Le doti nascoste dei vecchi farmaci

Ultimo aggiornamento: 24 agosto 2018

Genetica e farmacologia unite per valorizzare le potenzialità terapeutiche di farmaci già conosciuti e utilizzati

Titolo originale dell'articolo: HDACs link the DNA damage response, processing of double-strand breaks and autophagy

Titolo della rivista: Nature

Data di pubblicazione originale: 1 marzo 2011

La combinazione di conoscenze di genetica e farmacologia rappresenta oggi un nuovo approccio alla cura dei tumori per l'utilizzo di farmaci già presenti sul mercato: un "restyling" delle terapie che si basa sugli ultimi risultati dell'oncologia molecolare. Con questo approccio i ricercatori milanesi guidati da Marco Foiani, direttore dell'unità di ricerca "Controllo del ciclo cellulare e stabilità del genoma" dell'IFOM (Istituto FIRC di oncologia molecolare) e da Saverio Minucci, direttore dell'unità di ricerca "Alterazione della cromatina nella tumorigenesi" dell'Istituto europeo di oncologia, hanno scoperto che l'acido valproico (un farmaco contro l'epilessia) e la rapamicina (utilizzata nel trapianto degli organi) potrebbero rivelarsi molto utili anche per la cura dei tumori e di altre malattie. Un risultato importante da poco pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature.

"Abbiamo scoperto che in presenza di un danno al DNA la cellula risponde con tre sistemi: il rimaneggiamento del DNA, l'autofagia (la capacità della cellula di auto-demolirsi) e l'acetilazione (un meccanismo di modificazione delle proteine). I tre meccanismi sono strettamente legati tra loro, a differenza di quanto si pensava in passato" afferma Marco Foiani. "E sono fondamentali per prevenire la formazione delle cellule tumorali".

I ricercatori milanesi hanno scoperto che acido valproico e rapamicina possono agire su questi tre processi per favorire la morte delle cellule tumorali. "È quello che in gergo tecnico si chiama drug repositioning" spiega Saverio Minucci "cioè l'utilizzo di vecchi farmaci per scopi diversi da quelli per cui sono stati finora utilizzati".

Ora si tratta di verificare se questa azione antitumorale, osservata in organismi molto semplici, sia valida anche nell'uomo."Non bisogna dimenticare che, una volta confermati, questi risultati potrebbero portare vantaggi non solo nella cura del cancro, ma anche in quella di molte malattie legate all'invecchiamento, nelle quali possono essere presenti problemi a livello degli stessi meccanismi coinvolti nella formazione della cellula cancerosa".

  • Agenzia Zoe