Dall’allergia all’immunoterapia dei tumori

Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020

Dall’allergia all’immunoterapia dei tumori

Le cellule coinvolte nelle reazioni allergiche, gli eosinofili, possono contribuire alla risposta immunologica contro i tumori, sia naturale sia stimolata con i farmaci.

Facilitare l’arrivo di cellule dell’immunità capaci di uccidere altre cellule nella sede del tumore è la strategia antitumorale a cui lavorano molti ricercatori nel mondo. Fra questi vi sono due gruppi di ricercatori francesi e americani, nell’ambito di una collaborazione i cui risultati sono appena stati pubblicati sulla rivista Nature Immunology.

Le chemochine sono proteine specializzate che richiamano le cellule del sistema immunitario nell’area dell’organismo in cui c’è bisogno del loro intervento. Ne esistono molti tipi, ciascuno specifico per tipi diversi di cellule. Inoltre l’attività delle chemochine può essere modificata da altre proteine: per esempio l’enzima dipeptidil-peptidasi 4 (DPP4) interferisce con la migrazione nel tumore dei linfociti T, cellule con un alto potenziale distruttivo contro le cellule cancerose.

Azione combinata

I ricercatori hanno perciò iniziato a studiare se inibire la DPP4 può aumentare la risposta del sistema immunitario contro il tumore. Esistono già farmaci che bloccano la DPP4: sono impiegati contro il diabete perché abbassano i livelli di zucchero nel sangue. Usando un inibitore della DPP4 chiamato sitagliptin in animali di laboratorio con tumore del fegato e del seno, i ricercatori hanno osservato che i tumori effettivamente crescevano di meno. Con loro sorpresa, l’effetto non dipendeva dall’azione antitumorale dei linfociti T, ma da quella di altre cellule dell’immunità: gli eosinofili. Gli eosinofili ci difendono dalle infezioni da parassiti, tuttavia sono coinvolti anche nelle reazioni allergiche come l’asma. Al loro interno hanno delle piccole strutture, dette granuli, che contengono sostanze citotossiche, ossia in grado di causare la morte di una cellula una volta rilasciati e venuti a contatto col bersaglio. Se assieme all’inibitore di DPP4 venivano utilizzati gli inibitori dei checkpoint immunologici, farmaci che stimolano la risposta antitumorale dei linfociti T, i tumori crescevano ancora di meno.

Combinare le attività antitumorali di due componenti indipendenti del sistema immunitario è una strategia interessante che diversi gruppi di ricerca, anche italiani, stanno sperimentando. Occorrerà tuttavia del tempo prima che questo possa entrare nella pratica clinica, perché interferire coi meccanismi di difesa dell’organismo è complesso e può dare origine a effetti collaterali importanti e inattesi.

  • Elena Riboldi – Agenzia Zoe