Quando si può dire che una cura contro il cancro è “valida”?

Una cura contro il cancro può essere considerata valida se ha seguito un preciso percorso di sperimentazione che ha avuto esito positivo, se è successivamente stata approvata dagli enti preposti, nazionali e sovranazionali, che ne consentono l’uso nei paz

Ultimo aggiornamento: 4 dicembre 2023

Tempo di lettura: 6 minuti

In sintesi

  • Come tutti i tipi di terapie, anche quelle antitumorali devono essere sperimentate in studi clinici rigorosi, progettati in modo da poter stabilire la sicurezza e l’efficacia di ciascun trattamento;
  • prima di essere immessi sul mercato e somministrati ai pazienti, i trattamenti devono essere approvati da agenzie nazionali o sovranazionali, come AIFA per l’Italia ed EMA;
  • le sperimentazioni sono necessarie non solo per valutare nuovi farmaci, ma anche per verificare la validità di nuove combinazioni di farmaci già noti o di differenti regimi terapeutici (variazioni di dose o modalità di somministrazione);
  • ogni tumore presenta precise caratteristiche molecolari, quindi una terapia efficace per un tumore può non esserlo per un altro simile in apparenza (per esempio nello stesso organo o tessuto) ma con caratteristiche molecolari diverse.

In che cosa consistono le sperimentazioni per le terapie oncologiche?

Ogni possibile farmaco o regime terapeutico viene dapprima sperimentato in studi preclinici, in cellule in coltura e in animali di laboratorio, obbligatori per legge. Se queste prove hanno dato risultati incoraggianti, deve quindi superare uno o più studi clinici (o clinical trial in inglese) sperimentali negli esseri umani. Ogni studio clinico comprende 4 fasi:

  • la fase 1, condotta con un piccolo gruppo di individui, serve a valutare le caratteristiche del farmaco e soprattutto a stabilire la sicurezza, ossia la dose massima che può essere tollerata senza che insorgano effetti collaterali gravi;
  • la fase 2, che si svolge con gruppi più ampi di pazienti, determina se il farmaco, oltre a essere tollerato, è più efficace sia del placebo sia degli altri farmaci già approvati per il problema da trattare;
  • la fase 3 allarga lo studio a gruppi ancora più ampi di pazienti, spesso in più centri ospedalieri, al fine di valutare se i risultati ottenuti nelle fasi precedenti si confermano, rafforzano o indeboliscono;
  • la fase 4, anche nota come fase di sorveglianza post-marketing o farmacovigilanza, si effettua quando il medicinale (o la combinazione) è già stato approvato e immesso sul mercato. In questa fase si raccolgono informazioni riguardo a eventuali effetti collaterali rari o a variazioni di efficacia che possono emergere con maggiore probabilità quando il farmaco è usato in un numero di pazienti più ampio, e in condizioni di vita reale, rispetto ai numeri e alle condizioni necessariamente più limitate dei pazienti inclusi nella sperimentazione.

Tutti i farmaci, compresi i chemioterapici e le procedure terapeutiche, come per esempio la radioterapia, devono superare le prime 3 fasi prima di entrare nella pratica clinica. Se un trattamento non supera una certa fase della sperimentazione, non può accedere alla fase successiva.

Quali enti devono approvare i trattamenti terapeutici e vigilare?

In Europa e in Italia le istituzioni pubbliche che autorizzano e controllano le cure disponibili sono rispettivamente l’EMA (European Medicines Agency) e l’AIFA (Agenzia italiana del farmaco). Il corrispettivo statunitense dell’EMA, che spesso viene preso come riferimento internazionale, è la FDA (Food and Drug Administration). Queste agenzie hanno diversi compiti:

  • autorizzare l’immissione in commercio dei nuovi farmaci;
  • stabilire se un nuovo farmaco è rimborsabile da parte del Servizio sanitario nazionale;
  • vigilare sulla produzione delle aziende farmaceutiche;
  • monitorare costantemente la rete di farmacovigilanza, ossia le segnalazioni da parte di medici e pazienti di eventuali problemi o effetti collaterali nella cosiddetta fase 4.

