Verso una possibile opzione terapeutica contro l'osteosarcoma metastatico

Ultimo aggiornamento: 13 febbraio 2020

Verso una possibile opzione terapeutica contro l'osteosarcoma metastatico

Titolo originale dell'articolo: ROCK2 deprivation leads to the inhibition of tumor growth and metastatic potential in osteosarcoma cells through the modulation of YAP activity

Titolo della rivista: Journal of Experimental and Clinical Cancer Research

Data di pubblicazione originale: 26 dicembre 2019

Un gruppo di ricerca dell'Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna ha scoperto che, almeno nei topi, l'inibizione delle proteine ROCK2 e YAP riduce la crescita di questo tipo di tumore e la sua diffusione metastatica.

Ci sono novità nella ricerca sull'osteosarcoma metastatico, un tumore che pur essendo raro rappresenta il più comune tra i tumori primitivi delle ossa. Se negli ultimi due decenni non ci sono stati grandi progressi nelle conoscenze sui meccanismi molecolari alla base della malattia o sullo sviluppo di nuove terapie, ora significativi passi in avanti vengono dai risultati del gruppo di Katia Scotlandi, responsabile del Laboratorio di oncologia sperimentale dell'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. Risultati ottenuti grazie al fondamentale sostegno di Fondazione AIRC e pubblicati sul Journal of Experimental and Clinical Cancer Research.

 

Già da alcuni anni il gruppo di ricerca guidato da Scotlandi si interessa del ruolo nei sarcomi di una proteina chiamata ROCK2, coinvolta nel modellamento del citoscheletro, una sorta di impalcatura proteica che sostiene forma e movimento delle cellule. In quest’ultimo lavoro i ricercatori hanno lavorato con animali di laboratorio che rappresentano un modello di osteosarcoma: i topi sono stati modificati geneticamente in modo da risultare privi della proteina ROCK2. “Abbiamo osservato che in queste circostanze si verifica una marcata riduzione della crescita del tumore e della formazione di metastasi” spiega Scotlandi.

 

Il passo successivo è stato chiarire meglio le interazioni molecolari di questa proteina con altri componenti della cellula. È così emerso che ROCK2 è coinvolta in una via biochimica che trasferisce informazioni sul livello di rigidità della membrana cellulare, e che termina nel nucleo della cellula con un fattore di trascrizione chiamato YAP. “Analisi specifiche condotte su campioni di tessuto tumorale ci hanno anche permesso di scoprire che nei pazienti nei quali i livelli di ROCK2 e di YAP sono più elevati, la prognosi risulta peggiore” aggiunge Scotlandi. Infine, in altri esperimenti sempre con cellule in coltura e topi di laboratorio, i ricercatori hanno verificato l'effetto sul tumore di un inibitore di YAP, la verteporfina, già usato in clinica per esempio per il trattamento della degenerazione maculare. Anche in questo caso si è visto che l'inibitore limita notevolmente la crescita di cellule tumorali e la loro migrazione. “E abbiamo anche capito che la verteporfina, oltre a inibire YAP, limita anche l’attività di ROCK2, provocando nelle cellule un doppio effetto inibitorio, diretto e indiretto” conclude Scotlandi.

 

Ottime notizie dunque, anche se occorre ricordare che come sempre in questi casi ci vorrà del tempo prima di arrivare a una sperimentazione con pazienti e, se questa avrà successo, all'uso di routine in clinica.

  • Valentina Murelli