Esistono metodi alternativi all'uso degli animali di laboratorio nella ricerca scientifica?

Sì, ma sono davvero pochi, a fronte di migliaia di diverse situazioni in cui l'uso degli animali è ancora insostituibile. Esistono molti metodi complementari alla ricerca sugli animali, in grado di sostituire però solo alcune tappe di una ricerca.

Ultimo aggiornamento: 6 luglio 2021

Tempo di lettura: 9 minuti

In sintesi

    • La complessità dell'organismo umano è difficile da simulare o riprodurre. Per questo al momento pochissimi metodi alternativi in vitro (con cellule isolate) o in silico (con il computer) sono riusciti a sostituire la sperimentazione animale.
    • La ricerca di metodi alternativi all'uso di animali procede su due filoni principali: la ricostruzione di organi in laboratorio a partire da cellule isolate e l'uso dei computer. Al momento, però, non sono abbastanza affidabili da permettere di abbandonare sempre e del tutto il passaggio nell'organismo vivente.
    • Nel campo degli studi di tossicità sono stati fatti grandi passi avanti per ridurre il numero di animali coinvolti nella sperimentazione. Ciò è stato possibile grazie a database con i quali i ricercatori analizzano la potenziale tossicità di una nuova sostanza sulla base delle sue caratteristiche chimico-fisiche e su tutti gli studi di tossicità già effettuati, per evitare di doverli ripetere.
    • In futuro i ricercatori sperano di poter disporre di software capaci di mimare il meccanismo d'azione di una sostanza nell'organismo umano, per ampliare ulteriormente le possibilità dei metodi alternativi.

Chi si oppone all'uso degli animali nella ricerca medica e scientifica, in particolare in Italia, sostiene che esistano metodi alternativi in grado di dare risultati altrettanto affidabili. Ma è davvero così? In realtà, nella maggioranza dei casi, i metodi allo studio per sostituire gli animali nella sperimentazione scientifica andrebbero considerati complementari più che alternativi, secondo lo European Union Reference Laboratory for Alternatives to Animal Testing (EURL-ECVAM), il centro europeo con sede a Ispra che deve verificare lo stato dell'arte della effettiva validità dei metodi alternativi alla sperimentazione animale.

Una ricerca condotta con un organismo intero, come è l'animale, fornisce risultati che possono essere almeno in parte estrapolati agli esseri umani, date le somiglianze nel patrimonio genetico e nel funzionamento di molti organi. Per questo l’uso degli animali è obbligatorio per legge nella sperimentazione su nuovi farmaci. I metodi complementari finora non sono in grado di offrire un’alternativa altrettanto affidabile. Per poter sostituire gli animali, bisogna infatti che i nuovi metodi siano altrettanto attendibili e, al momento, nessuno fornisce tali garanzie nella ricerca biomedica. Ciononostante, vi sono alcuni filoni di studio importanti che già oggi consentono di limitare il numero di animali usati nella ricerca e altri che, in futuro, potranno sostituire gli animali almeno in alcune delle tappe del processo. Gli esperti restano però scettici sulla possibilità di sostituire sempre e del tutto la sperimentazione animale con i metodi alternativi, perché è difficile ricreare in laboratorio la complessità di un organismo intero con tutte le sue interazioni.

Esistono metodi già approvati?

Contrariamente a quanto pensano molti oppositori della ricerca animale, sono i ricercatori stessi e persino le industrie a spingere per fare ricerca in questo settore. A nessuno piace fare ricerca con gli animali, sia per ragioni etiche sia per i costi piuttosto elevati. Al momento però sono pochissimi i sistemi sostitutivi approvati, alcuni dei quali sono elencati sul sito del Centro referenza nazionale metodi alternativi, benessere e cura degli animali, presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia-Romagna (IZSLER). Si tratta, nella quasi totalità dei casi, di sistemi alternativi alla sperimentazione animale per valutare l'irritazione cutanea e oculare delle sostanze, ovvero utili soprattutto nel campo della cosmetica più che della ricerca medica.

Non è un caso che si tratti dell'aspetto più semplice della tossicologia, ovvero dei possibili effetti sulla pelle o sugli occhi, che dipendono in gran parte dalla struttura chimico-fisica dei prodotti, fattori molto noti ai ricercatori anche prima di cominciare i test. Non appena gli esperti si trovano a studiare gli effetti di una sostanza in situazioni più complicate, devono tornare a usare gli animali.

