Ultimo aggiornamento: 27 giugno 2025
Titolo originale dell'articolo: Systemic delivery of cadherin 17–specific CAR-T cells allows effective and safe targeting of colorectal cancer liver metastases
Titolo della rivista: Science Translational Medicine
Data di pubblicazione originale: 28 maggio 2025
Promettenti i risultati di un nuovo approccio di immunoterapia con cellule CAR-T per la cura dei pazienti con un tumore al colon-retto metastatico per cui non ci sono cure specifiche.
Alcuni ricercatori hanno dimostrato, in esperimenti di laboratorio, che una nuova terapia a base di cellule CAR-T potrebbe essere sicura ed efficace contro le metastasi al fegato del tumore al colon-retto. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, e sono il più recente traguardo di un programma AIRC “5 per mille” il cui obiettivo è portare in clinica una cura per i pazienti con tumore al colon-retto metastatico. “Il nostro lavoro risponde a un’urgente esigenza clinica: trattare in modo efficace e sicuro i pazienti con metastasi al fegato derivate da un cancro al colon-retto. Pazienti che oggi hanno a disposizione limitate opzioni terapeutiche” spiega Monica Casucci, che ha coordinato il gruppo di ricerca presso l’Ospedale San Raffaele di Milano.
“Per dare nuove possibilità a questi pazienti, abbiamo deciso di sviluppare trattamenti basati sulle cellule CAR-T” continua la ricercatrice. Questo approccio di terapia cellulare è in grado di risvegliare il sistema immunitario dei pazienti contro le cellule tumorali e direzionare la loro azione verso specifici bersagli molecolari nella neoplasia. “Si tratta di una strategia estremamente innovativa che ha rivoluzionato il trattamento di tumori del sangue resistenti ad altre terapie, come i linfomi o il mieloma multiplo” commenta Casucci. “Oggi la grande sfida è traslare questo approccio anche ai tumori solidi, come il cancro al colon-retto.” In questi casi è infatti particolarmente difficile individuare un antigene, ovvero un bersaglio molecolare, che sia presente soltanto nelle cellule tumorali e che sia anche di facile accesso alle CAR-T. Tuttavia, soddisfare questi requisiti potrebbe portare allo sviluppo di una cura con un’efficace azione antitumorale con tossicità limitata sui tessuti sani.
Nelle prime fasi dello studio, i ricercatori hanno quindi lavorato per identificare l’antigene più adatto, analizzando dati provenienti dalla letteratura scientifica e da pazienti. “Tra i vari antigeni presenti ad alti livelli nel tumore, la caderina 17 è l’unica proteina con un’espressione nei tessuti sani limitata al solo intestino, ovvero dove origina la malattia. Qui è però interessante la sua localizzazione” riporta Casucci. Infatti, questa proteina, che di solito media l’adesione tra cellule epiteliali intestinali, è nascosta nel tessuto sano intatto, mentre è esposta in quello tumorale che ha perso la propria integrità. Aggiunge la ricercatrice: “Possiamo dire che una terapia CAR-T con la caderina 17 prevederebbe due livelli di sicurezza, legati all’espressione genetica e alla localizzazione della proteina stessa”.
Il gruppo di ricerca ha quindi sviluppato un apposito costrutto genico CAR. I ricercatori hanno condotto vari esperimenti in cellule in coltura e in topi di laboratorio con tumore al colon-retto e metastasi al fegato, fino a ottenere un gene CAR-T in grado di contrastare la neoplasia in modo mirato, senza produrre tossicità sui tessuti sani. Nella prospettiva di un utilizzo clinico, il medicinale può essere somministrato per infusione per via endovenosa in modo pratico e sicuro.
A questo punto la terapia sarebbe pronta per essere valutata nei pazienti. Il passaggio dal laboratorio alla clinica è sempre molto lungo e delicato, ma è già cominciato. “Il processo richiederà qualche anno, ma al San Raffaele abbiamo iniziato a lavorare per rendere il trattamento realizzabile su larga scala, e a progettare uno studio clinico per indagarne l’efficacia e la sicurezza sui pazienti” conclude Casucci. “L’obiettivo del programma AIRC ‘5 per mille’ è di portare questa terapia in clinica.”
Camilla Fiz