Un doppio attacco impedisce al cancro al colon di resistere alle terapie mirate

Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2018

Aggiungendo un secondo farmaco si potrebbe impedire lo sviluppo della resistenza che prima o poi rende inefficace la cura. Ai risultati incoraggianti ottenuti in laboratorio, segue ora uno studio clinico con i pazienti.

Titolo originale dell'articolo: Blockade of EGFR and MEK Intercepts Heterogeneous Mechanisms of Acquired Resistance to Anti-EGFR Therapies in Colorectal Cancer

Titolo della rivista: Science Translational Medicine

Data di pubblicazione originale: 1 febbraio 2014

Quando il tumore al colon è in fase avanzata, le terapie mirate contro il bersaglio molecolare EGFR possono ancora controllare la malattia. Questo, però, accade solo se alcuni geni delle cellule, come quello chiamato K-RAS, non sono alterati. Purtroppo nel corso delle cure, quasi immancabilmente questi geni vanno incontro a mutazioni, che finiscono col rendere inefficaci i trattamenti.
Vari gruppi sostenuti da AIRC stanno quindi cercando di contrastare lo sviluppo di questa particolare forma di resistenza, che riguarda anche altre forme di cancro.

Lo studio appena pubblicato dal team coordinato da Alberto Bardelli, dell'Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo (Torino), sull'importante rivista Science Translational Medicine, ha esaminato i meccanismi alla base di tale resistenza, spiegando che si potrebbe evitare aggiungendo un secondo medicinale alla terapia. Si tratta di un inibitore di MEK, un segnale che spinge la cellula a proliferare, fondamentale nel processo con cui il tumore sviluppa resistenza alle terapie.

"Il blocco di MEK da solo determinava una riattivazione del bersaglio principale, cioè EGFR" spiega Bardelli. "Per questo abbiamo provato ad associare le due sostanze, cioè gli inibitori di MEK e gli anticorpi contro EGFR, e la strategia in laboratorio si è rivelata vincente".

Le diverse mutazioni responsabili della resistenza alle terapie si possono oggi individuare prontamente con il metodo della cosiddetta "biopsia liquida". Questo test esamina il DNA rilasciato dal tumore e circolante nel sangue, ed è stato messo a punto dal gruppo di Bardelli per identificare i meccanismi di resistenza alle terapie anti EGFR nei pazienti con tumore del colon. A questa diagnosi precoce occorre rispondere in modo da contrastare la ripresa della malattia e la terapia combinata che si è rivelata così efficace nei modelli sperimentali potrebbe esserlo anche sui pazienti. Una sperimentazione clinica per metterla alla prova è già iniziata sotto la guida di Salvatore Siena dell'Ospedale Niguarda di Milano, che ha partecipato a questo lavoro.

  • Agenzia Zadig