Lo scienziato coordinatore dei grandi progetti

Ultimo aggiornamento: 24 ottobre 2018

Lo scienziato coordinatore dei grandi progetti

Il project manager della ricerca è una figura ancora poco conosciuta ma cruciale per gestire i molteplici aspetti di un progetto, dalla supervisione scientifica alla gestione finanziaria fino alle strategie di comunicazione e trasferimento tecnologico.

L'immagine romantica dello scienziato solitario e intuitivo, che giunge a una scoperta guidato solo dall'ispirazione e dal genio, distaccato dal resto del mondo, è ormai un ricordo del passato o di vecchi film nostalgici. La moderna ricerca, e in particolar modo quella biomedica, è sempre più un'impresa collettiva, che coinvolge team di scienziati di diverse discipline, prime fra tutte la biologia e la medicina, ma anche la farmacologia, l'informatica e l'ingegneria biomedica. Una buona scienza è, però, condizione necessaria ma non sufficiente a portare avanti un progetto di ricerca: per garantirne il successo occorrono anche un'attenta gestione delle risorse economiche e umane, e un lavoro di coordinamento e comunicazione tra le diverse professionalità coinvolte. Un progetto di ricerca è dunque come una macchina molto complessa, formata da ingranaggi diversi ma tutti essenziali. Se qualcosa non gira come dovrebbe, l'intero meccanismo si inceppa. Ed ecco che entra in gioco il project manager della ricerca: un po' scienziato, un po' manager, un po' comunicatore.

Il polso della situazione

Cosa fa, nell'attività quotidiana, un project manager di ricerca? Lo spiega Ann Zeuner, direttore del Reparto di biotecnologie ematologiche e oncologiche dell'Istituto superiore di sanità a Roma. Oltre a gestire il suo gruppo di ricerca, è anche project manager di un programma 5 per mille di AIRC, coordinato dall'ematologo Ruggero De Maria, il cui obiettivo è lo studio delle cellule staminali del cancro "dormienti", per capire come renderle più sensibili alle chemioterapie.

"Le attività quotidiane di un project manager sono molteplici" spiega Zeuner. "Da questioni puramente pratiche come l'organizzazione di meeting e incontri tra le varie unità di ricerca clinica e biologica, alla revisione critica del progetto, al disbrigo degli aspetti amministrativi e burocratici, fino alla gestione degli aspetti logistici, delle risorse umane e finanziarie". In particolare quest'ultima mansione è una delle maggiori responsabilità del project manager: valutare come allocare i fondi per le diverse unità di ricerca ed evitare gli sprechi, abilità essenziale in un mondo della ricerca sempre più frenetico e dipendente dai finanziamenti, spesso scarsi.

Un project manager, insomma, è il braccio destro operativo del ricercatore che coordina il gruppo: si assicura che, una volta delineati gli obiettivi scientifici, si tenga la giusta rotta e ci si muova coerentemente verso la sua realizzazione, avendo sempre ben chiara la visione di insieme.

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Serve studiare la scienza

Ma se il project management è l'arte di pianificare, organizzare e gestire le componenti di un processo per raggiungere uno scopo prestabilito, come si combina la spinta creativa e, talvolta, imprevedibile della ricerca scientifica con obiettivi e tempi prefissati a tavolino? È forse un binomio inconciliabile? Non la pensa così Cecilia Melani, dirigente medico e ricercatrice all'Istituto nazionale tumori di Milano, e braccio scientifico dell'Ufficio di trasferimento tecnologico dell'Istituto: "Una buona ricerca non può prescindere da un'ottima organizzazione. Una pianificazione accorta permette di far fruttare al meglio le risorse umane ed economiche, sempre limitate. Questo significa anche, e soprattutto, un'attenta pianificazione scientifica" continua Melani.

"In ogni progetto di ricerca è ovviamente insito un certo grado di incertezza e imprevedibilità. Proprio per questo lo studio della letteratura scientifica, congiunto alla gestione di tutte le risorse disponibili, permette di ottimizzare il processo di ricerca e ottenere risultati concreti nel minor tempo possibile".

Talvolta sono ex ricercatori

Sulla stessa linea di pensiero è anche Pascale Romano. Dopo una laurea e un dottorato in biochimica a Oxford e più di dieci anni di ricerca in ambito oncologico, è ora project manager di un vasto programma di ricerca di medicina molecolare, finanziato con il 5 per mille di AIRC e coordinato da Pier Paolo Di Fiore all'Istituto europeo di oncologia di Milano. Il gruppo è composto da biologi, bioinformatici e clinici che studiano le cellule staminali del tumore al seno, per caratterizzarne la biologia, il profilo genetico e mettere a punto nuovi marker diagnostici e terapie più efficaci. "Una parte cruciale del lavoro del project manager" racconta Pascale Romano "è quella di essere sempre periodicamente aggiornati sul lavoro di ogni singola unità di ricerca. In questo modo si tengono sott'occhio i progressi sui diversi fronti, si identificano eventuali blocchi o colli di bottiglia e si può intervenire tempestivamente in modo che l'ingranaggio globale non si arresti".

