La viroterapia è in grado di curare i tumori?

Potenzialmente, ma l’uso è ancora prevalentemente sperimentale, per specifici tipi di tumore e casi selezionati. Non esistono invece preparati a base di virus oncolitici che possano curare i tumori in modo indiscriminato, nonostante la pubblicità su Inter

Ultimo aggiornamento: 22 marzo 2023

Tempo di lettura: 8 minuti

In breve

  • La viroterapia è un metodo sperimentale, entrato nella pratica clinica solamente per il melanoma, che utilizza la capacità di alcuni virus di infettare prevalentemente le cellule cancerose per tentare di distruggere i tumori.
  • Finora gli esperimenti di viroterapia hanno ottenuto risultati limitati e la loro applicazione clinica su larga scala presenta problemi sui quali gli scienziati stanno ancora lavorando.
  • Ciò nonostante, su Internet si trova in commercio una preparazione del virus ECHO-7, nota con il nome di Rigvir, approvata solo dalle autorità sanitarie della Lettonia e di alcuni paesi dell’Europa dell’Est, che viene proposta come terapia per il melanoma e per molti altri tipi di tumore.
  • Nessuno studio condotto seguendo le norme della buona ricerca scientifica permette di affermare che le preparazioni viroterapiche vendute online abbiano effetti terapeutici per la cura dei tumori.

La storia

Rigvir è il nome commerciale di una preparazione contenente ECHO-7, un virus della famiglia degli echovirus. Gli echovirus sono stati isolati nelle feci di alcuni bambini, ai quali causano episodi febbrili acuti. La preparazione Rigvir è prodotta e utilizzata da una clinica situata in Lettonia, dove ha ricevuto l’approvazione per l’immissione in commercio nel Paese. L’autorizzazione è stata rilasciata per il trattamento del melanoma, ma ne viene fatto un utilizzo off-label, ossia al di fuori delle condizioni autorizzate, per molti tipi di tumore.

Negli anni Sessanta del Novecento, la virologa lettone Aina Muceniece aveva osservato che alcuni echovirus erano in grado di infettare e distruggere le cellule del melanoma. Uno di questi virus, ECHO-7, era stato somministrato a pochi pazienti con tumore in stadio avanzato. Il virus non era risultato pericoloso per i pazienti e in alcuni casi era stata notata una riduzione della malattia. L'effetto era comunque molto limitato, perciò era stato proposto di usare il virus solo in seguito alla rimozione chirurgica della massa tumorale. Dopo anni di oblio, l’interesse per gli studi di Ania Muceniece si è risvegliato negli anni Novanta. Nel 2004, in Lettonia, senza che ci fossero stati sostanziali progressi nella ricerca, è stato rilasciato un brevetto nazionale per l’uso di ECHO-7 con il nome commerciale Rigvir (in omaggio alla città di Riga, capitale della Lettonia).

Le ricerche e le pubblicazioni su cui si basa l’autorizzazione per la commercializzazione sono di scarsa qualità. Si tratta di studi retrospettivi condotti su pochi casi: qualche paziente che aveva assunto anche il preparato viroterapico, insieme a molti altri farmaci, aveva segnalato un miglioramento. Tuttavia non è possibile, in questi casi, attribuire i risultati a un trattamento piuttosto che all’altro.

Nessuna prova di efficacia è stata ottenuta mediante una sperimentazione rigorosa. Mancano completamente studi di fase 3 (il livello più alto tra quelli richiesti per la commercializzazione di un farmaco) e studi randomizzati controllati, ossia indagini in cui i pazienti vengono divisi in modo casuale (random) in due gruppi. Uno riceve la terapia in analisi, mentre l’altro, di controllo, viene trattato con una cura standard, un placebo o in nessun modo. Nonostante la mancanza di solidi dati, la viroterapia Rigvir viene ampiamente pubblicizzata attraverso siti internet e gruppi di pazienti e, negli ultimi anni, anche malati in Italia hanno speso ingenti somme per recarsi in Lettonia. Nel 2017 alcune associazioni mediche del nostro Paese, tra cui quella degli oncologi (AIOM), hanno scritto al Ministero della salute per criticare il sistema sanitario lettone che include il Rigvir tra i farmaci rimborsati e lanciare l’allarme sul rischio che, in base alle norme europee, questa cura di non provata efficacia sia approvata sull’intero territorio europeo. I dati utilizzati per conseguire il brevetto non sono stati infatti ritenuti sufficienti per ottenere l’approvazione alla commercializzazione negli Stati Uniti e in Giappone.

