti che sono una buona fonte di calcio (verdure a basso contenuto di ossalati e fitati, soia e derivati) e introducendo prodotti fortificati di questo minerale (come le bevande vegetali, nelle quali i sali di calcio presentano una biodisponibilità simile a quella del latte).

Infine, anche l’acqua è un’importante fonte altamente disponibile di questo minerale. Tenere a portata di mano durante i pasti e nell’arco della giornata una borraccia può sicuramente contribuire al fabbisogno giornaliero di calcio.

Lo zinco

Lo zinco è un micronutriente necessario a molte reazioni biochimiche ed è coinvolto nel funzionamento del sistema immunitario.

Più della metà del contenuto di zinco nelle diete onnivore proviene da carne e derivati, prodotti lattiero-caseari, prodotti della pesca e uova, e circa il 40 per cento da alimenti vegetali. Tra questi, i più ricchi di zinco sono i cereali integrali, i legumi, la frutta secca e i semi oleosi.

Contemporaneamente, questi vegetali presentano una quantità elevata di fitati, ossalati e fibra, composti che possono legarsi allo zinco e limitarne l’assorbimento a livello intestinale.

Si stima infatti che nelle diete vegane e latto-ovo-vegetariane l’assorbimento vari tra il 15-26 per cento, mentre in una dieta onnivora tra il 33 e il 35 per cento.

Come per il ferro, alcune modalità di preparazione possono migliorare la biodisponibilità di zinco, andando a degradare questi composti. Per esempio, una valida strategia è rispettare i tempi di ammollo e cottura di legumi e cereali.

Inoltre, nelle diete vegetariane si suggerisce di aumentare l’apporto di zinco e di consumare alimenti ricchi di questi minerali accompagnati da vegetali fonte di acidi organici, che si trovano prevalentemente nella frutta e nelle verdure della famiglia delle Brassicaceae (broccoli, cavoli ecc.).

Gli acidi grassi omega-3

Generalmente le diete vegetariane sono più ricche dei cosiddetti grassi buoni rispetto alle diete onnivore. Ciò a cui si deve prestare attenzione è una particolare classe di grassi insaturi, gli omega-3, che hanno effetti benefici per la prevenzione delle malattie croniche.

Negli alimenti di origine vegetale l’unico acido grasso omega-3 presente è l’acido α-linolenico (ALA). Si tratta del capostipite di questa classe di composti, da cui il nostro organismo è in grado di produrre acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA), chiamati anche omega-3 a lunga catena. Nelle diete onnivore, EPA e DHA si ottengono principalmente dal pesce.

La raccomandazione per i vegetariani è di:

  • Introdurre regolarmente nella dieta alimenti ottime fonti di ALA. Ne sono ricchi la frutta a guscio come le noci e i semi oleosi (semi di lino, di chia e olio derivati da questi). Al fabbisogno giornaliero degli acidi grassi omega-3 a lunga catena possono contribuire anche le alghe.
  • Favorire la conversione di ALA in EPA e DHA prestando attenzione ad assumere adeguatamente alcuni nutrienti (proteine, piridossina, biotina, calcio, rame, magnesio e zinco).
  • Limitare il consumo di alimenti che presentano sostanze che possono interferire con il processo di conversione, come acidi grassi omega-6, acidi grassi trans e alcol.

Infine, potrebbe essere necessario integrare con fonti di microalghe a contenuto titolato, in alcune fasi della vita in cui il fabbisogno di omega-3 fisiologicamente aumenta (donne in gravidanza, in allattamento e bambine e bambini fino a 2 anni di vita) o nelle persone che possono presentare una capacità di conversione minore, come anziani o pazienti affetti da malattie croniche.

Una dieta a base vegetale è sempre positiva per la salute?

Non è detto che se un prodotto è costituito prevalentemente da ingredienti vegetali sia automaticamente sano. Per seguire una dieta sana ed equilibrata, basata per lo più o esclusivamente su alimenti vegetali, bisogna comunque prediligere alcuni alimenti e limitare il consumo di altri.

La quantità e la frequenza sono sempre fondamentali in una dieta vegetariana, ed è bene tenere sottocchio grassi, zuccheri e sale.

