Tumore dell’ipofisi

Nella stragrande maggioranza dei casi, il tumore dell’ipofisi è in realtà un adenoma e solo raramente è maligno.

Ultimo aggiornamento: 23 marzo 2023

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Cos'è

È detto tumore dell’ipofisi qualsiasi malattia oncologica che colpisce l’omonima ghiandola. L'ipofisi, o ghiandola pituitaria, è una ghiandola situata dentro il cranio, alla sua base. Pur essendo molto piccola, con dimensioni paragonabili a quelle di un pisello, ha un ruolo determinante poiché è collegata direttamente con una parte del cervello chiamata ipotalamo e garantisce il collegamento tra le attività del cervello e quelle del sistema endocrino per la produzione di determinati ormoni.

L'ipofisi è regolata dagli ormoni prodotti dall’ipotalamo e a sua volta produce ormoni che influenzano l’attività di altre ghiandole come tiroide, ghiandole surrenali e gonadi (ovaie e testicoli) denominate ghiandole bersaglio. Proprio per questa funzione di controllo è anche definita ghiandola maestra.

È costituita da due parti, una più grande (ipofisi anteriore) e una più piccola (ipofisi posteriore), ciascuna con una funzione specifica. In particolare, l’ipofisi anteriore produce gli ormoni che regolano l’attività di altre ghiandole endocrine: l’ormone della crescita, la tireotropina o TSH, la corticotropina o ACTH, le gonadotropine (ormone luteinizzante o LH e ormone follicolo-stimolante o FSH) e la prolattina. L’ipofisi posteriore è deputata all’immagazzinamento e al rilascio in circolo di vasopressina, nota come ormone anti-diuretico (ADH), e ossitocina, entrambi prodotti dall’ipotalamo. Di conseguenza, qualsiasi tumore colpisca la ghiandola si manifesterà con sintomi dovuti alle alterazioni della regolazione ormonale di altri organi, anche molto distanti.

Il tumore dell'ipofisi si sviluppa dalle cellule della ghiandola ipofisaria, in particolare si manifesta con più frequenza nell’ipofisi anteriore. Pur non essendo nella maggior parte dei casi maligno, può avere effetti importanti sulla salute, dal momento che manda in tilt il sistema di produzione e regolazione degli ormoni, o perché può comprimere o danneggiare nervi cranici e le adiacenti zone cerebrali.

Quanto è diffuso

Il tumore dell'ipofisi, nella maggioranza dei casi, è un adenoma e solo molto raramente è un carcinoma. Occasionalmente l’ipofisi può essere sede di metastasi di tumori originati in altre regioni del corpo, ma in questo caso non si può parlare propriamente di tumore dell'ipofisi.

L'adenoma ipofisario costituisce il 10-15 per cento di tutti i tumori intracranici. Ha una incidenza di 3-4 nuovi casi per 100.000 individui ogni anno: si tratta quindi di una patologia relativamente rara. Gli adenomi ipofisari colpiscono in egual misura uomini e donne e possono manifestarsi a qualsiasi età, sebbene siano più frequenti fra gli adulti e gli anziani.

Con la diffusione delle moderne tecniche radiologiche come la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM), la presenza di piccoli tumori ipofisari è stata rilevata in circa il 20 per cento di soggetti che hanno eseguito tali esami per altre ragioni. I piccoli tumori ipofisari di riscontro occasionale vengono definiti incidentalomi ipofisari. Il nome è già di per sé esplicativo: si tratta di tumori che non avevano dato segni della propria presenza e che sono stati rilevati per caso.

La frequenza di incidentalomi ipofisari fa supporre che l’adenoma ipofisario sia molto più comune di quanto si pensi, e che abbia però una crescita talmente lenta da non dare disturbi per un lunghissimo periodo di tempo o non darli affatto.

Il tumore maligno dell’ipofisi, o carcinoma, è molto raro (0,12 per cento di tutti i tumori ipofisari), perché è molto difficile che gli adenomi ipofisari evolvano verso forme maligne. Si tratta di una neoplasia maligna che tipicamente insorge tra la quarta e la sesta decade di vita, senza differenze di incidenza nei generi.

