L'inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di ammalarsi di cancro al polmone e di altri tipi di tumore?

SÌ, anche se sul rischio di tumore al polmone influisce meno di altri fattori, primo fra tutti il fumo di sigaretta; su altri tipi di tumore l’influenza dell’inquinamento non è da sottovalutare.

Ultimo aggiornamento: 10 ottobre 2023

Tempo di lettura: 9 minuti

In breve

  • La relazione tra smog e aumento dei casi di cancro, specie al polmone, è stata dibattuta a lungo perché era difficile da mettere in luce.
  • Esiste una relazione ben nota tra inquinamento e infiammazione dei polmoni che può in parte spiegare come lo smog possa favorire la comparsa di questo tipo di tumore.
  • I risultati di uno studio condotto in 9 Paesi e circa 300.000 persone seguite per oltre 13 anni, ha dimostrato che esiste una relazione tra aumento delle polveri sottili e numero di tumori del polmone, indipendentemente da altri fattori come il fumo di sigaretta.
  • L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’inquinamento atmosferico e le polveri sottili fra i carcinogeni umani di tipo 1.
  • Sono stati recentemente identificati alcuni dei meccanismi che legano l’inquinamento atmosferico allo sviluppo di tumori del polmone in persone che non hanno mai fumato.
  • Lo smog rimane una causa di tumore polmonare minore rispetto ad altre, in primo luogo il fumo, ma l’impatto è comunque notevole poiché riguarda tutta la popolazione esposta e non solo i fumatori.
  • Sono sempre più numerosi gli studi che mostrano un legame tra inquinamento atmosferico e aumento del rischio di tumori diversi da quello polmonare.

Studi complessi

Per molti anni l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla formazione dei tumori, in particolare di quello al polmone, è stato oggetto di dibattito. Gli studi epidemiologici condotti in diversi Paesi davano infatti risultati discordanti. Misurare l’impatto di un fattore complesso come l’inquinamento atmosferico sulla salute di singoli individui, in particolare quando si tratta di malattie a lenta formazione come i tumori, è molto difficile dal punto di vista metodologico. Ogni volta che emerge una relazione tra un fattore di rischio e una determinata popolazione, bisogna verificare la presenza di eventuali altri fattori confondenti, come il fumo e le altre abitudini di vita, tra cui l’alimentazione e persino le caratteristiche genetiche di tale popolazione. Queste infatti possono, a loro volta, essere all’origine di un aumento dei casi di cancro e quindi rendere difficile la lettura dei dati a livello sia di gruppo sia degli individui. Una cosa però è certa: l’inquinamento atmosferico è molto dannoso per la salute. I dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) parlano di 4,2 milioni di decessi prematuri nel mondo nel 2019 a causa delle polveri sottili e degli altri inquinanti presenti nell’aria. Questi decessi, che in alcuni casi sono legati a tumori, raggiungono ogni anno i 6,7 milioni se si prende in considerazione anche l’inquinamento indoor, ovvero quello delle case e degli ambienti chiusi.

Da dove nasce l'ipotesi?

È noto da tempo che l’inquinamento atmosferico ha delle componenti che possono facilitare la trasformazione delle cellule sane in cancerose. Sostanze come il benzene, gli ossidi di azoto e gli idrocarburi policiclici aromatici esercitano effetti sul DNA. Inoltre numerose ricerche epidemiologiche hanno dimostrato che i polmoni di chi abita in città sono più frequentemente infiammati. Anche le malattie infettive stagionali, come le bronchiti, guariscono con maggiore difficoltà in inverno e nei luoghi molto inquinati, anche perché lo smog mantiene attivi i fenomeni infiammatori. L’infiammazione, specie quando è cronica, è a sua volta un fattore che promuove il cancro non solo nei polmoni, ma in tutti i tessuti e organi. L’impatto dello smog sul rischio di cancro è più indiretto e difficile da dimostrare, dato il lungo tempo di sviluppo della malattia. Tuttavia oggi la maggior parte degli epidemiologi ritiene che le cosiddette polveri sottili siano tra i principali responsabili del legame tra inquinamento atmosferico e aumento del rischio di tumore. Le polveri sottili vengono anche chiamate particolato, che è detto grossolano se ha un diametro di circa 10 micrometri (PM10, dall’inglese particulate matter), e fine se ha un diametro inferiore a 2,5 micrometri (PM2,5), corrispondente a circa un trentesimo dello spessore di un capello umano.

