I consigli per mangiare bene durante le terapie oncologiche

Ultimo aggiornamento: 5 agosto 2025

I consigli per mangiare bene durante le terapie oncologiche

Nel corso delle cure, è bene che le indicazioni sull’alimentazione siano personalizzate per assecondare esigenze e gusti di ogni paziente. Senza trascurare il ricorso ai supporti nutrizionali quando necessari.

Mangiare in modo vario ed equilibrato non è importante soltanto per ridurre le probabilità di ammalarsi di cancro. La dieta ha un valore significativo anche se si è già intrapreso un percorso di cure oncologiche. Oltre che possibile spia di una malattia non ancora diagnosticata, la perdita di peso è infatti frequente anche nel corso delle diverse fasi terapeutiche che un paziente è chiamato ad affrontare. Sono ormai decine gli studi che lo confermano: se particolarmente accentuata, la malnutrizione e il conseguente calo ponderale possono limitare la risposta alle terapie e condizionare la prognosi. Ma, sempre grazie alla ricerca scientifica, oggi sappiamo come intervenire per limitare questo problema.

Se la malattia rende difficile alimentarsi

Sapere come muoversi in queste situazioni è il primo passo per ga­rantire, a sé stessi o a una persona malata vicina, una dieta adeguata. Durante il percorso di cura per una malattia oncologica, anche un gesto naturale ed essenziale come alimen­tarsi può costituire un problema. Quando si presenta un tumore il metabolismo può cambiare, per effetto diretto della malattia o come conseguenza degli effetti collaterali delle terapie. Inappetenza e dimagri­mento sono sintomi spesso descritti dai pazienti oncologici.

“Mai come in questa situazione, per nutrirsi è richiesto un impegno ulte­riore ai pazienti oncologici” afferma Riccardo Caccialanza, direttore del­la Struttura complessa di dietetica e nutrizione clinica dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia. “Ciò significa, per i caregiver, dover pro­grammare la spesa e i pasti in modo diverso dal solito. E avere pazienza, perché, pur conoscendo i gusti di una persona, si possono ricevere dei rifiuti che inizialmente appaiono inattesi.” La priorità è evitare la mal­nutrizione per difetto, quindi uno stato di magrezza eccessiva, che può comparire soprattutto nel corso del trattamento o nel periodo immediatamente successivo. In particolare, chemioterapia e radioterapia sono tra i protocolli di cura che più di fre­quente determinano una perdita di appetito.

I consigli da seguire a tavola

Dal punto di vista pratico, ci sono alcuni accorgimenti che si possono adottare per agevolare un malato di cancro a seguire una dieta bilan­ciata. Ai pazienti oncologici si con­siglia di mangiare poco ma spesso, tenendo sempre a portata di mano qualcosa da sgranocchiare. E di far­lo lentamente, masticando bene e riposando dopo ogni pasto. Se l’ap­petito è buono, non dovrebbe essere difficile assumere adeguate quantità di cibo. Al contrario, se è scarso, si può optare per alimenti più ricchi in calorie e proteine, così da garantire un apporto congruo di nutrienti at­traverso un numero inferiore di pa­sti. Ragion per cui, in questi casi, si possono sostituire piccoli pasti con bevande nutrienti o saporite.

Consigli che nei mesi scorsi il World Cancer Research Fund ha riepiloga­to in una guida destinata ai pazienti oncologici. Tra gli alimenti da pre­diligere, gli esperti raccomandano il consumo di cereali integrali, le­gumi ben cotti (anche in crema), pesce (meglio se azzurro), verdure di stagione, frullati e spremute (in assenza di altre controindicazioni). Da limitare invece il ricorso a carni rosse e lavorate (salumi, insaccati) e formaggi molto grassi, mentre è bene prestare attenzione all’ecces­sivo consumo di alimenti ricchi di amido (in particolari quelli a base di frumento, patate, mais) composti da zuccheri semplici. Meglio evitare in­fine alimenti fritti o caratterizzati da un forte odore, cereali cotti al forno e bevande dolci.

Ma l’approccio va cucito su misura del paziente

“Ci sono poi altre indicazioni” ag­giunge l’esperto “che vengono forni­te sulla base dei bisogni del singolo paziente, per fronteggiare la compar­sa di effetti collaterali quali la nausea e il vomito: suddividere i pasti in 5-6 spuntini, offrire del cibo a tempera­tura ambiente o comunque mai bol­lente, bere soprattutto lontano dai pasti e non trascurare l’apporto di micronutrienti attraverso il consu­mo di frutta e verdura.” Il consiglio, in ogni caso, è quello di personaliz­zare l’approccio. “Tenere conto delle preferenze di chi sta affrontando un percorso di cure oncologiche è un aspetto non meno importante” chia­risce Caccialanza. “Nell’ambito di ciò che può essere offerto loro, basarsi sulle preferenze personali in una fase in cui si possono registrare nausea, alterazioni del gusto e dell’olfatto può fare la differenza nell’accettazio­ne o meno di un piatto.”