Chi è a rischio

In pochissimi casi il tumore dell’ipofisi sembra legato a una storia familiare, mentre generalmente compare nella forma sporadica, cioè non è trasmessa dai genitori e non sarà trasmessa ai figli. Altrettanto rari sono i tumori dell’ipofisi che fanno parte di sindromi genetiche caratterizzate da un rischio aumentato di sviluppare neoplasie, causate da mutazioni in specifici geni non ancora del tutto noti (un esempio è la sindrome della neoplasia endocrina multipla tipo 1, MEN 1, in cui sono state identificate alterazioni genetiche di un fattore nucleare chiamato menina).

Tipologie

Gli adenomi ipofisari si possono classificare in microadenomi (diametro inferiore a 10 mm) e macroadenomi (diametro uguale o superiore a 10 mm) oppure in funzionanti e non funzionanti, in base alla capacità di produrre o meno ormoni in eccesso. Quelli funzionanti possono inoltre essere classificati, e denominati, secondo il tipo di ormone prodotto, in adenomi che producono prolattina (prolattinomi, circa 4 adenomi su 10), adenomi che producono ormone della crescita (circa 2 su 10) e, più rari, adenomi che producono corticotropina o ACTH (circa 1 su 10), tireotropina o TSH e gonadotropine (meno di 1 su 10). Esistono anche adenomi che producono più di un tipo di ormone e altri che non ne producono affatto (circa 3 su 10).

Esistono altri tipi di tumori benigni a carico dell’ipofisi, come per esempio i teratomi; sono però molto meno comuni degli adenomi.

I carcinomi che, lo ribadiamo, sono rarissimi possono essere di difficile diagnosi anche all’esame istologico qualora non siano già presenti metastasi in altri organi e in particolare nel cervello, nel midollo spinale, nelle meningi e nella parte ossea che circonda l’ipofisi.

Sintomi

I sintomi dei tumori dell’ipofisi possono essere dovuti alla presenza di una massa nel cranio che occupa spazio oppure provocati dall’eccessiva produzione di un particolare ormone ipofisario. A volte i sintomi sono assenti e, nei casi di tumori non funzionali, si potrebbero manifestare soltanto quando il tumore arriva a una dimensione tale da esercitare pressione su nervi, altre zone del cervello o sull’ipofisi stessa. Tra i sintomi comuni, che si manifestano più frequentemente nei macroadenomi e nei carcinomi, vi sono mal di testa e alterazioni oculari per compressione delle vie ottiche, con riduzione del campo visivo. In presenza di adenomi di grandissime dimensioni possono comparire vomito, bulimia, sonnolenza, disorientamento e diabete insipido.

Il diabete insipido – che, nonostante il nome, non ha nulla a che fare con il metabolismo degli zuccheri – è una malattia legata alla carenza di vasopressina. Si tratta di un ormone immagazzinato nella porzione posteriore dell’ipofisi che, come accennato in precedenza, regola i processi che portano il rene a concentrare le urine. A causa della mancanza di tale ormone, le persone con diabete insipido sono costrette a bere quantità elevatissime di liquidi (anche 10 litri al giorno) per reintegrare quelli persi con le elevate quantità di urina prodotta. Oggi questa malattia viene curata tramite l’assunzione di questo ormone, sintetizzato in laboratorio.

Gli adenomi possono inoltre causare il malfunzionamento o la perdita di parte del tessuto dell’ipofisi sana e distruggere così il delicato equilibrio ormonale che regola le funzioni dell’organismo. Tra i sintomi più frequenti, dovuti una stimolazione alterata da parte dell'ipofisi degli organi bersaglio (tiroide, surrene e ghiandole sessuali): cefalea, nausea, affaticamento, sensazione di freddo, inspiegabile perdita o aumento di peso, irregolarità o perdita del ciclo mestruale nella donna e problemi di erezione e di riduzione della libido nell’uomo.

Questo tipo di tumore si manifesta soprattutto nell’età adulta e avanzata per cui molti dei segni e sintomi che lo caratterizzano possono essere erroneamente attribuiti ai processi fisiologici dell'invecchiamento (irregolarità o scomparsa del ciclo mestruale nella donna con la menopausa, impotenza e disturbi dell’erezione negli uomini).