Poiché le polveri di particolato sono davvero molto sottili, possono entrare nell’organismo, nei polmoni e raggiungere il circolo sanguigno, causando infiammazione e altri danni.

Cosa dice la letteratura scientifica

A luglio 2013, la rivista Lancet Oncology ha pubblicato i risultati di uno studio molto ampio, condotto in 36 diversi centri europei, che ha coinvolto circa 300.000 persone tra i 43 e i 73 anni in nove Paesi. Per l’Italia ha partecipato il gruppo di epidemiologi dell’Istituto nazionale tumori di Milano diretto da Vittorio Krogh. I dati ottenuti, che fanno parte del progetto ESCAPE (European Study of Cohortes for Air Pollution Effects), riguardano persone tenute in osservazione per 13 anni. Sono stati registrati i cambi di residenza e le abitudini di vita di ogni persona, per mettere in relazione l’eventuale comparsa di un tumore polmonare con il grado di inquinamento delle aree in cui hanno abitato.

Nel corso del periodo di osservazione si sono ammalate di cancro al polmone 2.095 persone. Di ognuna di esse è stata studiata l’esposizione al PM 10 e PM 2,5, legate soprattutto all’inquinamento da traffico, ma anche ad altre sostanze prodotte dai riscaldamenti o dalle industrie.

Il risultato è stato piuttosto chiaro: per ogni incremento di 5 μg/m3 di PM 2,5, il rischio relativo di ammalarsi di tumore al polmone è aumentato di circa il 18 per cento, mentre è cresciuto del 22 per cento a ogni aumento di 10 μg/m3 di PM 10. I risultati dicono anche che non esistono limiti al di sotto dei quali non esistono effetti nocivi. Sono infatti stati registrati incrementi dei casi di cancro al polmone anche in gruppi esposti a un livello di inquinamento inferiore ai limiti massimi stabiliti dalle norme europee, pari a 40 μg/m3 di PM 10 e a 25 μg/m3 di PM 2,5. Peraltro, tali soglie vengono superate per molti giorni di seguito in molte città italiane.

I risultati sono stati talmente convincenti che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha annunciato il 17 ottobre 2013 di avere incluso l’inquinamento atmosferico e le polveri sottili (il cosiddetto particolato) tra le sostanze di classe 1, ovvero quelle sicuramente cancerogene.

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Non solo polmoni

I polmoni non sono gli unici organi a rischio, quando si parla del legame tra inquinamento atmosferico e cancro. Partendo dalla popolazione coinvolta nel già citato studio ESCAPE, i risultati di una ricerca, pubblicati nel 2017 sulla rivista Environmental Health Perspectives, hanno dimostrato un’associazione tra inquinamento dell’aria e tumore mammario in donne in post-menopausa residenti in Europa. In una più recente metanalisi su 21 studi osservazionali, pubblicata nel 2023 sulla rivista Cancers, alcuni ricercatori hanno valutato il legame tra inquinamento atmosferico legato al traffico e rischio di tumore mammario. È stata identificata un’associazione significativa tra ossido di azoto (NO2), una sostanza comunemente presente tra gli inquinanti legati al traffico, e l’aumento, seppur lieve, del rischio di questo tumore.

I risultati di uno studio britannico, pubblicati nel 2023 sulla rivista Nature, hanno inoltre dimostrato che l’inquinamento atmosferico, in particolare il PM2,5, ha un ruolo importante nel favorire lo sviluppo di tumori al polmone anche in chi non ha mai fumato. I dati pubblicati, che hanno generato grande interesse, mostrano che queste sostanze sono in grado di modificare il destino di cellule che presentano specifiche mutazioni. Queste alterazioni da sole hanno poche possibilità di trasformare una cellula sana in tumorale, mentre con l’esposizione a PM2,5 la trasformazione prende il via, portando in ultima analisi al tumore.

