Bloccare l’orologio molecolare nella leucemia linfoblastica acuta

Ultimo aggiornamento: 15 novembre 2023

Bloccare l’orologio molecolare nella leucemia linfoblastica acuta

Titolo originale dell'articolo: The circadian clock circuitry modulates leukemia initiating cell activity in T-cell acute lymphoblastic leukemia

Titolo della rivista: Journal of Experimental & Clinical Cancer Research

Data di pubblicazione originale: 24 agosto 2023

In molti esseri viventi, tra cui gli esseri umani, i processi biologici seguono il ritmo di un orologio molecolare, detto circadiano, le cui “lancette” impiegano 24 ore a completare il giro del quadrante. Nei pazienti affetti da tumori del sangue, e in particolare da leucemie acute, questo orologio contribuisce alla crescita e allo sviluppo della neoplasia. Il gruppo di ricerca coordinato da Vincenzo Giambra, in collaborazione con il Laboratorio di cronobiologia diretto da Gianluigi Mazzoccoli presso l’IRCCS Fondazione casa sollievo della sofferenza in Puglia, ha provato a interrompere il funzionamento di questo orologio molecolare nelle cellule leucemiche. Il loro obiettivo era sviluppare una nuova strategia terapeutica contro la leucemia linfoblastica acuta a cellule T (LLA-T), un tumore del sangue che soprattutto negli adulti è ancora difficile da curare. I risultati dello studio, svolto anche grazie anche al sostegno di AIRC, sono stati pubblicati sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research.

All’interno delle cellule dei mammiferi l’organizzazione degli orologi circadiani è gerarchica. Il centro di controllo principale si trova in alcuni neuroni dell’ipotalamo, una parte del cervello, dove sincronizza gli orologi di tutti gli altri organi attraverso segnali neurali e ormonali. Il ritmo è scandito dall’oscillazione tra aumento e riduzione delle attività dei processi cellulari, come la formazione e la distruzione delle proteine. La regolarità di queste dinamiche cambia nel corso delle 24 ore e dipende da fattori come la luce, motivo per cui è sensibile all’alternarsi del giorno e della notte.

Tra le proteine più importanti prodotte in questo modo, ci sono quelle codificate dai i geni BMAL1 e CLOCK. I risultati di uno studio precedente avevano mostrato che silenziare questi geni può compromettere la crescita delle cellule di leucemia mieloide, senza danneggiare la formazione e la maturazione delle cellule sane del sangue. Il gruppo di ricerca ha quindi voluto verificare se bloccare l’orologio molecolare circadiano potesse essere efficace anche per contrastare la LLA-T.

In cellule in coltura di questo tipo di tumore, i ricercatori hanno prima silenziato i geni BMAL1 e CLOCK, per poi valutare l’effetto di un agente farmacologico sperimentale che blocca l’orologio biologico. Il risultato è stato un rallentamento nella crescita delle cellule neoplastiche e di quelle staminali tumorali, che danno inizio alla leucemia e sono verosimilmente responsabili delle recidive di malattia dopo il trattamento con chemioterapia. Nelle cellule tumorali di LLA-T, questi geni regolano l’attivazione di numerose vie di segnalazione. Tra le più significative, il gruppo di ricerca ha identificato quella dipendente dall’Interleuchina 20. Questa a sua volta, tramite un recettore specifico codificato dal gene circadiano IL20RB, attiva la via di segnalazione intracellulare JAK/STAT, promotrice della crescita delle cellule leucemiche. È stata quindi confrontata la sopravvivenza tra due gruppi di animali di laboratorio in cui sono state trapiantate cellule di LLA-T: un gruppo ha ricevuto cellule leucemiche non modificate, mentre nell’altro sono state infuse cellule di LLA-T in cui i geni BMAL1 e CLOCK erano stati silenziati. In quest’ultimo gruppo i ricercatori hanno osservato un significativo aumento della sopravvivenza.

I risultati dello studio indicano che l’orologio molecolare circadiano e, in particolare i geni BMAL1 e CLOCK, sono potenziali bersagli terapeutici per la cura della LLA-T. Se i risultati saranno confermati in successivi studi di laboratorio e nei pazienti, bloccare l’orologio molecolare delle cellule leucemiche potrebbe fornire una nuova e ulteriore strategia per colpire in modo mirato le cellule di questo tipo di neoplasia ematologica, per cui le opzioni di cura sono limitate.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/