È possibile curare il cancro con rimedi omeopatici?

No, l'omeopatia è considerata dalla scienza una pratica senza fondamento e tutti gli studi effettuati sull'uso di rimedi omeopatici nella cura del cancro hanno dimostrato un’efficacia che non è mai superiore al placebo.

Ultimo aggiornamento: 6 luglio 2021

Tempo di lettura: 10 minuti

In sintesi

  • L'omeopatia è una teoria pseudo-scientifica basata su principi incompatibili con le attuali conoscenze della medicina, della chimica e della fisica.
  • Nei rimedi omeopatici non si trova traccia di alcuna sostanza attiva, ma soltanto acqua, alcol o zucchero a seconda della preparazione.
  • Diversi studi, revisioni e metanalisi hanno cercato di dimostrare una efficacia dell'omeopatia nella cura del cancro, senza riuscirci.
  • L'uso dell'omeopatia come medicina complementare (cioè a fianco delle cure convenzionali di provata efficacia) è apparentemente priva di rischi. Tuttavia, gli studi dimostrano che spesso il paziente che si rivolge a un medico che prescrive rimedi alternativi ha una minore adesione ai trattamenti efficaci e quindi corre il rischio, non curandosi, di avere una prognosi peggiore.

Cos'è l'omeopatia

L'omeopatia è una pratica terapeutica pseudo-scientifica formulata dal medico tedesco Samuel Hahnemann nella prima metà dell'Ottocento. Si basa su due principi che la scienza medica moderna non è mai riuscita a dimostrare come validi.

Il primo è il principio dei simili che presuppone che un sintomo o una malattia possano essere curati da sostanze di origine animale o vegetale in grado di indurre, in una persona sana, lo stesso sintomo o lo stesso disturbo. Il secondo principio dell'omeopatia è la diluizione: le sostanze individuate in base al primo principio vengono somministrate dopo esser state abbondantemente diluite, il più delle volte così diluite che anche le sofisticate macchine moderne per l'analisi chimica (come il gascromatografo) non sono più in grado di rilevarne alcuna traccia.

L'omeopatia è quindi una teoria senza fondamento i cui preparati non possono aver alcun effetto terapeutico sull'organismo in base a quanto sappiamo sul funzionamento della materia e del corpo umano. Se funzionasse dovremmo pensare che le attuali conoscenze fisiche, chimiche e mediche sono essenzialmente sbagliate.

E se si trattasse di un meccanismo ancora sconosciuto?

Diversi scienziati hanno tentato di dimostrare che esistono in natura meccanismi tutt'ora sconosciuti in grado di spiegare come una soluzione (acqua o alcol) possa modificare le sue proprietà solo per essere stata in contatto con quantità infinitesime di un soluto (il principio attivo). Sono state ipotizzate diverse teorie, tra le quali la cosiddetta "memoria dell'acqua", un'idea avanzata nel 1988 dal medico e immunologo francese Jacques Benveniste e pubblicata (con riserva del direttore) sulla prestigiosa rivista Nature. L'esperimento di Benveniste non è mai stato replicato, neppure dal suo stesso laboratorio, e l’articolo è stato poi ritrattato per frode.

In anni più recenti alcuni fisici hanno tentato di dimostrare che la modalità di preparazione dei prodotti omeopatici, che prevede, oltre alla diluizione, anche la cosiddetta succussione o agitazione del rimedio, produce nanobolle di gas in grado di "conservare" le proprietà della sostanza attiva anche se chimicamente di questa non vi è più traccia. Anche questa teoria non è mai stata scientificamente dimostrata.

Sono stati fatti studi sull'omeopatia con gli stessi criteri con cui si studiano i farmaci?

Nel corso degli ultimi 50 anni sono stati condotti molti studi clinici nel tentativo di dimostrare che l'omeopatia può prevenire o curare le malattie, compreso il cancro. Per nessuno dei preparati omeopatici studiati è stato possibile dimostrare un'efficacia superiore al placebo, ovvero a un miglioramento indotto dal semplice fatto che il paziente è stato preso in cura. L'effetto placebo è presente in ogni terapia, è noto da molto tempo e si somma, anche nei farmaci usati in medicina, agli effetti della sostanza attiva.

A marzo 2015 il National Health and Medical Research Council australiano (NHMRC), l'equivalente del nostro ministero della salute e della ricerca messi assieme, ha pubblicato un ampio rapporto che analizza i principali studi scientifici sull'omeopatia in tutte le possibili malattie. Un gruppo di esperti ha identificato 57 revisioni sistematiche (cioè ricerche che fanno il punto su un determinato argomento analizzando lo stato dell'arte al momento della pubblicazione) per un totale di 176 studi singoli. Per correttezza metodologica, l'NHMRC ha scelto solo studi che mettevano a confronto il destino di un gruppo di pazienti trattati con rimedi omeopatici con quello di pazienti ai quali non era stato dato alcun trattamento oppure un trattamento medico standard. Si tratta di studi che si definiscono "controllati" perché gli effetti di ciò che si sta studiando sono confrontati con gli effetti che compaiono in un gruppo di controllo trattato diversamente.

