L’imaging, oltre la biopsia

Ultimo aggiornamento: 1 novembre 2023

L’imaging, oltre la biopsia

Titolo originale dell'articolo: Role of [68Ga]Ga‑PSMA‑11 PET radiomics to predict post‑surgical ISUP grade in primary prostate cancer

Titolo della rivista: European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging

Data di pubblicazione originale: 18 marzo 2023

Il primo esame che può indirizzare sul sospetto di tumore alla prostata è il dosaggio del PSA, l’antigene prostatico specifico. Anche in caso di valori fuori dalla norma, però, questa analisi da sola non basta a confermare la diagnosi, che richiede un esame istologico effettuato su un campione del paziente ottenuto tramite biopsia, ovvero la rimozione di una parte di tessuto che si sospetta essere tumorale. Solo così si potrà confermare o meno la diagnosi di cancro e nell’eventualità valutarne l’aggressività secondo il sistema ISUP, dal nome della Società internazionale di patologia urologica. La classificazione ISUP suddivide i pazienti in 5 gruppi sulla base della loro prognosi, dove 1 indica un tumore negli stadi iniziali, mentre un punteggio superiore a 4 corrisponde a una malattia particolarmente aggressiva. Nelle prime fasi, però, la biopsia non è sempre il metodo più efficace per la diagnosi. Oltre a esporre al rischio di dolore, emorragie, sanguinamento rettale e altri effetti collaterali, la biopsia non restituisce sempre risultati accurati e non permette di indagare l’eterogeneità della neoplasia.

Per questi motivi è quindi fondamentale sperimentare metodi di diagnosi alternativi. Grazie al sostegno di AIRC, il gruppo di ricerca coordinato da Maria Picchio dell’Università Vita-Salute San-Raffaele di Milano sta cercando di fare proprio questo, puntando su un approccio innovativo. Nel suo recente studio, pubblicato sull’European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging, ha provato a stimare se la radiomica, ovvero l’estrazione e la successiva analisi di dati ricavati dalle immagini mediche, riesca a prevedere il grado ISUP dopo l’operazione chirurgica in pazienti con tumore alla prostata e se possa farlo in modo più accurato della biopsia.

Più nel dettaglio, i ricercatori sono ricorsi alla tecnica diagnostica della PET (tomografia a emissione di positroni), già usata di frequente in oncologia sia per segnalare la presenza di masse tumorali, sia per dare indicazioni al medico su specifiche caratteristiche del funzionamento delle cellule. Questo metodo richiede ai pazienti di assumere un radiofarmaco, composto da una molecola legata a un isotopo radioattivo, che permette di visualizzare in modo non invasivo, dall’esterno del corpo, la parte del corpo da studiare. In questo caso si trattava di una molecola che si lega al PSMA, un antigene specifico delle cellule tumorali del tumore alla prostata, associata all’isotopo 68Ga. I ricercatori hanno quindi selezionato 47 pazienti presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, a cui è stato diagnosticato questo tipo di tumore tra settembre 2020 e gennaio 2022, e che sono stati sottoposti alla biopsia e all’imaging prima dell’intervento chirurgico di prostatectomia.

Una volta ottenuti i dati di radiomica, il gruppo di ricerca ha applicato vari modelli di machine learning, ovvero sistemi di intelligenza artificiale, alle immagini provenienti dai pazienti. Dopo diversi cicli di elaborazione dei dati, volti a ridurre il rischio di errori, tutti i sistemi hanno predetto il grado ISUP. Sulla base dei risultati, i ricercatori hanno poi definito la validità di ciascun modello, valutando parametri di accuratezza, sensibilità e specificità. Infine i pazienti sono stati sottoposti all’intervento di rimozione della prostata, sul cui tessuto è stato di nuovo calcolato l’ISUP tramite il tradizionale esame istologico. A questo punto non restava che confrontare i risultati antecedenti e successivi all’operazione e comprendere quale approccio avesse predetto nel modo più affidabile il grado ISUP.

Anche se di poco, l’imaging e il machine learning si sono rivelati più precisi rispetto all’esame istologico sulla biopsia. Infatti in 9 casi la biopsia ha sottostimato l’aggressività del tumore, riportando un punteggio inferiore a 4. Un modello in particolare di machine learning ha mostrato un’accuratezza dell’87,6 per cento contro l’85,9 per cento della biopsia.

Nonostante i risultati promettenti, questo approccio non è ancora così vicino a un’applicazione nella pratica clinica. L’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiali richiede infatti specifiche strumentazioni e competenze da parte del personale sanitario. Inoltre i ricercatori hanno intenzione di proseguire gli studi per validare i risultati in campioni più ampi e rappresentativi di pazienti. Se però questi risultati preliminari saranno confermati, questo metodo potrà essere associato alla biopsia e contribuire a superarne i limiti. La caratterizzazione di ciascun tumore potrà così essere più accurata attraverso una tecnica meno invasiva e con un minore impatto sulla qualità della vita dei pazienti.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/