Nonostante in Lettonia la cura sia registrata solo per il trattamento del melanoma, chi la pubblicizza la propone anche per il tumore del seno, della prostata, del polmone, del fegato e molti altri. Non sono mai stati pubblicati su riviste scientifiche dati che dimostrino l’efficacia della terapia in nessuna di queste patologie oncologiche. A sostegno della terapia vengono portate solo testimonianze di pazienti che dicono di essere guariti. È importante far notare come alcuni di questi pazienti avessero un melanoma a uno stadio iniziale e abbiano usato il preparato solo dopo la rimozione chirurgica del tumore. In questi casi, l’intervento chirurgico è di norma risolutivo e non richiede alcuna terapia. Le storie di queste persone, quindi, non dimostrano l’efficacia della cura. Non a caso, il preparato è venduto anche su siti o in cliniche dove vengono proposte altre terapie prive di presupposti scientifici.

Cos'è la viroterapia oncolitica

Come spesso accade nel caso delle cure non basate su prove scientifiche, anche in questo caso vi è un nucleo di verità intorno alla quale è stata costruita la bufala.

Esistono davvero alcuni virus, detti oncolitici, che infettano e distruggono le cellule tumorali. Questi virus colpiscono preferibilmente le cellule tumorali rispetto a quelle sane perché le prime perdono alcuni sistemi di difesa. Un esempio di virus che infetta più facilmente le cellule tumorali rispetto a quelle sane è il virus della parotite (orecchioni). Altri virus, come quello del morbillo, possono essere modificati in laboratorio perché infettino con maggiore probabilità le cellule tumorali.

Obiettivo della viroterapia oncolitica è utilizzare dei virus per distruggere il cancro. Le osservazioni iniziali, fra cui quelle di alcuni studi italiani, risalgono ai primi del Novecento. Il dottor Nicola Di Pace osservò la regressione di tumori della cervice uterina a seguito di vaccinazione antirabbica. In successivi studi, negli anni Cinquanta, fu osservato che in alcuni pazienti il tumore si era rimpicciolito in seguito a un’infezione virale. Utilizzando metodi di ingegneria genetica per modificare i virus, i ricercatori hanno iniziato a valutare la viroterapia oncolitica in cellule cancerose coltivate in laboratorio.

La messa a punto della viroterapia oncolitica non è semplice. Bisogna selezionare un virus che, per sua natura o dopo essere stato modificato, risulti quanto meno attenuato, ossia incapace di provocare i gravi danni tipici dell’infezione virale. Si modifica quindi geneticamente il virus per far sì che riconosca le cellule tumorali bersaglio, le raggiunga, riesca a penetrarvi e a moltiplicarsi all’interno. Per curare con questo preparato un melanoma, un cancro cutaneo, è possibile iniettare il virus direttamente nella massa tumorale. Per trattare invece un tumore che cresce all’interno del corpo e ha disseminato metastasi è necessario somministrarlo all’intero organismo. Poiché il virus iniettato in vena viene subito catturato dai globuli bianchi, è però imprescindibile modificare il virus per impedire che venga neutralizzato dai meccanismi di difesa.

Ovviamente esistono dei rischi legati all’utilizzo dei virus a scopo terapeutico. Si tratta infatti di microrganismi che hanno la capacità di mutare e non è per questo possibile escludere che il virus iniettato in un paziente acquisti di nuovo la capacità di provocare i danni tipici dell’infezione virale. La somministrazione di farmaci assieme ai virus per potenziarne la diffusione potrebbe favorire l’infezione delle cellule sane. Le concentrazioni di virus necessarie a distruggere il tumore sono probabilmente molto alte e queste dosi potrebbero risultare tossiche per l’organismo. Anche la manipolazione genetica dei virus potrebbe portare a tossicità inattese. Malgrado le domande ancora aperte, la ricerca ha già contribuito a ridurre parte di questi rischi, al fine di rendere questi trattamenti il più possibile sicuri.

