Tumore del pene

Il tumore del pene è piuttosto raro e la sua prognosi è da considerarsi sostanzialmente favorevole nelle fasi precoci di malattia.

Ultimo aggiornamento: 5 settembre 2025

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Il cancro del pene riguarda l'organo sessuale esterno maschile, che fa parte anche del sistema urinario dell’uomo. È un organo erettile costituito da diversi tipi di tessuti (pelle, nervi, e vasi sanguigni) e attraversato da un canale, detto uretra, che serve a svuotare la vescica dalle urine (con la minzione) e a emettere il liquido seminale (con l'eiaculazione).

All’interno del pene si trovano due camere chiamate “corpi cavernosi” e un’altra, detta “corpo spongioso”, che riveste l’uretra. Le camere contengono un intreccio di vasi sanguigni responsabili del fenomeno dell’erezione: in risposta a segnali da parte del sistema nervoso, il sangue si concentra nei corpi cavernosi e nel corpo spongioso, provocando l’espansione dei tessuti tramite la vasodilatazione e un sistema di valvole che la mantengono. Dopo l’eiaculazione, il sangue torna a defluire dal pene al resto della circolazione e il pene riprende il suo aspetto a riposo.

Tutte le cellule che costituiscono il pene possono trasformarsi e dare origine a un tumore, anche se questo processo non è molto frequente: il tumore del pene è, infatti, piuttosto raro.

La parola all'esperto

L'urologo Francesco Montorsi parla dei tumori del pene e fa il punto sui progressi della ricerca su queste malattie.

Quanto è diffuso

Il carcinoma squamocellulare del pene colpisce all’incirca 1 maschio su 100.000 nei Paesi occidentali, mentre in alcune aree dell’Africa sub-sahariana, del Sud America e del Sud-est asiatico i numeri sono più elevati, arrivando a circa 3–7 casi ogni 100.000 uomini.

È invece quasi inesistente nelle comunità dove si pratica la circoncisione alla nascita (comune fra gli ebrei e negli Stati Uniti) o prima della pubertà (frequente nelle popolazioni musulmane), mentre è un poco più diffuso nei Paesi in via di sviluppo.

L'età media di insorgenza della malattia è 60 anni nei Paesi sviluppati, 50 nei Paesi meno sviluppati.

Chi è a rischio

Il principale fattore di rischio è rappresentato dall'infezione da HPV (papilloma virus umano) che si contrae generalmente per contatto sessuale fra genitali, cavo orale e canale anale. Si tratta di un virus già noto per essere legato ad altri tipi di tumore come quello della cervice uterina, della vulva, dell'ano, del cavo orale e della gola. Si stima che l’infezione da HPV, in particolare causata dai ceppi 16 e 18, è responsabile di più del 50% dei casi di carcinoma del pene e di quasi l’80% delle neoplasie intraepiteliali peniene (PeIN). Una vita sessuale con molti partner, l'età precoce del primo rapporto sessuale e una storia di condilomi sono associati a un rischio 3-5 volte maggiore di sviluppare questo tumore. Per questa ragione, in Italia, la vaccinazione contro il papillomavirus viene somministrata gratuitamente sia alle ragazze sia ai ragazzi a partire dagli 11 anni, anche se in alcune regioni i tempi e le modalità di gestione della campagna vaccinale possono variare. La pratica della circoncisione neonatale sembra ridurre la trasmissione dell’HPV e quindi l'incidenza del tumore del pene nel maschio e della cervice uterina nelle partner femminili. La comparsa di cancro cervicale in una donna non è invece legata a un aumento dell'incidenza del tumore del pene nel partner sessuale.

Altri fattori di rischio noti per il tumore del pene sono la fimosi, cioè il restringimento della cute del prepuzio (il lembo di pelle che ricopre il glande, ossia la testa del pene), che può essere congenita o acquisita, l'età avanzata, condizioni infiammatorie croniche (per esempio il lichen sclerosus), il trattamento con raggi ultravioletti (legato a volte alla cura di psoriasi o altre patologie) e il fumo.

