Descritto un nuovo meccanismo molecolare per il tumore del rene

Ultimo aggiornamento: 24 settembre 2018

Dalla generazione del primo modello animale dell'adenocarcinoma renale arrivano importanti informazioni sui possibili meccanismi molecolari alla base della malattia, ponendo le basi per lo sviluppo di nuove terapie.

Titolo originale dell'articolo: Modelling TFE renal cell carcinoma in mice reveals a critical role of WNT signaling

Titolo della rivista: eLife

Data di pubblicazione originale: 1 ottobre 2016

Spesso uno dei primi passi per capire quali meccanismi molecolari permettono a un tumore di insorgere è studiare tali meccanismi in un cosiddetto modello animale della malattia. Non tutti i tipi di tumore sono tuttavia riproducibili in un animale di laboratorio, tipicamente un topo. Era il caso di un tumore del rene, l'adenocarcinoma, che oggi è finalmente possibile simulare in un modello animale. A mettere a punto il modello è stato il gruppo di ricerca di Andrea Ballabio, Direttore scientifico dell'Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) e professore di genetica medica all'Università Federico II di Napoli.

Punto di partenza del lavoro - realizzato grazie al contributo fondamentale di AIRC - sono stati due geni già noti a chi si occupa di questo tipo di tumore: TFEB e TFE3. Sono geni appartenenti a una famiglia di molecole coinvolte in vari processi cellulari tra i quali l'attività dei lisosomi, organelli deputati allo smaltimento dei rifiuti prodotti nelle cellule. Dunque si sapeva già che alcune anomalie cromosomiche in questi geni sono associate all'adenocarcinoma renale, ma quello che non si sapeva è in che modo queste anomalie portino anche alla formazione del tumore (nel tumore le proteine corrispondenti, TFEB e TFE3, sono presenti in concentrazioni più elevate del normale).

Ballabio e collaboratori hanno generato in laboratorio due linee di topi geneticamente modificati, ciascuna caratterizzata da concentrazioni molto elevate di TFEB. Come riportato nell'articolo pubblicato sulla rivista eLife, i ricercatori hanno verificato che i reni di questi animali vanno incontro alla formazione di cisti e neoplasie con caratteristiche cellulari e istologiche molto simili a quelle presenti nei pazienti con la malattia. Inoltre hanno scoperto che l'alterazione di TFEB è associata a quella di una via molecolare, chiamata via WNT, a sua volta implicata nello sviluppo di varie forme tumorali (in organi come la pelle, il cervello, il fegato e la prostata).

Si è anche visto che, trattando gli animali con molecole in grado di inibire in modo specifico la via WNT, cisti e tumori regrediscono in modo significativo. È chiaro che stiamo parlando di risultati ottenuti in un modello sperimentale, ma è comunque un'ottima notizia: un dato da cui partire per provare a sviluppare nuove terapie (e nuovi marcatori diagnostici) per i pazienti.

  • Valentina Murelli