La conclusione del rapporto è che non ci sono prove di efficacia dell'omeopatia per nessuna delle malattie o condizioni prese in esame. La raccomandazione finale è che l'omeopatia non debba essere usata per curare malattie croniche o gravi oppure che possono diventarlo se non trattate adeguatamente.

Leggi anche

Esistono studi specifici sul cancro?

Si stima che circa un terzo dei malati di cancro faccia ricorso, in un momento o l'altro della propria vicenda, a forme di medicina alternativa. Tra queste l'omeopatia gode di una posizione privilegiata perché ritenuta sicura e priva di effetti collaterali. D'altronde una sostanza che non ha effetto alcuno sull'organismo non può nemmeno indurre effetti negativi.

Nel 2005 la rivista medica The Lancet ha pubblicato una metanalisi di tutte le ricerche sugli effetti dell'omeopatia sul cancro. La metanalisi permette di "sommare" statisticamente i dati ottenuti da tutti gli studi pubblicati in precedenza sull'argomento: se questi sono di buona qualità, una metanalisi può fornire una visione generale del problema, più ampia di quella che si può ottenere da un singolo studio.

La metanalisi del 2005 ha considerato anche la possibilità che gli effetti benefici riportati dai malati curati con omeopatia potessero essere dovuti all'effetto placebo. In effetti essa ha dimostrato che, una volta eliminati alcuni errori metodologici, gli studi sull'omeopatia mostravano solo un generico miglioramento del benessere della persona, assimilabile, per tipo e intensità, all'effetto placebo; i malati trattati invece con farmaci convenzionali (chemioterapici o simili) mostravano effetti specifici e intensi.

L'anno successivo (nel 2006) la rivista European Journal of Cancer ha pubblicato una revisione della letteratura sul rapporto tra omeopatia e cancro, rilevando nuovamente l'assenza di efficacia dimostrata.

È possibile usare l'omeopatia per lenire gli effetti collaterali dei trattamenti?

In teoria, date le premesse che rendono l’omeopatia incompatibile con le attuali conoscenze scientifiche, non c'è ragione per cui un rimedio omeopatico sia in grado di mitigare gli effetti collaterali delle cure anticancro. Nonostante ciò, nel 2009 è stata condotta una revisione di otto studi farmacologici (gli unici di qualità scientifica sufficiente). Tra questi otto, due sembravano mostrare una qualche efficacia. In un caso si dimostrava che una pomata di calendula (non diluita ma a dosaggio pieno, come quello usato in fitoterapia) è più efficace di una comune crema antinfiammatoria nel prevenire gli arrossamenti della pelle durante la radioterapia. Data la non diluizione, si tratterebbe però di un prodotto fitoterapico e non omeopatico. L'omeopatia utilizza infatti sia rimedi diluiti sia fitoterapici, ovvero composti derivati dalle piante, la cui efficacia è spesso nota da secoli e che costituiscono la base di terapie utilizzate anche nella medicina convenzionale.

Un secondo studio con soli 32 pazienti mostrava che un prodotto omeopatico contenente estratti di diverse erbe era efficace nel prevenire l'infiammazione delle mucose, tipica della chemioterapia. Anche in questo caso si tratta di un prodotto in cui i principi attivi non sono diluiti, ma basati su estratti di piante. Nonostante ciò, lo scarso numero di pazienti coinvolti non permette di giungere a conclusioni certe.

La distinzione tra prodotto omeopatico diluito (nel quale non si trova traccia di principi attivi) e prodotto fitoterapico (contenente erbe) è essenziale per non farsi ingannare: i medici omeopatici utilizzano ambedue i tipi, ma nel caso della fitoterapia vi sono principi attivi chimicamente rilevabili e spesso già noti in medicina da secoli, mentre nel prodotto omeopatico non vi è nulla di tutto ciò.

Due piccoli studi avrebbero poi dimostrato un effetto dell'omeopatia nel ridurre i sintomi della menopausa in donne colpite da cancro del seno, ma nel 2010 una grande revisione di tutti gli studi su omeopatia e menopausa ha negato che vi possa essere un effetto positivo.

Uno studio tedesco del 2011 dimostrerebbe infine che i pazienti trattati con omeopatia hanno una qualità di vita migliore e meno sintomi di stanchezza dei pazienti che non ricevono cure omeopatiche, ma lo studio è stato condotto solo con 22 pazienti, un numero insufficiente per giungere a conclusioni valide scientificamente.