Prevenzione

Per ridurre il rischio di tumore del pene è importante una buona igiene degli organi genitali ed evitare i fattori di rischio noti: attenzione quindi al fumo di sigaretta e ai comportamenti sessuali che aumentano il rischio di contrarre infezioni da HPV. Uno degli strumenti più efficaci per ridurre il rischio di sviluppare la malattia è la vaccinazione anti-HPV, che si è dimostrata particolarmente efficace nel prevenire le lesioni precancerose nei soggetti ad alto rischio.

La circoncisione, che consiste nella rimozione del prepuzio, se eseguita precocemente (in epoca neonatale o prepuberale) riduce di 3-5 volte l'incidenza del tumore del pene, mentre se è eseguita in età adulta non ha effetti protettivi. La scelta di sottoporsi a circoncisione al solo scopo di prevenire il tumore del pene non è tuttavia raccomandata dalle linee guida internazionali, anche perché la procedura comporta altri rischi. Può però essere indicata in presenza di fimosi o di infezioni croniche.

Tipologie

Il tumore del pene più comune è il carcinoma squamocellulare (95% dei casi) che trae origine dal rivestimento epidermico del glande e dalla parte interna del prepuzio, seguito dal carcinoma basaloide e dal tumore di Warty. Altre lesioni maligne che possono colpire il pene (meno dell’1% dei casi) sono le lesioni melanocitiche, i tumori mesenchimali e le metastasi derivanti da altri tumori (in particolare prostata, vescica e colon-retto).

Sintomi

In genere uno dei primi sintomi del tumore del pene è una variazione nell'aspetto della pelle che cambia colore e diventa più sottile o più spessa in alcune aree. A volte si formano piccole ulcerazioni o noduli sul pene, che possono essere più o meno dolorosi, oppure del tutto asintomatici. Altri segni possono essere piccole placchette superficiali biancastre o rossastre sulla superficie interna del prepuzio o sulla superficie del glande, talvolta accompagnate dalla produzione di una secrezione irritante. Anche rigonfiamenti a livello del glande potrebbero indicare la presenza di un tumore, mentre un gonfiore che interessa i linfonodi dell'inguine potrebbe essere il segno che la malattia si è diffusa anche oltre il sito di partenza.

Nessuno di questi sintomi è sufficiente per una diagnosi certa di tumore del pene, dal momento che gli stessi sintomi potrebbero essere causati anche da patologie benigne; per questo motivo è importante rivolgersi sempre al medico in caso di dubbio.

Diagnosi

La diagnosi del tumore del pene inizia con una visita nella quale il medico raccoglie informazioni dettagliate sui sintomi e sulla storia familiare del paziente e visita in modo accurato tutta la regione genitale per verificare la presenza di segni del tumore o di altre patologie. In caso si sospetti la presenza di un tumore, per arrivare a una diagnosi certa è necessario prelevare un campione di tessuto da analizzare successivamente al microscopio. Quando la lesione sospetta coinvolge il prepuzio, viene eseguita una circoncisone, che nella maggior parte dei casi può essere curativa. Se invece la lesione interessa il glande o il corpo del pene, si procede con una biopsia escissionale, che consiste nella rimozione della porzione superficiale della lesione.

Per stabilire quanto la malattia si sia diffusa, può essere necessario ricorrere a tecniche diagnostiche di imaging come l’ecografia peniena, la risonanza magnetica del pene e dell’addome inferiore per stabilire la stadiazione del tumore e analizzare i linfonodi inguinali, e, infine, la tomografia computerizzata (TC) o tomografia a emissione di positroni (PET), per valutare la presenza di eventuali metastasi.

Evoluzione

Come per molti altri tumori solidi, anche per il carcinoma squamocellulare del pene si utilizza il cosiddetto sistema di stadiazione TNM. Grazie a questo sistema è possibile assegnare uno stadio al tumore, cioè capire quanto è diffuso nell’organismo, tenendo conto dell'estensione locale della malattia (T), del coinvolgimento dei linfonodi (N) e della presenza di metastasi in organi distanti (M). La prognosi del tumore del pene è peggiore per i pazienti in cui la malattia si è diffusa ai linfonodi.