Sempre nel campo della tossicità (uno degli ambiti in cui gli animali sono più utilizzati), l'Unione Europea ha stabilito, con una normativa chiamata REACH, l'istituzione di una banca dati in cui tutte le industrie sono tenute a depositare i protocolli e i risultati di tutte le sperimentazioni effettuate con gli animali per una determinata sostanza. In questo modo si è scoperto che alcune sostanze sono state testate più e più volte solo perché un'industria non era a conoscenza del fatto che un'altra aveva già condotto la stessa sperimentazione.

Grazie alla banca dati, ora chiunque può sapere se l'analisi di tossicità di un composto è già stata effettuata e con quale esito. È possibile anche sapere se qualcuno ha condotto studi specifici, per esempio nel campo della cancerogenicità, e mettere insieme le informazioni provenienti da fonti diverse, evitando di ripetere esperimenti già fatti.

Come si valuta la sicurezza?

In applicazione del Decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014, con cui il Ministero della salute è chiamato a promuovere lo sviluppo e la ricerca di approcci alternativi alla sperimentazione animale, è stato istituito un apposito gruppo di lavoro. Il gruppo di lavoro è composto da 6 rappresentanti delle istituzioni: (Ministero della salute, Istituto superiore di sanità, Consiglio nazionale delle ricerche, Centro di referenza nazionale per i metodi alternativi, benessere e cura degli animali da laboratorio, Conferenza dei rettori delle università italiane, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) e da 8 esperti in materia di metodi alternativi, sperimentazione animale e bioetica. Il gruppo di lavoro, insediatosi il 16 luglio 2019, si riunisce con cadenza mensile e ogni sei mesi stila una relazione dell’attività svolta.

Con le nuove normative europee in materia di sperimentazione animale sono stati stanziati anche fondi specifici per la ricerca dei cosiddetti metodi alternativi. Nonostante gli investimenti italiani abbiano già superato il mezzo miliardo di euro, i risultati non hanno rispettato le attese, proprio per un problema di fondo che appare al momento insormontabile: l'organismo nel suo insieme è troppo complesso e per questo, secondo l'ECVAM, non più del 20 per cento delle sperimentazioni con animali è sostituibile con metodi alternativi che offrano uguale attendibilità.

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Cosa vuol dire che il metodo alternativo deve essere affidabile?

Significa che i suoi risultati devono essere attendibili almeno quanto quelli del sistema di riferimento, che a oggi rimane la sperimentazione nell'animale.

Secondo i dati raccolti recentemente dal database internazionale REACH per raggruppare tutti gli studi relativi alla tossicità di una singola sostanza, l'attendibilità della sperimentazione animale si aggira intorno all'85-90 per cento. Ciò significa che, su dieci esperimenti eseguiti con animali, nove daranno risultati attendibili.

Può sembrare poco, ma in realtà è un livello di attendibilità molto alto in medicina, dove si deve tener conto del fatto che gli organismi viventi non sono mai perfettamente uguali tra loro e dove il 100 per cento non è raggiungibile. I metodi cosiddetti alternativi forniscono risultati ancora meno attendibili perché nessuno è riuscito a creare modelli artificiali di un organismo che siano al tempo stesso complessi, variabili e flessibili, come sono gli esseri viventi. E infatti, benché la messa a punto di diversi modelli sperimentali sia stata pubblicata su riviste scientifiche, sono pochissimi quelli che hanno passato l'esame di validazione, cioè sono stati effettivamente autorizzati nella pratica.

Quali sono i principali filoni di studio?

Gli scienziati, nel tentativo di trovare delle alternative agli animali nella ricerca, si muovono principalmente su due grandi filoni di studio.

