Immunoistochimica

Ultimo aggiornamento: 19 dicembre 2023

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In sintesi

  • L’immunoistochimica permette di individuare in un campione di tessuto la presenza di antigeni grazie all’uso di anticorpi.
  • È una tecnica di laboratorio che trova applicazione in diversi campi, per esempio nella diagnosi, nella prognosi e nella scelta dei trattamenti contro i tumori.
  • Prevede diversi passaggi, tramite i quali è possibile infine visualizzare l’antigene ricercato al microscopio.

Un aiuto concreto

L’immunoistochimica è una tecnica di laboratorio che permette di individuare in un campione di tessuto la presenza di antigeni attraverso l’utilizzo di anticorpi specifici. Un antigene è una qualsiasi sostanza che è in grado di essere riconosciuta da molecole e cellule del sistema immunitario. Gli anticorpi sono proteine del sistema immunitario in grado di riconoscere in maniera specifica un antigene. Ciascun tipo di anticorpo è prodotto da un tipo di linfociti B, cellule del sistema immunitario, e si suddividono in 5 classi, denominate IgA, IgD, IgE, IgG e IgM. Gli anticorpi utilizzati nelle analisi di immunoistochimica sono ottenuti in laboratorio e possono essere monoclonali o policlonali.

La reazione che è avvenuta tra un antigene e un anticorpo può essere visualizzata al microscopio grazie a particolari “etichette”, presenti di solito o sull’anticorpo che si lega all’antigene o su un secondo anticorpo. Con questa tecnica è possibile capire se nel tessuto o nelle cellule in esame vi è l’antigene ricercato, così come il suo livello di espressione e la sua localizzazione all’interno del tessuto stesso e nelle singole cellule.

I campi di applicazione dell’immunoistochimica sono diversi, dalla ricerca di laboratorio all’ambito clinico. Viene impiegata per lo sviluppo di farmaci, per la diagnosi di tumori mediante l’uso di specifici marcatori tumorali (per capire l’origine di un tumore o classificarlo come maligno o benigno) e a scopo prognostico. Le informazioni ricavate possono aiutare a individuare le terapie più idonee per il tipo di cancro diagnosticato.

Come funziona

L’applicazione di questa tecnica prevede diversi passaggi cruciali. Una volta che il campione di tessuto è stato correttamente prelevato, per esempio tramite una biopsia, si deve far sì che questo mantenga a lungo le proprie caratteristiche, in modo da permettere analisi anche a distanza di tempo che diano risultati attendibili, con il minor numero possibile di artefatti. A questo scopo il campione viene fissato, utilizzando metodi e sostanze di diverso tipo, a seconda delle analisi che devono essere effettuate. Possono essere utilizzati fissativi come una soluzione di formaldeide in determinate percentuali (formalina) o paraformaldeide. Il campione può anche essere incluso, per esempio in un blocco di paraffina, o più raramente congelato. In seguito, il campione ormai solidificato può essere tagliato in fettine molto sottili (sezionato) mediante specifici apparecchi, come il microtomo. Le fettine saranno poi poste su supporti appositi, in questo caso vetrini di laboratorio.

Si procede aggiungendo a ciascuna fettina un anticorpo che dovrebbe legarsi all’antigene che si desidera rilevare. Di solito a un primo anticorpo, chiamato anticorpo primario, ne viene applicato un altro, l’anticorpo secondario, in grado di legarsi al primario. Affinché l’avvenuta immunoreazione tra antigene e anticorpo sia osservabile al microscopio occorre che una speciale “etichetta” sia legata all’anticorpo primario o secondario. Esistono diversi tipi di “etichette”, per esempio enzimi che producono un effetto luminoso dopo l’aggiunta di specifici substrati (cromogeni). Una delle alternative è, nelle tecniche di immunofluorescenza, l’uso di molecole fluorescenti. In base al metodo scelto bisognerà ricorrere a un particolare tipo di microscopio. Per esempio, nel caso di una molecola fluorescente, sarà necessario un microscopio a fluorescenza.

Un’analisi complessa

La scelta del metodo da seguire per preparare il campione, del tipo di anticorpi da utilizzare e di molti altri dettagli tecnici può dipendere da diversi fattori, tra cui il tipo di antigene che si desidera individuare, il tipo di tessuto analizzato e così via. Inoltre, ciascuna delle fasi descritte può richiedere ulteriori passaggi intermedi, diversi tempi di attesa e altri prodotti da utilizzare, con scelte da valutare di volta in volta in base a molteplici parametri. Per esempio, tra i passaggi più importanti da effettuare prima di introdurre l’anticorpo troviamo il cosiddetto “recupero antigenico” (antigen retrival). La fissazione può infatti a portare a modifiche della struttura degli antigeni capaci di renderli non riconoscibili da parte degli anticorpi. Per superare questo problema, si possono utilizzare metodi di recupero antigenico che rendono gli antigeni nuovamente riconoscibili da parte dell’anticorpo.

Un altro importante passaggio, nel caso l’inclusione sia effettuata in paraffina, è la deparaffinazione, che serve a eliminare la paraffina dal vetrino, e la successiva reidratazione del campione. In certi casi i campioni possono anche essere trattati con particolari soluzioni per evitare che l’anticorpo si leghi a siti non specifici che risulteranno quindi bloccati.

  • Agenzia Zoe

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