Gli adenomi che producono ormoni determinano quadri clinici caratteristici. Uno degli ormoni più spesso prodotti dai tumori ipofisari è la prolattina: gli alti livelli tipici del prolattinoma provocano il blocco del ciclo mestruale in donne che non hanno ancora raggiunto la menopausa e possono anche causare una produzione anomala di latte dal seno (galattorrea). Nell’uomo, crescita del seno e disfunzione erettile sono i sintomi più frequenti del prolattinoma. Uomini e donne potrebbero inoltre soffrire di osteoporosi o perdita di interesse per la sfera sessuale.

Se invece il tumore dell’ipofisi incrementa i livelli circolanti di ormone della crescita, può provocare gigantismo nei bambini, caratterizzato da crescita veloce, altezza anche di molto superiore alla norma e dolori alle articolazioni. Negli adulti può invece portare ad acromegalia, caratterizzata a sua volta da crescita delle ossa di cranio, mani e piedi, dolori alle articolazioni, modifiche dell’aspetto legate alla crescita delle ossa facciali, e altre manifestazioni.

Il tumore dell’ipofisi che provoca un aumento della produzione di corticotropina o ACTH si manifesta negli adulti con sintomi come aumento di peso e dei peli sul corpo, gonfiore al viso, depressione o umore mutevole, alti livelli di zucchero nel sangue e ipertensione. Tali disturbi sono conseguenti a un innalzamento dei livelli di cortisolo nel sangue, stimolato dall’ACTH.

Il tumore dell’ipofisi che fa innalzare i livelli di tireotropina o TSH si presenta con sintomi come tremori, battito cardiaco irregolare o accelerato, perdita di peso, aumento dell’appetito, difficoltà a prendere sonno e ansia, determinati dalla maggiore produzione di ormoni tiroidei.

Infine, quando i tumori dell’ipofisi sono legati alla produzione di gonadotropine, possono causare irregolarità nel ciclo mestruale nelle donne e perdita di interesse per la sessualità e bassi livelli di testosterone negli uomini. Questo tipo di tumore spesso non causa sintomi, poiché la quantità di ormoni prodotta non è sufficiente, ma può crescere di dimensioni fino a provocare mal di testa e problemi alla vista.

Prevenzione

Sulla base delle conoscenze attuali non esiste alcuna forma di prevenzione contro il tumore dell’ipofisi.

Diagnosi

La diagnosi del tumore dell'ipofisi non è sempre facile. Il primo passo è un'attenta visita medica durante la quale lo specialista prende nota dei sintomi e della presenza in famiglia di altri casi di tumore dell'ipofisi o di alcune sindromi ereditarie.

Se in base ai risultati della visita resta il sospetto di tumore dell’ipofisi, il passo successivo è analizzare i livelli ormonali con un prelievo di sangue e un esame delle urine. Quando si sospetta che il tumore abbia ridotto la funzione della parte sana dell'ipofisi, si valutano i livelli sia degli ormoni ipofisari sia di quelli prodotti dalla ghiandola bersaglio. Infine, per confermare la diagnosi sono indicati esami di tipo neuroradiologico come la TC o la RM, che permettono di identificare lesioni anche di piccole dimensioni (meno di 2 mm di diametro).

Un esame per valutare la vista e il campo visivo può essere utile per la diagnosi di una massa tumorale all’ipofisi che comprime il nervo ottico.

È possibile inoltre ricorrere a un esame neurologico, mediante il quale valutare lo stato mentale, la coordinazione o i riflessi dei pazienti.

Evoluzione

Poiché la maggior parte dei tumori dell'ipofisi è costituita da forme benigne, non esistono criteri specifici per la stadiazione. Inoltre, mentre la maggioranza dei microadenomi che producono prolattina rimangono di piccole dimensioni per tutta la vita, i restanti adenomi mostrano una lenta crescita nel corso degli anni e possono diventare sintomatici a causa di fenomeni di compressione.

Il carcinoma ipofisario (la forma maligna) è rarissimo e insorge in età adulta: può essere l’evoluzione di una forma benigna o presentarsi con gli stessi sintomi, ma interessa in genere la parte anteriore dell’ipofisi ed è rapidamente infiltrante. Per capire il grado di malignità e la sua evoluzione si calcola in genere il cosiddetto indice di proliferazione, ovvero il numero di cellule in rapida replicazione all’interno della neoplasia. Se tale indice è inferiore al 3 per cento, si tratta sicuramente di una forma benigna, mentre sopra il 3 per cento si tende a considerarla una forma maligna o potenzialmente maligna. In caso di forme maligne, per la stadiazione si ricorre a metodi di imaging come TC, PET (tomografia a emissione di positroni) e RM (risonanza magnetica).