Quali rischi sono associati all’omeopatia?

Nel 2017 l’European Academies’ Science Advisory Council (EASAC), un comitato che riunisce rappresentanti delle accademie nazionali delle scienze dei vari stati europei, ha espresso chiaramente la propria posizione in materia, dichiarando che “le affermazioni riguardo all’efficacia dell’omeopatia sono implausibili e incompatibili con i concetti scientifici assodati”. Nel documento di sintesi, il gruppo di lavoro dell’EASAC ha anche espresso timori riguardo alla sicurezza di questa pratica e preoccupazione per le sue implicazioni.

Non appartenendo alla categoria dei farmaci, i rimedi omeopatici non devono rispettare le buone pratiche di fabbricazione (Good Manifacturing Practices, GMP), che garantiscono che il prodotto finito sia sicuro ed efficace. I prodotti omeopatici dovrebbero essere diluiti al punto da non contenere sostanze attive, il che teoricamente li renderebbe innocui, ma ciò potrebbe non essere sempre vero nella pratica. Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA), l’autorità regolatoria dei farmaci, ha registrato alcuni decessi tra bambini piccoli a cui erano state somministrate pillole omeopatiche per allievare il dolore da dentizione. In queste pillole erano presenti concentrazioni variabili di belladonna, una pianta tossica.

“La promozione e l’uso dei prodotti omeopatici rischiano di produrre danni significativi” è il parere dell’EASAC, in quanto possono ritardare il momento in cui il paziente cerca assistenza medica appropriata o, peggio, possono scoraggiarlo dal farlo; inoltre possono minare la fiducia del paziente nel valore dell’evidenza scientifica. I pazienti che ricorrono alla medicina alternativa tendono a sottrarsi ai percorsi di cura convenzionali. Lo dimostrano i risultati di uno studio del 2018, pubblicati sulla rivista JAMA Oncology. Nello studio, il destino di oltre 250 pazienti con tumori curabili che avevano utilizzato terapie alternative e complementari è stato paragonato a quello di oltre mille pazienti, con caratteristiche simili agli altri malati (età, sesso, tipo di tumore), che non ne avevano fatto uso. La percentuale di pazienti che aveva rifiutato approcci terapeutici standard era enormemente più alta nel primo gruppo e questo valeva per non solo per radioterapia (53 per cento contro 2,3 per cento), chemioterapia (34,1 per cento contro 3,3 per cento) e terapia ormonale (33,7 per cento contro 2,8 per cento), ma anche per la chirurgia (7 per cento contro 0,1 per cento). La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di tumore dei pazienti che avevano usato terapie non convenzionali era più bassa e il rischio di morire era due volte più alto rispetto ai pazienti che si erano affidati solamente a cure di provata efficacia.

In conclusione

I rimedi omeopatici non hanno dimostrato, negli studi effettuati secondo i criteri minimi richiesti dalla medicina scientifica, di avere effetti sulla salute, tantomeno sull'evoluzione del cancro. Alcuni studi su rimedi utilizzati da medici omeopati (ma in realtà basati su estratti fitoterapici a concentrazioni chimicamente rilevabili) hanno dimostrato, in studi molto piccoli, qualche beneficio contro gli effetti collaterali delle cure, ma ulteriori studi, con campioni più numerosi, sono necessari per arrivare a una conclusione attendibile.

In linea generale, le maggiori istituzioni internazionali sconsigliano di ricorrere all'omeopatia nella terapia del cancro poiché utilizza rimedi spesso dispendiosi e di efficacia non dimostrata. Il problema maggiore è che non tutti gli omeopati accettano di usare tali rimedi come medicina complementare, cioè a fianco delle cure convenzionali di provata efficacia, ma chiedono ai malati di utilizzarli in alternativa e in modo esclusivo, o almeno di ridurre i dosaggi delle chemioterapie, con gravi rischi. Tale problema è stato segnalato anche in una storica presa di posizione del Comitato per la scienza e la tecnologia della Camera dei comuni britannica nel 2010 contro il Sistema sanitario nazionale (NHS), che garantiva le cure omeopatiche a carico dello Stato. Nel 2017 l’NHS ha deciso di non sostenere più i costi di tali cure, ingiustificati data l’assenza di prove di efficacia. La decisione è stata sostenuta dalla Corte suprema che, nel 2018, ha respinto il ricorso dell’Associazione britannica per l’omeopatia.

Infine, gli studi dimostrano che in molti casi i pazienti che si rivolgono alle medicine alternative hanno anche una minore adesione alle cure tradizionali, col rischio di peggiorare la propria prognosi.

  • Agenzia Zoe