Una cellula “doppiogiochista” tradisce il tumore della prostata

Ultimo aggiornamento: 24 agosto 2018

Ricercatori dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano hanno aperto la strada a nuove terapie per il cancro alla prostata.

Titolo originale dell'articolo: Mast Cell Targeting Hampers Prostate Adenocarcinoma Development but Promotes the Occurrence of Highly Malignant Neuroendocrine Cancers

Titolo della rivista: Cancer Research

Data di pubblicazione originale: 1 settembre 2011

Allergia e tumore della prostata sono accomunati da una cellula "traditrice", il mastocita: questa cellula, che normalmente ha il compito di scatenare le reazioni allergiche, in una fase precoce aiuta il tumore a crescere, ma contemporaneamente gli rende più difficile assumere la forma più aggressiva, quella del tumore neuroendocrino.

La scoperta è stata effettuata dai ricercatori dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano, guidati da Mario Colombo, che ipotizzano un'inaspettata terapia per il tumore della prostata: utilizzare un farmaco molecolare già largamente impiegato nella cura delle leucemie e dei tumori stromali gastrointestinali, l'imatinib, per attaccare sia i mastociti sia le cellule tumorali, proteggendo così l'organismo dalla crescita del tumore e dall'insorgenza della forma neuroendocrina.

I mastociti all'interno del nostro sistema immunitario hanno il compito, attivati da particolari anticorpi, le immunoglobuline E, di reagire agli allergeni, le sostanze a cui una persona è allergica. Ma i ricercatori dell'INT hanno scoperto che queste cellule non eseguono esclusivamente gli ordini delle immunoglobuline E, ma anche quelli delle cellule del tumore della prostata. Infatti, nelle sue prime fasi di sviluppo, il tumore non è in grado da solo di "farsi spazio" nei tessuti del corpo. Questa funzione è delegata ai mastociti: essi producono una proteina, la MMP9, capace di "digerire" collagene e tessuti circostanti al tumore, favorendo così la sua crescita e lo sviluppo dei vasi sanguigni che serviranno per alimentarlo. Una volta sviluppato, invece, il tumore acquisisce la capacità di produrre MMP9 autonomamente e quindi non ha più bisogno dei mastociti.

I ricercatori si sono quindi chiesti se, eliminando i mastociti, fosse possibile inibire l'insorgenza del tumore prostatico nella sua forma più comune, l'adenocarcinoma. Sorprendentemente hanno scoperto che, senza i mastociti, si sviluppa un numero maggiore di tumori di tipo neuroendocrino, una delle forme più aggressive.

Non è ancora noto il meccanismo con cui i mastociti contrastino l'insorgenza di questi tumori. L'ipotesi più accreditata è che sia i mastociti sia le cellule tumorali per crescere abbiano bisogno dello stesso fattore di crescita, un ormone in grado, come un "fertilizzante", di stimolarne la replicazione. In questa competizione i mastociti avrebbero il sopravvento, privando di conseguenza le cellule del tumore neuroendocrino della prostata del necessario per crescere.

Lo studio ha meritato la copertina della rivista Cancer Research ed è stato possibile anche grazie a finanziamenti di AIRC.

  • Agenzia Zoe