Come si cura

Il trattamento degli adenomi ipofisari può essere chirurgico, radioterapico e medico. Dal momento che i tumori ipofisari sono piuttosto rari, è molto importante rivolgersi a centri specializzati dove è possibile disporre delle migliori terapie e contare sulla presenza di medici esperti.

Per scegliere il trattamento più adatto, dopo una diagnosi di tumore dell’ipofisi, è comunque fondamentale sapere se si tratta di una forma benigna e prendere in considerazione altri fattori come le dimensioni del tumore, l’eventuale produzione di ormoni e il tipo di ormone prodotto.

In molti casi di tumore dell’ipofisi, la chirurgia è il trattamento di prima scelta, con la sola eccezione dei prolattinomi, per i quali è preferibile la terapia farmacologica a quella chirurgica. Anche per gli adenomi secernenti ormone della crescita si dispone adesso di efficaci terapie che in alcuni casi possono essere una valida alternativa all’intervento chirurgico.

Il successo terapeutico, cioè l’asportazione completa dell'adenoma, mantenendo intatta la normale funzione dell’ipofisi si raggiunge nel 70-90 per cento dei casi di microadenoma (< 1 cm) e nel 25-40 per cento dei casi di macroadenoma.

Il trattamento chirurgico è possibile mediante due approcci. Nella chirurgia trans-naso-sfenoidale, l’ipofisi viene raggiunta passando attraverso il naso e lo sfenoide, un osso dalla caratteristica forma a farfalla che si trova alla base del cranio. Per i tumori di grandi dimensioni potrebbe essere invece necessario ricorrere alla craniotomia, in cui l’asportazione del tumore avviene attraverso un’apertura a livello del cranio.

Le moderne tecniche operatorie permettono di rimuovere l’ipofisi limitando al minimo i rischi di complicanze, anche se, in generale, asportare la ghiandola o parte di essa può determinare una riduzione della produzione degli ormoni ipofisari. Ciò è un problema sormontabile, dal momento che gli ormoni prodotti dalle ghiandole controllate dall’ipofisi (ormoni tiroidei, cortisolo, estrogeni, testosterone) possono essere oggi sostituiti con farmaci contenenti i corrispondenti ormoni di sintesi.

Per quanto riguarda la terapia farmacologica, il trattamento più comune dei prolattinomi si basa su composti che riducono sia la secrezione di prolattina sia le dimensioni del tumore (farmaci dopaminergici). Nei tumori che producono invece ormone della crescita, laddove la terapia chirurgica abbia fallito o non possa essere presa in considerazione, vengono somministrati farmaci che bloccano la produzione di questo ormone. Si tratta di analoghi della somatostatina, a lunga durata d’azione, e bloccanti periferici dell’azione dell’ormone della crescita. Un discorso analogo può essere fatto per i tumori che producono TSH o ACTH. In quest’ultimo caso si ricorre a particolari farmaci nel caso di fallimento o di impossibilità di effettuare un’operazione chirurgica o di prescrivere radioterapia, o in attesa che la radioterapia stessa faccia effetto.

Qualora un tumore dell’ipofisi non possa essere operato, si sviluppi nuovamente dopo un intervento o non risponda alla terapia farmacologica, i pazienti sono sottoposti a radioterapia, ossia a un trattamento che utilizza i raggi X per colpire le cellule in rapida proliferazione. Oggi è possibile impiegare varianti innovative della radioterapia classica sempre più sofisticate, precise e meno pericolose per i tessuti circostanti, come la radioterapia ad intensità modulata (IMRT), eseguita con macchinari che permettono di controllare la dose di raggi inviata. Inoltre si utilizzano a volte la radioterapia stereotassica (gamma knife e cyber knife), oppure la radioterapia con raggio di protoni, che al posto dei raggi X utilizza i protoni (uno dei tre tipi di particelle di cui è composto l'atomo).

Nelle forme maligne che non rispondono ai trattamenti citati, si usa una chemioterapia per via orale a base di temozolomide, comune nel trattamento di neoplasie cerebrali. Il farmaco è in grado di interferire sia con lo sviluppo degli adenomi aggressivi sia dei carcinomi veri e propri.

Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.

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