L’uso del reggiseno può aumentare il rischio di ammalarsi di cancro al seno?

No, non vi sono dimostrazioni di un nesso tra l'uso del reggiseno e lo sviluppo della malattia.

Ultimo aggiornamento: 29 marzo 2022

Tempo di lettura: 6 minuti

In sintesi

  • La relazione tra l'uso del reggiseno e il rischio di sviluppare un cancro del seno è stata ipotizzata da due antropologi nel 1995 e diffusa con un libro pubblicato in proprio e tramite catene di e-mail su Internet.
  • Gli antropologi studiano gli esseri umani sotto diversi punti di vista: sociale, culturale, dei comportamenti e così via. Non sono però esperti di medicina, di tossicologia e di epidemiologia.
  • I dati epidemiologici presentati a sostegno di questa teoria non tengono conto di altri fattori di rischio reali, noti e dimostrati, come l'obesità o la sedentarietà.
  • L'ipotesi che il reggiseno impedisca il drenaggio delle tossine non è compatibile con la fisiologia del seno, poiché tale drenaggio dipende dai linfonodi sotto il braccio, zona che non è compressa dal reggiseno.
  • Uno studio sistematico condotto su 1.500 donne, effettuato nel 2014 negli Stati Uniti, ha definitivamente smentito tale teoria.

La teoria

Due antropologi statunitensi, Sydney Ross Singer e Soma Grismaijer, pubblicarono nel 1995 un libro intitolato Dressed to kill (“Vestiti per uccidere”). In questo testo, che ebbe subito una larga eco sui media e su Internet, gli autori sostenevano che indossare un reggiseno, in particolare i modelli più costrittivi o quelli rinforzati con ferretti, aumentasse il rischio di sviluppare un cancro del seno. L'ipotesi dei due antropologi era che il reggiseno interferirebbe con la circolazione linfatica, impedendo ai tessuti della mammella di eliminare le sostanze di scarto. Il ristagno locale di tossine (in gran parte assorbite da un ambiente cittadino inquinato) sarebbe, sempre secondo i due antropologi, la causa biologica di oltre il 70 per cento dei cancri al seno.

Non solo: i due sostenevano che il cancro al seno è un problema tipico delle culture in cui è diffuso l'uso del reggiseno, mentre sarebbe quasi assente nelle popolazioni abituate a girare a seno nudo. A sostegno di ciò, Singer e Grismaijer riportavano nel libro i dati di incidenza di cancro al seno nella popolazione maori australiana, incidenza che sarebbe cresciuta in modo esponenziale con l’integrazione degli indigeni con la popolazione bianca e l'acquisizione di abitudini occidentali anche nel campo dell'abbigliamento. Un analogo incremento era, secondo loro, riscontrabile anche in altri gruppi etnici, come i giapponesi e gli abitanti delle isole Fiji. I due esaminavano anche le abitudini in materia di indumenti intimi di circa 4.700 donne statunitensi (per metà malate di cancro) e sostenevano che il rischio di sviluppare la malattia e il grado di aggressività della stessa fossero direttamente proporzionali al numero di ore trascorse indossando un reggiseno.

La teoria dei due antropologi si è diffusa rapidamente anche attraverso catene di e-mail, nonostante fosse priva di qualsiasi dimostrazione verificabile. I dati infatti non sono mai stati pubblicati in una rivista scientifica sottoposta a revisione da parte di esperti, ma solo nel libro, pubblicato in proprio dagli autori. In anni successivi gli stessi autori hanno propugnato altre teorie infondate, come quella secondo la quale dormire in un letto basculante aiuterebbe a prevenire malattie come l'Alzheimer e l'impotenza. Inoltre, come accade in spesso nelle cosiddette “teorie del complotto”, gli autori identificano alcuni "poteri forti" che sarebbero secondo loro responsabili del problema. In particolare, accusano l'industria della moda e della biancheria intima che "guadagna miliardi di dollari l'anno, col sostegno dell'industria della salute che ne guadagna altrettanti, curando le donne che si ammalano".