Un altro parametro importante per conoscere il tumore è il grado, ovvero la misura di quanto le cellule tumorali risultano anomale rispetto a quelle sane. Esistono 4 gradi per descrivere il tumore del pene: maggiore è il grado (più le cellule tumorali appaiono diverse da quelle sane) e maggiore è la tendenza della malattia a crescere e a diffondersi in altri organi.

Come si cura

Il tumore del pene è in genere curabile se diagnosticato nelle sue fasi più precoci. La scelta del trattamento più adatto dipende da diversi fattori come: tipo, posizione ed estensione del tumore, condizioni di salute generali del paziente e, in alcuni casi, anche preferenze del paziente sulla base degli effetti collaterali delle terapie.

La chirurgia è il trattamento più utilizzato per il tumore del pene in tutti i suoi stadi. Esistono diverse tecniche più o meno indicate a seconda delle caratteristiche della neoplasia. In particolare, nei casi di tumore superficiale non invasivo si procede con la chirurgia laser che distrugge le cellule più superficiali. Se invece il tumore non è ben localizzato si possono utilizzare la circoncisione, per asportare masse tumorali confinate al prepuzio. In alternativa si può procedere con l’asportazione semplice del tumore e di una piccola parte di tessuto adiacente con il bisturi. Un’altra possibilità è la chirurgia Mohs, che prevede l'asportazione di uno strato molto sottile di tessuto e la sua analisi: se ci sono cellule cancerose si procede con l'asportazione di uno strato alla volta fino a che se ne incontra uno completamente sano. In tutti questi casi si tratta di chirurgia conservativa, poiché si tende a conservare le caratteristiche estetiche e funzionali del pene. In altri casi invece, se il tumore ha già invaso l'organo in profondità, è necessario procedere con interventi più radicali con l'asportazione parziale (con eventuali ricostruzioni del glande) o totale del pene. In questi casi la chirurgia serve anche a rimuovere i linfonodi inguinali sia a scopo diagnostico (per capire se il tumore si è già diffuso), sia per eliminare quelli già intaccati da cellule cancerose.

L’asportazione chirurgica dei linfonodi (linfadenectomia) inguinali e talvolta di quelli pelvici rappresenta la strategia terapeutica principale per le forme localmente avanzate di malattia, eventualmente preceduta da un trattamento chemioterapico qualora la malattia sia giudicata oltre i confini dell’operabilità. Per i pazienti operati che presentano un esame istologico di alto rischio, la chemioterapia post-operatoria può essere presa in considerazione, anche se i dati di efficacia disponibili in letteratura sono limitati.

La radioterapia può essere utilizzata da sola, sotto forma di raggi o mediante piccoli "semi" radioattivi posizionati all'interno del tumore (brachiterapia), oppure può essere prescritta in combinazione con la chirurgia per ridurre il rischio che il tumore ritorni dopo l'asportazione o per rallentare la crescita nei casi di malattia in stadio già avanzato. I dati a supporto dell’efficacia della radioterapia sui linfonodi regionali nei pazienti con malattia localmente avanzata sono tuttavia ancora molto scarsi.

Negli ultimi anni, i risultati di diversi studi hanno aperto la strada a potenziali trattamenti innovativi. Tra questi si può ricordare l’immunoterapia dei checkpoint immunitari (con nivolumab, pembrolizumab e cemiplimab), che ha dimostrato di essere efficace in alcuni casi selezionati, soprattutto contro i tumori con alta espressione della proteina PD-L1 o a elevato carico mutazionale (TMB). Sono in fase di studio anche le mutazioni a carico dei geni TP53, CDKN2A, PIK3CA, FGFR3 e BRCA2 che, in futuro, potrebbero rappresentare nuovi potenziali bersagli terapeutici.

Per i pazienti con metastasi a distanza, la chemioterapia sistemica a scopo palliativo rappresenta l’unica opzione di trattamento.

Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.

Autore originale: Agenzia Zoe

Revisione di Raffaella Gatta in data 5/09/2025

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