È vero che gli alimenti con la muffa fanno venire il cancro?

No, non tutte le muffe sono cancerogene, ma alcuni tipi di funghi della famiglia degli aspergilli possono attaccare i cibi e rilasciare aflatossine, sostanze tossiche che sono mutagene e cancerogene per il fegato.

Ultimo aggiornamento: 13 luglio 2021

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In breve

 

  • Non tutte le muffe sono pericolose per la salute.
  • Alcuni funghi della famiglia degli aspergilli possono produrre sostanze chiamate aflatossine che contaminano i cibi (in particolare cereali, frutta secca, legumi e spezie).
  • Le aflatossine sono genotossiche e provocano il cancro del fegato.
  • Esistono intossicazioni acute (rare) o intossicazioni croniche dovute all'assunzione continuativa di piccole quantità di alimenti contaminati.
  • Le aflatossine sono classificate tra i cancerogeni certi per gli esseri umani.
  • Per ridurne la presenza esistono norme di raccolta, lavorazione e conservazione degli alimenti a rischio.

Le muffe sono cancerogene? Molti siti internet affermano di sì. Per fortuna non è sempre così, altrimenti qualsiasi formaggio erborinato o frutto leggermente avariato sarebbe un grave rischio per la salute.

Detto ciò, è comunque importante sapere che esistono alcune muffe davvero pericolose. Sono formate da colonie di funghi Aspergilli, che si sviluppano soprattutto sui cereali (in particolare sul mais, ma non solo), sui legumi (soia, fagioli), sui semi oleaginosi come le arachidi, sulle spezie, le granaglie e la frutta secca.

Tra le specie di aspergilli in grado di produrre aflatossine si possono ricordare Aspergillus (A.) flavus, A. parasiticus, A. nomius, A. pseudotamarii, A. bombycis, A. ochraceoroseus e A. australis. In realtà Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus sono i responsabili della produzione della maggior parte delle aflatossine identificate nelle derrate alimentari di tutto il mondo.

Questi funghi si sviluppano quando gli alimenti sono conservati a temperature tra i 25 e i 32°C e con tassi di umidità dell'ambiente oltre l'80 per cento.

Qual è il legame tra aflatossine e cancro?

Esistono diversi tipi di aflatossine: l'Aspergillus flavus produce i tipi B1 e B2, l'Aspergillus parasiticus produce sia i tipi B sia i tipi G1 e G2. Esistono altri tipi di aflatossine (circa una ventina), ma queste quattro sono le più pericolose per la salute umana. Si ritrovano, come già detto, soprattutto in alimenti vegetali (cereali, legumi, frutta secca eccetera). È importante citare anche l’aflatossina M1, che deriva dall’aflatossina B1, e che si può ritrovare nel latte di animali nutriti con cibo contaminato da aflatossine B. L'aflatossina B1 è genotossica, cioè danneggia il DNA e la produzione delle proteine nella cellula, provocando il cancro del fegato. Alcuni studi hanno messo in relazione l'intossicazione da aflatossina con la mutazione del gene p53, un importante oncosoppressore che, se mutato, priva la cellula di una protezione importante contro il cancro.

Nei pazienti con tumore del fegato che vivono in aree dove l’esposizione alle aflatossine è particolarmente elevata, fino al 50 per cento dei casi presenta una specifica mutazione puntiforme in questo gene. Se assunta in grandi quantità, come avviene nel caso di una intossicazione acuta (per fortuna rara), l'aflatossina B1 può provocare anche emorragie del tratto gastrointestinale e dei reni. Epidemie di intossicazioni da aflatossine si sono verificate soprattutto in Africa, dove non esistono sistemi di controllo della coltivazione e dello stoccaggio dei cereali.

L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione si occupa da circa 50 anni di valutare l’effetto cancerogeno, tra le altre sostanze, anche delle aflatossine, oggi sono classificate nel gruppo 1, quello delle “sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani”. Come ricordato dagli esperti IARC anche nell’ultima revisione sul tema (Volume 100F del 2012), la principale fonte di esposizione a queste tossine è proprio il cibo, ma esiste anche una esposizione professionale, in particolare per le persone che hanno a che fare con derrate alimentari contaminate (per esempio agricoltori o allevatori).

Oltre alle intossicazioni acute, le aflatossine possono "avvelenare" lentamente se assunte in basse dosi e per lunghi periodi. Inoltre sono particolarmente pericolose per le persone che già soffrono di malattie croniche del fegato.

Le aflatossine resistono alle alte temperature: ecco perché anche i prodotti ottenuti da lavorazione industriali di materie prime contaminate possono essere tossici.

Come si può sapere se un cibo è contaminato?

Le aflatossine non si vedono e non hanno sapore. Se sui cibi sono visibili muffe, ciò non è indicativo di una loro eventuale presenza. Solo seri controlli della filiera di coltivazione, produzione e stoccaggio consentono di raggiungere la sicurezza richiesta per legge, che consente di offrire ai consumatori prodotti non a rischio di contaminazione da aflatossine.

L'Unione Europea ha introdotto diverse norme per ridurre al minimo la presenza di aflatossine negli alimenti. Esiste infatti un regolamento (il 1881 del 2006) che stabilisce le concentrazioni massime accettabili (in genere non più di semplici tracce, perché non esiste un limite al di sotto del quale la tossicità non si manifesta). Tutte le indicazioni su come svolgere i controlli – dalla raccolta dei campioni alla loro analisi – sono invece descritte nel regolamento europeo 401/2006.

Un documento dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), datato 2004 e aggiornato nel 2006, definisce “non desiderabile” la presenza di aflatossina B nel mangime destinato agli animali.

Se tutto ciò ancora non bastasse, in Europa vengono messi in atto numerosi controlli sui prodotti che vengono importati ed esportati, con particolare attenzione ai prodotti che provengono da Paesi in cui è reputato più probabile si verifichi una contaminazione da aflatossine.

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I controlli non dipendono dai singoli ma da sistemi messi a punto dalle autorità per la sicurezza alimentare. Si tratta di sorvegliare i prodotti più a rischio, dal campo fino alla tavola. Per quel che riguarda il mais, per esempio, vi sono regole circa i tempi della raccolta, da effettuare quando l'umidità ambientale non supera i livelli di guardia, così come raccomandazioni per l'essiccazione, in modo che l'involucro dei chicchi non si rompa aprendo la strada alla contaminazione fungina. Per la conservazione casalinga, è bene evitare di consumare prodotti a base di cereali (pane, torte) quando vi sono tracce di muffa, così come è opportuno rispettare le date di scadenza e le modalità di conservazione di frutta secca, noci e spezie.

In conclusione

Non tutte le muffe sono pericolose per la salute e per il cancro. Il rischio oncologico riguarda in particolare il tumore del fegato ed è legato soprattutto alla presenza e all’esposizione a particolari tossine – le aflatossine – prodotte da alcune specie di funghi Aspergilli. Grazie ai controlli delle autorità per la sicurezza alimentare, imposti dalla legge, e ad alcune accortezze nella conservazione dei cibi a casa, è possibile ridurre notevolmente il rischio di esposizione alle aflatossine.

  • Agenzia Zoe