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Le smentite della scienza

Malgrado la palese mancanza di fondamento, la teoria del legame tra biancheria intima e rischio di cancro al seno circola ancora in rete e molti si chiedono cosa ci sia di vero. Secondo i risultati di un sondaggio condotto in Irlanda nel 2015, per valutare la conoscenza nella popolazione dei fattori di rischio per il tumore del seno, più o meno una persona intervistata su tre credeva che l’uso di un reggiseno stretto aumentasse il rischio di tumore. È bene chiarire che si tratta di una teoria priva di fondamento, ma alcune delle osservazioni dei due autori meritano una smentita più puntuale. Per esempio, nel calcolare la diversa incidenza di malattia nelle popolazioni indigene, prima e dopo l’integrazione con altre popolazioni e le conseguenti modifiche di abitudini e comportamenti, i due antropologi si sono concentrati esclusivamente sull’uso o meno del reggiseno. Hanno così trascurato del tutto fattori di rischio ben noti e dimostrati, come i cambiamenti nell'alimentazione, la crescita del tasso di obesità, la maggiore sedentarietà, il minore allattamento al seno eccetera.

Il meccanismo ipotizzato (ovvero il ristagno del liquido linfatico) non ha alcun riscontro nella fisiologia del seno. La linfa della mammella viene infatti drenata a livello dei linfonodi del braccio, che non sono compressi dal reggiseno, mentre non vi sono vie di drenaggio a livello della piega sotto il seno. Infine, lo studio epidemiologico da loro condotto nelle donne statunitensi non tiene conto del fatto che le donne in sovrappeso tendono ad avere mammelle più grosse e pesanti e a usare il reggiseno per più ore. Si tratta di un classico caso di inferenza scorretta: è il sovrappeso il fattore di rischio per il cancro, e non l'uso del reggiseno, che è solo un fenomeno collaterale.

Lo studio definitivo

Per smentire definitivamente quest'ipotesi senza fondamento, Lu Chen, un ricercatore del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, negli Stati Uniti, ha pubblicato nel settembre 2014 i risultati di uno studio dedicato al tema, sulla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention. Lo scienziato ha esaminato 1.000 donne con cancro al seno diagnosticato tra il 2000 e il 2004, confrontandole con circa 500 donne sane; tutte le partecipanti allo studio avevano un’età compresa tra i 55 e i 74 anni. Le donne malate erano affette dalle due forme più comune di cancro al seno, quello lobulare o quello duttale invasivo. I ricercatori hanno raccolto informazioni sulla misura di reggiseno, il modello, la presenza o meno di ferretti o sostegni rigidi, il numero medio di ore e l'età di inizio d'uso di questo indumento in tutte le donne reclutate nello studio. I risultati sono stati confrontati con altri parametri importanti come la storia familiare di cancro al seno, l'uso di ormoni per contraccezione o per la terapia della menopausa. Mentre l'uso del reggiseno non è risultato in alcun modo correlato con la malattia, altri fattori già noti, come la familiarità o l’uso di ormoni, si sono confermati rilevanti nel favorire lo sviluppo di questo tipo di tumore.

In conclusione

La teoria secondo cui le donne che indossano il reggiseno hanno un rischio più alto di sviluppare un tumore al seno si basa su presupposti non corretti ed è stata smentita da uno studio condotto su un grande numero di donne. Il fattore che genera maggiore confusione riguardo a questo argomento è l’obesità: le donne sovrappeso o obese indossano quasi sempre il reggiseno per sostenere il peso di mammelle grosse, mentre le donne di peso nella norma hanno minore necessità di usare il reggiseno. Il fatto che il tumore al seno sia più frequente tra le prime è legato, tra le altre cose, all’obesità, noto fattore di rischio per molti tipi di tumori, e non all’uso della biancheria.

  • Agenzia Zoe