Inoltre, i risultati di uno studio tedesco, pubblicati nel 2018 sulla rivista BMC Public Health, hanno dimostrato un legame tra un aumento di 10 μg/m3 di PM10 e il rischio relativo di tumore alla bocca e alla gola (53 per cento) e di tumore della pelle diverso dal melanoma (52 per cento). Meno forte, ma comunque significativo, l’aumento del rischio relativo per i tumori della prostata (23 per cento) e del seno (19 per cento).

Da allora sono molti gli studi che hanno identificato associazioni tra esposizioni a diversi inquinanti ambientali e rischio di sviluppare tumori in diverse sedi.

Le dimensioni del rischio

È importante sottolineare che il rischio di ammalarsi di tumore al polmone a causa dello smog è comunque contenuto rispetto a quello determinato da altre cause, in particolare il fumo di sigaretta. Secondo i dati dell’OMS, il fumo di tabacco è all’origine della grande maggioranza dei casi di tumore del polmone e dell’80-90 per cento dei decessi a esso correlati, mentre allo smog è attribuibile una percentuale molto inferiore di casi di tumore del polmone. Sul sito dell’Agenzia europea per l’ambiente si legge che “l’inquinamento atmosferico (sia in locali chiusi che all’aperto) è correlato all’1 per cento circa di tutti i casi di cancro in Europa e provoca circa il 2 per cento dei decessi complessivi ascrivibili a tale malattia. Quest’ultimo dato sale al 9 per cento se si considerano solo i tumori ai polmoni”.

Come riferiscono gli esperti del Fred Hutchinson Cancer Research Center, un aumento della concentrazione di queste particelle fino alla soglia di 10 μg/m3 d’aria è legata a un aumento di rischio relativo del 9 per cento dei casi di tumore del polmone. Anche se si tratta di un incremento importante, non è certo paragonabile a quello causato dall’abitudine al fumo di sigaretta, che aumenta il rischio relativo di questo tipo di tumore del 1.000-2.000 per cento rispetto a chi non fuma, secondo la American Lung Association.

Inoltre lo smog sembra essere legato principalmente all’adenocarcinoma, una forma di tumore polmonare che può essere curato in una buona percentuale di casi, se diagnosticato precocemente.

Peggiora la prognosi

A causa dell’aria inquinata non solo aumenta il rischio di sviluppare un tumore, ma anche quello di morire a causa di esso. I risultati pubblicati nel 2016 di uno studio condotto dai ricercatori delle Università di Birmingham e Hong Kong hanno dimostrato che il rischio relativo di mortalità per qualsiasi tumore aumenta del 22 per cento circa per ogni aumento di 10 μg/m³ dell’esposizione a PM2,5. Analizzando più in dettaglio i risultati, ottenuti analizzando i dati di più di 66.000 persone, i ricercatori hanno notato un incremento del rischio relativo di mortalità pari al 42 per cento circa per i tumori del tratto digestivo superiore e del 35 per cento per tumori di altri organi quali fegato, vie biliari e pancreas. Per le donne il rischio relativo di decesso legato al tumore mammario aumentava dell’80 per cento con l’aumento dell’esposizione a PM2,5, mentre per gli uomini il rischio relativo di tumore al polmone saliva del 36 per cento.

In conclusione

Numerosi dati di laboratorio ed epidemiologici sottolineano l’associazione tra inquinamento atmosferico – legato in particolare alle polveri sottili PM2,5 – e aumento del rischio di tumore, non solo del polmone. Sebbene il rischio non sia particolarmente alto in assoluto, l’impatto complessivo è elevato dato il grande numero di persone nel mondo esposte a inquinamento atmosferico. La buona notizia è che lo smog, come il fumo di sigaretta, può essere contenuto con apposite misure di tutela della salute pubblica, oltre che con comportamenti individuali responsabili. La cosa più importante, però, è evitare di sommare rischio a rischio: tutti dovrebbero evitare il fumo di sigaretta e chi abita in città ha una ragione in più per farlo.

Per saperne di più

  • Agenzia Zoe