Per esempio, tra gli scaffali del supermercato sono sempre più presenti i cosiddetti burger vegetali, consumati in alternativa alla carne, che spesso sono ricchi di sale; 100 g di prodotto possono apportare anche più di 1 grammo di sale. Un consumo eccessivo di sale – l’Organizzazione Mondiale della sanità suggerisce di non superare i 5 grammi al giorno – favorisce gli eventi cardiovascolari, aumenta il rischio di ammalarsi di alcune forme tumorali e può incrementare le perdite urinarie di calcio, minerale a cui soprattutto chi segue un’alimentazione vegetariana deve prestare attenzione.

Leggere le etichette alimentari, in particolare la tabella nutrizionale e la lista degli ingredienti, può quindi aiutare a fare scelte consapevoli anche seguendo una dieta vegetariana.

Perché si diventa vegetariani?

Si può intraprendere una dieta vegetariana in autonomia ma, qualunque sia la motivazione per cui si sceglie di seguire un modello alimentare di questo tipo, è importante informarsi correttamente su come bilanciare la propria alimentazione.

A volte può risultare difficile muoversi tra la grande vastità di informazione e interpretare correttamente i dati, in queste situazioni potrebbe essere utile rivolgersi a un professionista della salute (nutrizionista, dietista e dietologo).

Inoltre è sempre bene informare il proprio medico curante, specialmente se si sta seguendo una particolare cura o se non si è in uno stato fisiologico ottimale.

In Italia, secondo i dati estrapolati dal dossier Eurispes 2020, tra le motivazioni che portano a seguire una dieta vegetariana si trovano per lo più quella legata al benessere e alla salute e il rispetto del mondo animale.
Anche la motivazione ambientale viene sposata da gran parte degli italiani che segue una dieta vegetariana, affermando che un’alimentazione onnivora non è sostenibile per la salvaguardia del pianeta.

Come aumentare il consumo di alimenti vegetali?

Qualunque sia la motivazione per cui si voglia aderire a un modello di dieta vegetariana, o semplicemente se si vuole seguire uno stile di vita più salutare, ecco alcuni consigli per aumentare il consumo di alimenti vegetali:

  • Riduci la frequenza del consumo di carne prediligendo i legumi.
  • Frutta e verdura vanno mangiate almeno 5 volte al giorno.
  • Come spuntino, limita l’assunzione di alimenti e bevande ricchi di grassi saturi, zucchero e sale (snack, patatine, bibite ecc.) ma opta per frutta fresca o a guscio (non salata).
  • Consuma anche i cereali in chicco (orzo, farro, avena, ecc.). Difficilmente questi alimenti si abbinano con condimenti a base di carne, ma sono ottimi con verdure e legumi.
  • Utilizza spezie ed erbe aromatiche per dare sapore ai tuoi piatti e limita l’uso di condimenti ricchi in sale e grassi saturi.
  • Aggiungi semi oleosi nello yogurt o nelle insalate per arricchirli di grassi insaturi, quelli “buoni”.
  • Tra le bevande vegetali, solo quella di soia può considerarsi un valido sostituito al latte dal punto di vista proteico.
  • Controlla sempre l'etichetta nutrizionale dei prodotti con ingredienti vegetali.

Alimenti di origine animale e cancro

Studi epidemiologici autorevoli su alimentazione e salute hanno associato da tempo il maggiore consumo alimenti di origine animale, in particolare di carni rosse e processate, a un aumentato rischio dell’insorgenza dei tumori.

Deve però essere tenuto a mente che la nutrizione è una scienza complicata da studiare. Estrapolare un singolo alimento o un singolo nutriente dalla dieta di un soggetto e associarlo al rischio di malattie definite multifattoriali, come il cancro, lo è ancora di più.

Quel che è certo è che non siamo liberi di mangiare ciò che più ci piace nella quantità e frequenza che vogliamo, perché ci sono ricerche che dimostrano i benefici di una dieta ricca di vegetali e gli effetti negativi per la salute di un’alimentazione basata prevalentemente sul consumo di alimenti di origine animale.

Gli esperti ricordano anche i limiti degli studi epidemiologici, basati perlopiù su risposte a questionari, fornite da persone interrogate sulle proprie abitudini di vita durate molti decenni. E chiaro che si tratta di risposte che non possono essere più di tanto precise.

Inoltre il cancro è una malattia che dipende da molti fattori e certamente non basta intervenire su un singolo elemento per modificare in modo sostanziale il rischio a livello individuale, ma bisogna agire su tutte le abitudini non salutari della persona.

Maggiori approfondimenti sull’argomento sono disponibili ai link qui sotto:

  • Redazione AIRC

  • Articolo pubblicato il:

    10 maggio 2021