Un project manager deve quindi essere estremamente versatile: deve gestire eventuali conflitti, mostrare grandi doti di negoziazione e interfacciarsi con diversi professionisti; di fatto un "mediatore culturale". Non è un compito da poco, come racconta Romano: "La grande sfida è stata la creazione di un vero e proprio linguaggio condiviso tra le diverse professionalità: per esempio, comprendere le specifiche esigenze del medico che deve anche occuparsi dei pazienti e del ricercatore che deve attenersi ai tempi sperimentali, e trovare occasioni di incontro e di condivisione dei dati".

Anche legge e gestione

Come si diventa project manager della ricerca? Sicuramente occorre una profonda conoscenza delle dinamiche della ricerca e del metodo scientifico; una formazione scientifica e, possibilmente, un'esperienza di ricerca sul campo sono condizioni quasi obbligate. "È essenziale conoscere dall'interno come lavora il mondo scientifico per comprendere le problematiche e costruire il linguaggio condiviso" afferma Pascale Romano. Ma conoscere la scienza non basta. Occorre acquisire competenze di tipo legale, amministrativo e gestionale. "Di certo frequentare master o corsi di specializzazione aiuta. Quello che conta di più, però, è non avere paura di mettersi in gioco, studiare e imparare. Insomma, costruirsi con lavoro ed esperienza le proprie competenze" conclude Melani. "E l'elasticità mentale tipica di un ricercatore aiuta anche in questo".

Un'altra qualità fondamentale nel profilo professionale di un project manager di ricerca è, per Ann Zeuner, la comunicazione, a diversi livelli: interpersonale, per coordinare le risorse umane, tecnico-scientifico, per scrivere report e articoli scientifici e per partecipare ai congressi. Infine non ha meno importanza la comunicazione rivolta ai "non addetti ai lavori": prima di tutto i finanziatori, a cui occorre rendicontare regolarmente il proprio lavoro, ma anche la società in senso più ampio, come le scuole e il grande pubblico. "In questo modo si instaura un circolo virtuoso: la società finanzia la ricerca, la ricerca restituisce risultati alla società, che a sua volta rifinanzia nuova ricerca" conclude Zeuner.

Un project manager di ricerca è dunque un "tuttofare altamente specializzato"; in un mondo come quello della ricerca, sempre più complesso e articolato, i ricercatori e gli scienziati di domani quindi dovranno diventare sempre di più professionisti multitasking, non solo preparati dal punto di vista tecnico-scientifico ma con competenze economico-amministrative, comunicative e di problem solving.

Come si diventa... project manager della ricerca

La natura transdisciplinare di questa professione rende impossibile tracciare un percorso di studi univoco. Dopo una laurea scientifica e un dottorato di ricerca sul campo, può essere utile frequentare un master di specializzazione o un corso di perfezionamento, ormai sempre più numerosi in molte città d'Italia. Da diversi anni l'Università Bocconi di Milano realizza il Master in Management per la sanità mentre la Fondazione Il Sole24Ore offre una Business School in Management del settore sanità, pharma e biomed. L'Università del Molise, in collaborazione con la Fondazione Neuromed, ha avviato, a partire dall'anno accademico 2012/2013, il Master di primo livello specifico in Management dei laboratori di ricerca biomedica, mentre all'Università Cattolica di Milano è attivo il Master di secondo livello in valutazione e gestione delle tecnologie sanitarie. Chi desidera superare i confini nazionali e trovare opportunità di perfezionamento all'estero, avrà solo l'imbarazzo della scelta. A partire dalla prestigiosa Harvard Business School negli USA, moltissime università offrono i cosiddetti Master of Business Administration (MBA): corsi di formazione post universitaria di alto livello in cui si acquisiscono doti manageriali e amministrative.

I finanziamenti della ricerca

Una delle responsabilità maggiori di un project manager della ricerca è reperire e gestire al meglio finanziamenti, o grant, per realizzare i progetti di ricerca. Il processo di assegnazione dei grant è molto rigoroso e prende in considerazione numerosi fattori come la solidità scientifica del progetto, le competenze scientifiche del proponente, il potenziale innovativo ma anche la fattibilità tecnica ed economica. Le valutazioni vengono eseguite col criterio della peer review, avvalendosi dei massimi esperti internazionali in ogni specifico campo di ricerca. È questo il metodo adottato anche da AIRC. Inoltre, i beneficiari dei grant sono tenuti a redigere regolari resoconti sia dei risultati scientifici sia di come sono stati utilizzati i fondi erogati, nel massimo rispetto della trasparenza e per garantire la migliore gestione dei finanziamenti.

  • Chiara Segre