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A che punto è la ricerca

Le sperimentazioni in corso sono numerose. Risultati promettenti sono stati raggiunti per il melanoma, iniettando direttamente nel tumore un Herpes virus geneticamente modificato, il quale, oltre a distruggere le cellule, rilascia una proteina (chiamata GM-CSF) che stimola il sistema immunitario. In uno studio che ha coinvolto più di 400 pazienti con melanoma, metà sono stati trattati con il virus e metà con la proteina GM-CSF. La massa tumorale si è ridotta e l’effetto è durato almeno 6 mesi in quasi un terzo dei pazienti che hanno ricevuto il virus. La Food and Drug Administration (FDA) e l’Agenzia Europea per i medicinali (EMA), che regolamentano l’approvazione e l’uso dei farmaci rispettivamente negli Stati Uniti e in Europa, hanno stabilito nel 2015 che si tratta di una terapia efficace per il melanoma non operabile metastatico. Il talimogene laherparepvec (T-VEC), questo il nome dato all’unica terapia oncolitica approvata negli USA e in Europa, non rientra però tra i farmaci erogabili a carico del Sistema sanitario nazionale italiano.

Sulla rivista della Mayo Clinic sono stati pubblicati i risultati incoraggianti di uno studio preliminare per la cura del mieloma. I ricercatori hanno usato il virus del morbillo geneticamente modificato per trattare due donne colpite da mieloma multiplo metastatico a uno stadio molto avanzato. È stato scelto proprio il virus del morbillo perché infetta preferenzialmente le cellule del midollo osseo, la sede da cui originano le cellule di mieloma. Dopo il trattamento con dosi elevatissime di virus oncolitico, la malattia è regredita. In una paziente il tumore è tornato però a peggiorare dopo soli due mesi, mentre nell’altra l’effetto è durato più di sei mesi. Si tratta di un risultato positivo, che andrà però confermato con numeri maggiori di pazienti. Quando la notizia di questo studio ha raggiunto i media, l’informazione è stata stravolta ed è stato detto che “il virus del morbillo cura i tumori”. Il virus utilizzato nello studio era tuttavia una forma modificata e certo non quella comune. Inoltre ne era stata usata una quantità pari a quella necessaria a vaccinare 10 milioni di persone. È stato anche sottolineato che, per evitare che negli organismi riceventi fossero presenti anticorpi contro il morbillo, erano state scelte pazienti non vaccinate.

La ricerca sulla viroterapia oncolitica è molto attiva anche per altri tipi di tumore, e in associazione ai trattamenti di immunoterapia. Tuttavia, la sperimentazione sarà ancora molto lunga prima che si arrivi a un ampio utilizzo in clinica.

In conclusione

I virus oncolitici sono studiati nella ricerca oncologica perché hanno il potenziale di uccidere le cellule tumorali risparmiando quelle sane. Finora sono stati raggiunti risultati incoraggianti nel trattamento dei tumori in animali di laboratorio. I dati ottenuti nella sperimentazione clinica con esseri umani sono motivo di cauto e limitato ottimismo, come pure il protocollo approvato per il melanoma non operabile. Tuttavia, tanto i virus quanto i protocolli devono essere ancora ottimizzati prima di poterli impiegare ampiamente in modo efficace e sicuro in molti tipi di tumore.

La viroterapia con Rigvir viene, invece, commercializzata senza essere stata sperimentata utilizzando criteri scientifici rigorosi. Non ci sono pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali di buona qualità che consentano ai medici e agli scienziati competenti di affermare che il Rigvir sia in grado di curare il melanoma o altre forme di cancro.

  • Agenzia Zoe

    Agenzia di informazione medica e scientifica