Tra gli obiettivi primari di questi enti, autonomi e indipendenti dalle industrie farmaceutiche, vi è la tutela della salute dei cittadini, tramite la promozione di un’informazione corretta e indipendente sui farmaci.

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Come si può partecipare a uno studio clinico?

Se un paziente ha caratteristiche adeguate per entrare in un certo protocollo sperimentale, il medico oncologo può proporgli l’ingresso in tale sperimentazione. Nella sperimentazione di fase 3, che in genere si svolge in più ospedali, il paziente può essere trattato con il farmaco sperimentale, con la terapia convenzionale o con un placebo qualora non esista ancora alcun trattamento. Non si sa a priori se il farmaco sperimentale sarà più o meno efficace della terapia convenzionale o di un placebo: chiarire queste eventuali differenze è proprio lo scopo della sperimentazione.

Che tipo di sperimentazioni sono state fatte finora?

Le cure usate negli ultimi 40 anni in campo oncologico hanno seguito passo per passo il percorso di sperimentazione clinica descritto. Derivano, cioè, dalla valutazione meticolosa di regimi terapeutici per sicurezza ed efficacia (fase 1 e 2), a cui è seguito il confronto su numeri più grandi di pazienti dei nuovi trattamenti rispetto ai protocolli terapeutici in uso o a sostanze placebo (fase 3). Lo standard delle cure antitumorali che si usano oggi è stato raggiunto grazie a sperimentazioni che hanno dimostrato, per esempio, il valore dell’associazione di più farmaci antitumorali o della chemioterapia combinata alla radioterapia.

Cosa c'è di nuovo?

A partire dall’inizio di questo secolo, le conoscenze relative alle caratteristiche genetiche e molecolari dei vari tipi di tumore si sono ampliate anche grazie a grandi progetti internazionali, come il Cancer Genome Atlas, che hanno l’obiettivo di identificare alterazioni a livello genetico e molecolare che possano essere usate come bersaglio specifico di una terapia. In seguito all’accumulo delle nuove conoscenze generate da questi studi, è emerso che i diversi tipi di cancro sono assai più numerosi di quanto si pensasse. Anche per questo la struttura delle sperimentazioni cliniche in campo oncologico è cambiata: i grossi studi che comprendevano numeri molto alti di pazienti, spesso con malattie diverse dal punto di vista molecolare, stanno cedendo il passo a studi più mirati con piccoli gruppi di persone che condividono sia lo stesso tipo di tumore sia le stesse caratteristiche molecolari. Questo approccio, più preciso e mirato, consente di ottenere farmaci più efficaci con minori effetti tossici. Già oggi il medico può orientare, per esempio, verso la terapia ormonale (come nel caso di una donna con tumore al seno) oppure consigliare altre terapie, a seconda delle caratteristiche molecolari del tumore stesso.

In conclusione

Una cura contro il cancro è seria quando la sua efficacia e la sua sicurezza sono state valutate positivamente attraverso le varie fasi di una sperimentazione clinica, ed è stata poi approvata dagli enti preposti. Inoltre, un trattamento terapeutico valido deve contenere indicazioni sulla malattia che è in grado di curare, sulla dose, la via di somministrazione e i tempi di assunzione della terapia. Infine, i protocolli di cura che ne risultano devono essere pubblicati su riviste scientifiche e linee guida internazionali, in modo che altri medici e ricercatori possano verificarli riproducendo a loro volta i risultati ottenuti nelle sperimentazioni.

In linea di principio bisogna diffidare di tutte le terapie che non sono conformi a queste regole. Per evitare di credere alle molte “bufale” diffuse in rete, è utile informarsi attraverso il proprio medico e consultare fonti affidabili e ufficiali, come i siti di AIFA, EMA e FDA, oppure quelli delle Società di oncologia medica europea (ESMO) o americana (ASCO) che sono aggiornate su tutte le terapie registrate e approvate.

Per saperne di più

  • Agenzia Zoe

    Agenzia di informazione medica e scientifica