Quattro provette per ricreare la vita in laboratorio

Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020

Quattro provette per ricreare la vita in laboratorio

Una "cellula sintetica" che funziona quasi in tutto e per tutto come una cellula normale ed è capace di replicarsi. Abbiamo veramente ricreato la vita in laboratorio? Fondamentale ne discute con gli esperti di AIRC.

La prima cellula sintetica - cioè dotata di un patrimonio genetico interamente creato in laboratorio - capace di funzionare e riprodursi è stata presentata dal suo "inventore" Craig J. Venter come "la prima specie presente sul nostro pianeta che abbia come genitore un computer".

A poco meno di 10 anni dall'annuncio di aver sequenziato per primo l'intero genoma umano, il biologo statunitense a capo del J. Craig Venter Institute ha pubblicato sulle pagine della prestigiosa rivista Science i risultati ottenuti, dopo un percorso durato anni, che hanno portato alla creazione di una cellula controllata dalle istruzioni di un genoma interamente preparato a tavolino.

In base alle indicazioni fornite da un computer, i ricercatori hanno infatti messo insieme le quattro basi che costituiscono il codice genetico secondo una sequenza precisa e hanno ricreato il patrimonio genetico "sintetico" di un microganismo chiamato Mycoplasma mycoides.

Questo nuovo DNA in realtà non è del tutto identico a quello del micoplasma di partenza, ma è in grado di funzionare come quello "naturale".

In particolare, il DNA sintetico è stato inserito in una cellula di una diversa specie di micoplasma, il Mycoplasma capricolum, dove ha cominciato a funzionare producendo tutte le proteine di M. mycoides e riuscendo a replicarsi e a produrre cellule figlie.

Il risultato finale è dunque un nuovo microrganismo che possiede l'involucro esterno e le altre strutture cellulari del M. capricolum e l'informazione genetica (sintetica) del M. mycoides.

Dove ci porta la nuova scoperta

"Questa scoperta rappresenta un grande passo avanti sia filosofico sia scientifico" ha affermato Venter "e di sicuro ha cambiato la mia prospettiva sulla definizione di vita e sul modo in cui la vita funziona". Essere in grado di disegnare un genoma a tavolino significa riuscire a indurre una cellula a eseguire tutti i comandi imposti dal ricercatore: Venter e colleghi, infatti, pensano già alla possibilità di creare cellule capaci di produrre nuovi biocarburanti, nuovi farmaci o vaccini. Le applicazioni della "cellula sintetica" sono potenzialmente infinite, anche se al momento restano confinate solo al piano teorico. Non tutti gli scienziati però sono così entusiasti. Alcuni invitano alla prudenza, per evitare il rischio che una tecnologia così potente serva per creare nuovi batteri per scopi non nobili o potenzialmente pericolosi e invitano a rallentare, almeno fino a quando non saranno disponibili regole chiare anche in questo campo della ricerca. "Questi timori sono, a mio parere, eccessivi" afferma Francesca Ciccarelli, titolare di una Start-up AIRC che si occupa di bioinformatica e genomica del cancro all'IFOM (Istituto FIRC di oncologia molecolare) di Milano. "Bloccare la conoscenza non è mai positivo. Siamo di fronte a un grande risultato tecnologico e scientifico, ma ci troviamo solo all'inizio di un lungo percorso".

Come Ciccarelli, sono molti gli esperti che ammettono che si tratta di un grande passo avanti, ma si guardano bene dal parlare di creazione di una nuova vita anche perché solo una parte della cellula sintetica - il DNA - è veramente di sintesi: il resto deriva da una cellula vivente "naturale"che gli scienziati non sono ancora in grado di ricreare in laboratorio. Anche per quanto riguarda le possibli applicazioni della scoperta alla cura del cancro o di altre malattie gli esperti sono molto cauti. "Di certo si tratta di una pietra miliare nella ricerca genetica e molecolare" spiega Maria Rescigno dell'Istituto europeo di oncologia di Milano "ma le applicazioni pratiche non saranno sicuramente disponibili a breve termine".

