Ultimo aggiornamento: 4 luglio 2018
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I tumori stromali gastrointestinali - indicati con la sigla GIST (dall'inglese GastroIntestinal Stromal Tumors) - sono neoplasie rare che si possono sviluppare lungo tutto il tratto gastrointestinale, dall'esofago fino al retto. Sono molti i tumori che possono insorgere in questi organi, ma i GIST hanno la particolarità di originare da cellule staminali di origine mesenchimale progenitrici delle cellule interstiziali di Cajal. Queste sono a volte chiamate "pacemaker del tratto gastrointestinale" perché sono presenti nelle pareti degli organi di tale distretto e sono responsabili della motilità intestinale: in pratica segnalano all'intestino quando contrarsi per muovere il cibo e i fluidi che sono stati ingeriti, coordinando le contrazioni automatiche delle pareti.
I GIST fanno parte dei cosiddetti sarcomi dei tessuti molli, un gruppo di tumori che si origina in tessuti come muscoli, tessuto connettivo, vasi sanguigni o linfatici, nervi, legamenti e tessuto adiposo. Fino agli anni Novanta del secolo scorso, i GIST erano classificati come leiomiomi o leiomiosarcomi, mentre ora, grazie anche ai progressi della medicina e della biologia molecolare, hanno assunto un’identità distinta da quella di altri tumori.
Anche se in linea teorica i tumori stromali gastrointestinali possono svilupparsi in tutto il tratto gastrointestinale, in circa il 60 per cento dei casi colpiscono lo stomaco, mentre sono meno comuni in altre aree come l'intestino tenue (poco più del 25 per cento), il duodeno (5 per cento circa), il colon e il retto (5 per cento circa) e l'esofago (1 per cento circa). Solo in rari casi i GIST si sviluppano all'esterno del tratto gastrointestinale, ma comunque sempre nell'addome (soprattutto a livello di peritoneo e omento).
Da ricordare, infine, che non tutti i GIST sono maligni: esistono infatti anche le forme benigne che non si diffondono in altre aree dell'organismo.
I GIST sono considerati tumori rari. In Italia vi sono circa 1-1,5 casi ogni 100.000 persone, ovvero 700-900 nuovi tumori ogni anno, che, in un caso su tre, vengono diagnosticati quando sono già diffusi in altri organi. La malattia è leggermente più frequente negli uomini che nelle donne e insorge, in genere, nella fascia di età compresa tra i 55 e i 70 anni, anche se esistono rari casi in cui può colpire bambini e ragazzi (GIST infantile).
L'età è uno dei fattori di rischio riconosciuti per i GIST, perché questi tumori si presentano più frequentemente dopo i 50 anni e solo raramente prima dei 40. Anche se nella maggior parte dei casi si tratta di tumori sporadici - che insorgono cioè senza alcuna trasmissione ereditaria all'interno delle famiglie - esistono alcune sindromi genetiche che possono aumentare il rischio di sviluppare un GIST. Per esempio, le persone colpite da neurofibromatosi di tipo 1, una malattia che può anche essere trasmessa dai genitori ai figli ed è caratterizzata da un difetto nel gene NF1, sono più a rischio di GIST (e di altri tipi di tumore), così come quelle colpite dalla sindrome di Carney e di Carney Stratakis.
Nella maggior parte dei GIST (circa il 90 per cento) è presente una mutazione nel gene c-KIT. Questa alterazione è responsabile della crescita e della proliferazione delle cellule dei tumori stromali gastrointestinali. In circa il 5-10 per cento dei GIST non ereditari si osserva una mutazione del gene che codifica per la proteina PDGFR-α. Questi dati molecolari sono importanti per indirizzare la scelta della terapia contro la particolare alterazione proteica presente nel tumore.
I GIST sono parte dei cosiddetti sarcomi dei tessuti molli, un gruppo di tumori che si origina in tessuti come muscoli, tessuto connettivo, vasi sanguigni o linfatici, nervi, legamenti e tessuto adiposo. Fino agli anni Novanta del secolo scorso i GIST erano classificati come leiomiomi o leiomiosarcomi, mentre ora, grazie anche ai progressi della medicina e della biologia molecolare, hanno assunto una identità distinta da quella di altri tumori.
Anche se in linea teorica i tumori stromali gastrointestinali possono svilupparsi in tutto il tratto gastrointestinale, in circa 6 casi su 10 (60 per cento) colpiscono lo stomaco, mentre sono meno comuni in altre aree come per esempio l'intestino tenue (poco più del 25 per cento), il duodeno (5 per cento circa), il colon e il retto (5 per cento circa) e l'esofago (1 per cento circa). Solo in rari casi i GIST si sviluppano all'esterno del tratto gastrointestinale, ma comunque sempre nell'addome (soprattutto a livello di peritoneo e omento).
Da ricordare infine che non tutti i GIST sono maligni: esistono infatti anche le forme benigne che non si diffondono in altre aree dell'organismo.