Il primo prevede la creazione di organi artificiali (i cosiddetti organoidi) che, sebbene non abbiano la complessità dell'organismo completo, sono comunque più utili a capire gli effetti di una sostanza sull'eventuale organo bersaglio rispetto a cellule di un solo tipo cresciute in singolo strato in piastre di coltura. Per fare un esempio pratico, se uno scienziato vuole capire gli effetti di un farmaco sul cervello, non può limitarsi a studiare la sostanza in un singolo strato di neuroni isolati (in vitro), perché nel cervello ci sono anche altre cellule e altri tessuti, oltre a quello nervoso in senso stretto. Inoltre i diversi tipi di cellule dialogano tra loro e il farmaco potrebbe interferire con questo processo. Un test soltanto in vitro non sarebbe mai in grado di scoprirlo.

Nel 2013 è stata pubblicata sulla rivista Nature una tecnica per produrre minuscole sfere di tessuto che contengono tutti gli elementi cellulari del cervello. Questi "mini cervelli" (grossi quanto una capocchia di spillo, simili a sfere cave e assolutamente privi di funzioni mentali) sono già utilizzati in sperimentazione e sono utili soprattutto perché permettono di testare una sostanza su un gran numero di campioni (evitando di dover ricorrere a molti esemplari di animali di laboratorio). I "mini cervelli", tuttavia, non sono abbastanza attendibili per poter essere usati in tutte le ricerche per le quali è invece necessario studiare un cervello in un organismo intero. Per esempio, un organoide di cervello non potrebbe aiutare a comprendere se il farmaco è riuscito a superare la barriera ematoencefalica che protegge e separa il cervello stesso dal resto del corpo.

Partendo da cellule prelevate da tumori sono stati creati organoidi di tumore del colon, del pancreas, del seno e della prostata. Generare per lo stesso paziente organoidi di tessuto sano e di tumore può aiutare sia a comprendere i meccanismi responsabili della trasformazione neoplastica sia a scegliere la terapia. Sperimentando una batteria di farmaci sugli organoidi del paziente, per esempio, si potrebbero selezionare quelli che uccidono le cellule del tumore senza danneggiare quelle normali. Gli organoidi potrebbero quindi dare un forte impulso alla medicina personalizzata in campo oncologico.

Il secondo filone di studio riguarda i cosiddetti modelli "in silico", cioè modelli computerizzati di processi metabolici o banche dati di sostanze chimiche che possono dare informazioni preliminari sulla tossicità di una sostanza. Per ora questi sistemi sono utilissimi a classificare le sostanze in probabilmente innocue o probabilmente tossiche sulla base delle loro caratteristiche chimiche e fisiche. Questo permette di ridurre il numero di animali coinvolti nello studio di un nuovo farmaco, ma certo non basta a eliminarli del tutto.

Nonostante ciò, i computer offrono qualche vantaggio rispetto agli animali: per esempio, sono in grado di "imparare" da precedenti risultati e utilizzare i risultati scientifici per migliorare le proprie capacità predittive su nuove sostanze. Un altro vantaggio è il tempo: i computer analizzano molte sostanze in poco tempo. Lo svantaggio è che a volte danno risultati che non permettono di prendere una decisione sensata. Se per esempio una sostanza risulta tossica nella metà dei casi, non può essere studiata con il computer perché sarebbe classificata come tossica, anche se nella realtà potrebbe essere innocua in un caso sue due. In altre parole il computer non permette di capire come mai in un caso è tossica e nell'altro no: per questo per questo bisogna tornare in laboratorio e fare esperimenti, per capire la ragione di una così grande discrepanza.

I ricercatori stanno valutando anche una nuova strategia: invece di costruire programmi che selezionano le sostanze sulla base delle caratteristiche chimico-fisiche, cercano di lavorare su software che mimano possibili meccanismi d'azione. È un passo avanti nella ricostruzione virtuale della complessità di un organismo vivente, ma è ancora ben lontano dal risultato necessario.

In conclusione

La ricerca sui cosiddetti metodi alternativi ha dimostrato che sono certamente utili, per esempio per diminuire il numero di animali usati in laboratorio, ma quasi mai risolutivi. Tuttavia, è importante ricordare che quando lo sono (per l'irritazione cutanea, ad esempio) vengono immediatamente adottati. Gli investimenti nel settore stanno crescendo, anche perché si spera di ottenere, un giorno, non solo una soluzione ai problemi etici ma anche a quelli economici legati all'uso di animali, con in più una migliore attendibilità dei test. Un traguardo che per ora appare ancora lontano.

  • Agenzia Zoe