Nel campo dei vaccini, per esempio, sui quali Maria Rescigno lavora con il gruppo di immunobiologia delle cellule dendritiche e immunoterapia dell'IFOM-IEO Campus, l'utilizzo delle cellule sintetiche è ancora lontano e non bisogna dimenticare che "al momento abbiamo a disposizione altri sistemi che funzionano molto bene per la produzione dei vaccini e che sono molto meno costosi e difficili da realizzare". Nessun timore, infine, che gli scienziati possano creare a breve il genoma sintetico dell'uomo: è stato già complesso creare quello di un batterio lungo 1 milione di basi, figuriamoci quello di un uomo, che di basi ne contiene oltre 3 miliardi.

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Una firma in filigrana

Un po' per gioco e un po' per necessità, il DNA sintetico creato da Venter e colleghi è diverso da quello del M. mycoides originale e non solo per la mancanza di 14 geni originali. Lungo il milione di basi che compongono il patrimonio genetico del batterio, infatti, i ricercatori si sono divertiti a inserire frasi criptate che comprendono, per esempio, i nomi e gli indirizzi email di chi ha preso parte all'esperimento e alcune citazioni di James Joyce e del fisico Richard P. Feynman. Questo che sembra solo un "gioco genetico" permetterà in futuro di distinguere con certezza il genoma sintetico da quello naturale senza interferire con l'attività del DNA stesso.

Un pezzetto alla volta

Creare una sequenza di DNA e introdurla in un genoma è oggi un gioco da ragazzi: lo fanno ogni giorno molte aziende specializzate e persino gli studenti di biologia molecolare. Perché dunque tanto entusiasmo per l'esperimento di Venter e colleghi? Il punto di forza dei ricercatori statunitensi sta nel fatto che nella "cellula sintetica" non è stato inserito un solo frammento di DNA, ma l'intero genoma del batterio, formato da oltre 1 milione di basi (i 4 diversi mattoncini che compongono il codice genetico).
Questo risultato ha richiesto tempo e molto impegno: anche con le più moderne tecnologie, infatti, non è ancora possibile sintetizzare in un unico colpo frammenti di DNA così lunghi e per raggiungere il risultato finale si è dovuto procedere per gradi. Prima di tutto sono stati creati tanti frammenti di circa 1000 basi legate tra loro grazie a normali procedure biochimiche.
In seguito, questi frammenti sono stati uniti nell'ordine corretto grazie all'aiuto di cellule di lievito e, con passaggi successivi, sono state assemblate porzioni sempre più lunghe fino ad arrivare alla lunghezza del genoma completo.

È anche una questione di soldi

Il progetto della nuova cellula sintetica è costato ben 40 milioni di dollari, una cifra veramente imponente che ben pochi laboratori riuscirebbero a raccogliere. "Con i costi attuali è quasi impossibile pensare di riprodurre l'esperimento statunitense nei nostri laboratori" spiega Maria Rescigno.
"I costi della sintesi dei frammenti di DNA devono prima diminuire notevolmente, come è già successo per i costi del sequenziamento". "D'altro canto" precisa Francesca Ciccarelli "i costi sono un problema relativo in questo caso. Se la scoperta si rivelerà utile, e soprattutto utilizzabile, i costi scenderanno adeguandosi alle richieste del mondo scientifico".

La TED Conference di Craing Venter

Due anni prima dell'annuncio della creazione della prima cellula sintetica, nel 2008, Craig Venter era stato invitato a parlare della possibilità di creare la vita in laboratorio in una delle prestigiose TED Conferences.
Su Youtube potete vedere il video di questo interessante intervento (in inglese) e la registrazione della conferenza che ha tenuto, sullo stesso argomento, esattamente un anno dopo.