Nelle sue fasi iniziali, il tumore stromale gastrointestinale può essere completamente asintomatico e venire scoperto in modo del tutto casuale nel corso di esami eseguiti per altre ragioni. Nelle fasi più avanzate è invece possibile che si manifestino alcuni sintomi tipici, soprattutto il sanguinamento: può succedere quindi di vedere sangue che fuoriesce dalla bocca (nel vomito) o dall'ano, mentre in altri casi il sanguinamento è minimo e non visibile, ma può dare origine nel tempo ad anemia e di conseguenza a un senso di spossatezza piuttosto serio. Altri sintomi caratteristici dei GIST sono dolore o disturbi all'addome, presenza di una massa addominale, vomito e nausea, senso di sazietà precoce, perdita di appetito e di peso e spossatezza.
La presenza di questi sintomi può essere legata a molte altre cause diverse dal GIST - che è una malattia rara - e per questo motivo è sempre necessario rivolgersi al medico per chiarire ogni dubbio.
Dal momento che per questo tumore raro non sono stati identificati fattori di rischio modificabili, legati a stile di vita o ambiente, non è possibile stabilire un'efficace strategia di prevenzione.
Se si notano sintomi sospetti, il primo passo è senza dubbio rivolgersi al proprio medico di base o allo specialista che valuteranno la storia medica personale e familiare attraverso una serie di domande e poi effettueranno una visita completa alla ricerca di eventuali segni della malattia (per esempio la presenza di una massa anomala a livello dell'addome). Dopo questo primo incontro il medico potrà decidere se prescrivere ulteriori esami di approfondimento. Per la diagnosi di GIST sono necessari esami di diagnostica per immagini. Si può procedere con tomografia computerizzata (TC), risonanza magnetica, tomografia a emissione di positroni (PET), raggi X con bario o endoscopia. Una volta individuata un'area sospetta si deve necessariamente procedere con la biopsia, cioè con l'asportazione di una piccola porzione di tessuto che viene poi analizzata al microscopio. Già la forma delle cellule osservate al microscopio è utile per arrivare alla diagnosi, ma si procede sempre anche con analisi più approfondite a livello molecolare, per verificare, per esempio, che sia espressa la proteina KIT, presente in quasi tutti i GIST ma non negli altri tumori del tratto gastrointestinale, a parte qualche piccola eccezione. Anche gli esami del sangue possono essere utili per rivelare la presenza di anemia legata al sanguinamento causato dal tumore.
Assegnare uno stadio al tumore (stadiazione) è fondamentale per decidere quale strategia di trattamento scegliere e per determinare la prognosi. Per i GIST, come per molti altri tumori, si utilizza il sistema di stadiazione TNM che valuta la dimensione del tumore (T), la sua diffusione ai linfonodi (N) e la presenza di altre metastasi (M).
Molto spesso, però, i medici che si occupano di tumori stromali gastrointestinali valutano anche altri parametri che danno un'idea più precisa di quanto velocemente la malattia progredisca o quali siano le probabilità che il tumore ritorni dopo il trattamento. Oltre alla dimensione del tumore, i più importanti sono la conta mitotica - che rappresenta il numero di divisioni cellulari in corso, più alto nella malattia più aggressiva - e la sede di origine della neoplasia. In genere un indice mitotico elevato e/o dimensioni maggiori di 10 cm aumentano il rischio di ricorrenza dopo il trattamento.
La scelta del trattamento più adatto in caso di GIST dipende da diversi fattori legati alla malattia, come la dimensione del tumore, la sede di origine e le condizioni generali del paziente. La chemioterapia classica e la radioterapia non sono efficaci in questo tipo di tumore e non sono quindi utilizzate. La radioterapia può al limite essere utile nel caso di GIST localizzati al retto, ma non è comunque l'opzione di prima scelta. Nella maggior parte dei casi il trattamento iniziale è rappresentato dalla chirurgia, che permette di asportare e curare definitivamente la malattia localizzata ed è utile per rimuovere masse che si sono diffuse in altri organi (metastasi). Se la malattia è già diffusa e non risulta asportabile con il bisturi, i medici hanno a disposizione un farmaco mirato molto efficace: si tratta di imatinib, una molecola che ha come bersaglio la proteina KIT e la proteina PDGFR-a, entrambe appartenenti alla famiglia delle cosiddette tirosin-chinasi e presenti nella maggior parte dei GIST. Colpendo queste proteine, imatinib riesce a bloccare la crescita del tumore e permette di raggiungere una risposta nell'80 per cento circa dei pazienti che lo assumono. Questa terapia causa meno effetti collaterali della chemioterapia classica e può essere assunta anche a casa, per via orale, senza bisogno di ricovero in ospedale. Imatinib può essere anche utilizzato nel caso in cui la malattia si ripresenti dopo la chirurgia e come trattamento adiuvante dopo l'asportazione chirurgica della massa principale nei pazienti ad alto rischio di ricaduta o, infine, come terapia neoadiuvante, prima dell'intervento, per ridurre la massa del tumore e facilitare il lavoro del chirurgo. In Europa altri farmaci approvati per il trattamento dei GIST sono sunitinib e regorafenib. Questi ultimi vengono utilizzati nelle persone che non possono assumere imatinib o che sono diventate resistenti a tale farmaco. Come imatinib, anche sunitinib e regorafenib hanno come bersaglio le tirosin-chinasi (per esempio KIT) e hanno proprietà anti-angiogeniche, cioè sono in grado di bloccare la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) che potrebbero alimentare il tumore.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zoe