Fatte queste considerazioni, una dieta di tipo mediterraneo risulta comunque sempre la più indicata, anche per il suo effetto antinfiam­matorio. Da evitare invece qualsiasi estremismo, dal ricorso al veganesi­mo all’assunzione di integratori sen­za indicazioni di uno specialista.

I numeri della malnutrizione in oncologia

Negli ultimi anni, il progressivo mi­glioramento dei tassi di sopravvi­venza, la crescente attenzione alla qualità della vita dei pazienti e la di­sponibilità di strumenti di screening hanno portato prima a rilevare la malnutrizione nella sempre più am­pia comunità dei pazienti oncologici, e poi a studiarne l’associazione con alcune forme di cancro più di altre e a valutarne l’impatto sul percorso di cura.

I dati epidemiologici oggi sono inconfutabili. Durante la pri­ma visita oncologica, circa 2 pazienti su 3 (65%) riportano un calo di peso verificatosi nei sei mesi precedenti e il 40 per cento circa segnala una per­dita dell’appetito. Problemi di questo tipo sono rilevabili soprattutto nelle persone che convivono con una neo­plasia a carico dell’esofago, dello sto­maco, del colon-retto, del pancreas e delle vie biliari. Ma la malnutrizione è frequente anche tra i pazienti alle prese con una malattia oncologica a carico del distretto testa-collo, dei polmoni, della vesci­ca, del rene, dell’ovaio e dell’endome­trio, con tassi di frequenza tra il 20% e l’80% (negli stadi più avanzati). A seconda del percorso terapeutico in atto, questa condizione può portare a un prolungamento della perma­nenza in ospedale dopo gli inter­venti chirurgici, a un aumento delle complicanze postoperatorie o a un incremento del rischio di sviluppare tossicità durante i trattamenti onco­logici, con la conseguente necessità di interromperli o ridurne l’intensità.

Quando occorre il supporto nutrizionale?

Di fronte a queste situazioni più delicate, gli accorgimenti dietetici descritti quasi mai risultano sufficienti. Nella quasi totalità dei casi occorre integrare la dieta con dei supplementi nutrizionali (in forma liquida, semisolida, in polvere o crema) per completare l’apporto di macro e micronutrienti. Se il paziente non è in grado di alimentarsi in maniera autonoma (per esempio a causa di un’ostruzione determinata dalla malattia o della nausea) è possibile ricorrere a somministrazioni direttamente nell’apparato digerente (via enterale) o nel circolo sanguigno (parenterale). Caccialanza aggiunge: “Le terapie di supporto precoci fanno la differenza sulla tolleranza dei trattamenti. Se un paziente è nutrito bene, ha migliori chance terapeutiche ed entra meno in ospedale, con un beneficio tanto per il singolo quanto per le casse del Servizio sanitario nazionale”.

Screening nutrizionale per tutti i pazienti

Oggi la valutazione e l’eventuale integrazio­ne della dieta in oncologia non rien­trano tra le prestazioni inserite nei Li­velli essenziali di assistenza (LEA), ma le prime linee guida dell’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) relative al supporto nutrizionale dei pazienti oncologici in terapia attiva puntano tanto a migliorare la gestio­ne clinica quanto a rendere omogenea l’offerta su tutto il territorio italiano. Il documento, che è stato redatto in col­laborazione con altre società scien­tifiche (SICO, AIRO, SINPE, FNOPI, ASAND) e con la Federazione delle associazioni di volontariato in onco­logia (FAVO), ribadisce che le prime operazioni da compiere al cospetto di un paziente oncologico sono la rile­vazione del peso e soprattutto la va­lutazione della composizione corpo­rea. Sulla base di questi parametri si potrebbe poi prevedere un eventuale supporto, che può variare dalla sup­plementazione orale alla nutrizione artificiale.

  • Fabio Di Todaro

    Laureato in scienze biologiche (indirizzo biologia della nutrizione), è giornalista professionista dal 2010. Dopo aver lavorato nella redazione di Altroconsumo e in seguito a una lunga esperienza in Fondazione Umberto Veronesi, ha vinto il concorso nazionale bandito dalla Rai e lavorato per un anno nella redazione della Tgr Basilicata. La passione per il giornalismo medico-scientifico lo ha riportato però alle origini: attualmente è giornalista medico-scientifico della rivista specializzata AboutPharma e collaboratore di Fondazione AIRC. Per oltre dieci anni ha collaborato con i quotidiani La Gazzetta del Mezzogiorno, La Stampa e La Repubblica. È membro dell'Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione (Unamsi) e dell’associazione Science Writers in Italy (Swim).