“Annusare” i tumori, una capacità del sistema immunitario

Ultimo aggiornamento: 8 settembre 2025

“Annusare” i tumori, una capacità del sistema immunitario

Titolo originale dell'articolo: Chemosensor receptors are lipid-detecting regulators of macrophage function in cancer

Titolo della rivista: Nature Immunology

Data di pubblicazione originale: 30 giugno 2025

La scoperta del ruolo dei recettori olfattivi, o chemosensori, nella comunicazione tra tumori e macrofagi apre nuove possibilità di terapia per il cancro alla prostata e altre neoplasie che non rispondono ancora all’immunoterapia.

Le nostre cellule sembrano percepire la presenza di odori e tumori in modo molto simile. Lo hanno mostrato studi recenti: i macrofagi, cellule del sistema immunitario, riconoscono alcune molecole che si trovano su cellule neoplastiche tramite gli stessi recettori olfattivi che sono presenti anche nella mucosa del naso.

La funzione principale dei macrofagi è proteggere i tessuti da agenti potenzialmente dannosi, come virus, batteri e tumori. Tuttavia, in alcune condizioni queste cellule possono convertirsi in macrofagi associati al tumore (in sigla TAM, dall’inglese Tumor-Associated Macrophage) e trasformarsi da antagoniste ad aiutanti delle neoplasie. Questo può succedere quando i macrofagi entrano in contatto con alcuni lipidi, citochine e altre molecole che le cellule tumorali rilasciano nell’ambiente circostante.

“Anche se è noto da decenni che i macrofagi possono sentire il microambiente tumorale, rimanevano ancora dubbi su come questo avvenisse” afferma Diletta Di Mitri, che ha coordinato il gruppo di ricerca con Giulia Marelli e altri colleghi, presso l’Humanitas Research Hospital di Milano. Insieme hanno cercato di rispondere a questi interrogativi senza seguire una pista predefinita, ma lasciando parlare i dati. I risultati dello studio, svolto con il sostegno di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Immunology.

I ricercatori hanno utilizzato una particolare tecnica, il Genome Wide CRISPR screen, che esplora il genoma in modo molto esteso tramite tecniche di editing genetico. In pratica, la tecnica permette di silenziare uno a uno gli oltre 20.000 geni presenti nel nostro DNA, per valutare l’effetto della mancanza di ciascuno di essi sulle funzionalità dell’organismo; in questo caso, in particolare, sui macrofagi esposti al tumore alla prostata. Secondo i risultati, un tipo di recettori olfattivi media il riconoscimento le cellule neoplastiche da parte dei macrofagi. “All’inizio questi dati ci hanno stupito, perché i chemosensori sono sempre stati associati ai neuroni del sistema olfattivo e non a quello immunitario. In realtà, però, non sono così sorprendenti” spiega Di Mitri. “Dal momento che i macrofagi hanno bisogno di sentire tutto ciò che li circonda, è sensato che utilizzino recettori specializzati per questa funzione.”

In seguito, i ricercatori si sono chiesti quale elemento nel microambiente tumorale permettesse ai macrofagi di comunicare con le cellule neoplastiche. Hanno scartato tutte le molecole che sono presenti all’aria aperta e percepiamo come odori, perché sono poco presenti nei tessuti interni. Si sono dunque focalizzati sul liquido che i tumori rilasciano nell’ambiente circostante, concentrandosi in particolare sui lipidi. Attraverso diversi esperimenti di laboratorio, i ricercatori hanno scoperto che le cellule neoplastiche rilasciano un acido grasso, chiamato acido palmitico, che viene individuato dai macrofagi attraverso i recettori olfattivi. Questa interazione media la trasformazione dei macrofagi in TAM e favorisce così la progressione della malattia. La possibile presenza di questo canale di comunicazione è stata poi individuata anche in alcuni pazienti.

“Abbiamo scelto di studiare il tumore alla prostata perché in genere non è sensibile all’immunoterapia, un elemento di svolta nella cura di altri tipi di tumore” spiega Di Mitri. Coinvolgere anche i macrofagi in una strategia di cura potrebbe rendere efficace l’immunoterapia anche contro il tumore prostatico. Proprio per questo motivo, il gruppo ha iniziato a studiare la comunicazione dei chemosensori anche nei tumori del seno e dell’ovaio che si comportano in modo simile a quello della prostata. Nel frattempo, il gruppo sta portando avanti anche un’altra linea di ricerca con un chiaro risvolto clinico. Conclude la ricercatrice: “Stiamo realizzando un sistema di screening per individuare, tra le molecole già in uso in clinica per altri scopi, i farmaci che interferiscono con il legame fra chemosensori e acido palmitico, e che quindi potrebbero limitare la comunicazione tra macrofagi e tumori”.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/